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Wall Street: via al
rally fino a fine anno
16
Aprile 2003
15:16 New York
(WSI)
Il mercato azionario Usa potrebbe aver toccato il minimo il mese scorso
e starebbe per dare il via a un rally che durera' fino alla fine dell'anno.
Lo dice Ralph Acampora, analista tecnico e "guru" riconosciuto
di Prudential Securities in base a una serie di indicatori del mercato
finanziario.
Nonostante cio' Acampora ritiene che Wall Street stia ancora combattendo
con un "long-term bear market", cioe' quello gli analisti definiscono
un mercato orso "secolare". Si tratta dell'immagine speculare di cio'
che costitui' lo spettacolare rialzo di borsa degli Novanta.
"Credo che si potra' avere un rally da qui alla fine dell'anno - ha
spiegato Acampora - con un rialzo del 20, 25 o 30% degli indici Usa. Dopodiche'
ci sara' un'altra correzione. Infatti abbiamo davvero molti problemi economici e
problemi relativi agli utili delle aziende Usa".
L'analista di Prudential ritiene un rialzo a breve ipotizzabile anche
per via del cosiddetto "Ciclo Presidenziale", una legge non scritta
secondo cui gli operatori vedono un link tra l'andamento della borsa e le
elezioni alla Casa Bianca.
Secondo lo Stock Trader's Almanac non c'e' mai stato un anno negativo a
Wall Street nel terzo anno di mandato di un presidente Usa (e' il caso di George
W. Bush quest'anno) dal 1939, quando l'indice Dow Jones calo' del 2,9%.
L'unico forte calo nel terzo anno di mandato presidenziale negli ultimi
84 anni fu il 1931. Ma c'era la Grande Depressione.
"Non credo che avremo un anno negativo nel 2003", conferma
Acampora. "Ritengo che gli indici romperanno al rialzo i massimi
dell'agosto 2002 e da li' avremo un rally".
SEGNALI TECNICI DI RIPRESA
Tra i segnali bullish il tecnico individua un punto di svolta per il New
York Composite Index (.NYA) che, dopo avere toccato un triplo minimo (Triple
Bottom) a quota 4400 rispettivamente in luglio e ottobre del 2002 e nel marzo
scorso, sta adesso riprendendo quota.
Stessa valutazione positiva per il Nasdaq Composite Index (IXIC) che,
secondo Acampora, starebbe formando un testa e spalla rovesciato (reverse head
and shoulder), segnale importante di inversione del trend ribassista in atto.
Tale figura tecnica si forma in modo speculare al testa e spalla
classico. In questo caso l'indice ha messo a segno una prima fase al ribasso
seguita da una correzione rialzista (spalla sinistra), una seconda fase di calo
ancora piu' accentuata seguita da una fase di ripresa (testa), ed una terza fase
dello stesso tipo della prima (spalla destra).
Terzo elemento a sostegno di un mercato bullish e' rappresentato dalle
indicazioni incoraggianti provenienti dall'indicatore tecnico di momentum MACD (Moving
Average Convergence/Divergence) sul Nasdaq Composite.
In particolare, il MACD dell'indice tecnologico ha appena attraversato
una fase definita Golden Cross, che viene a crearsi quando una media mobile a
breve termine si incrocia con una media mobile a lungo termine o con un livello
di resistenza. Questo e' interpretato da Acampora come un evidente segnale di
Buy.
Per la cronaca i livelli da "rompere" sono: Dow Jones 9.077,
S&P500 quota 965, e Nasdaq 1.426. I supporti principali sono invece
individuati rispettivamente a: Dow Jones a 7197, S&P500 a 768 e Nasdaq a
1368.
I SETTORI E I TITOLI
Degli oltre 100 settori inclusi nell'S&P 500, Acampora ha
selezionato il biotech,le calzature e il comparto trivellazione petrolifera.
Tra i titoli con le migliori credenziali dal punto di vista tecnico e
quantitativo il guru ha individuato Abrecrombie & Fitch (ANF),Gap Inc (GPS)
tra i retailer,Apache Corp (APA),ConocoPhillips (COP) e Ocean Energy (OEI) tra
le societa' petrolifere.
Amgen (AMGN) e' il favorito tra i biotech, Avon Products (AVP) tra le
societa' del settore dei prodotti di bellezza,Foundry Networks (FDRY) tra le
societa' delle infrastrutture network.
Dal punto di vista grafico buona l'impostazione della societa' di
assicurazione Aetna Inc (AET) mentre tra le societa' Internet Amazon.com (AMZN),
Yahoo! Inc (YHOO) e il retailer Best Buy (BBY).
Tra i titoli su cui andare short l'analista tecnico individua la
societa' specilizzata in servizi di amministrazione Automatic Data Service
Processing (ADP), il gruppo di casino' Argosy Gaming (AGY), gli operatori tlc
BellSouth (BLS) e SBC Communications (SBC).

16 Aprile 2003
15:16 New York
(WSI)
°
ECONOMIA:
DECENNI PER RIPRENDERSI DA 11 SETTEMBRE
Ci vorranno decenni perché l'impatto negativo sulla fiducia e
sull'economia degli attacchi terroristici dell'11 Settembre sia
assorbito: lo ha oggi detto, in una conferenza stampa, Kenneth Rogoff,
consigliere economico del Fondo monetario internazionale e direttore del
Dipartimento della Ricerca.
Rogoff, che presentava le previsioni economiche alla vigilia delle
riunioni di primavera del Fondo e della Banca Mondiale, ha affermato:
"Dobbiamo riconoscere la possibilità che, anche se le incertezze
collegate alla Guerra del Golfo 2 si stanno attenuando, le percezioni
della sicurezza non ritorneranno ai livelli antecedenti l'11 Settembre
per decenni, il che implica costi di assicurazione più alti, minore
fiducia, costi degli scambi più alti e un ritmo più lento
dell'integrazione economica globale". Questi fattori potrebbero
ancora ricondurre, ha osservato Rogoff, la crescita "normale"
dal 4,1% al 3,75% nel 2004.
9
Aprile 2003
19:00 Washington
(ANSA)
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GREENSPAN
PREOCCUPATO PER DEBITI FAMIGLIE USA
L'aumento del debito delle famiglie e l'incremento delle bancarotte non
aziendali stanno preoccupando e portando la Fed a domandarsi se non sia
necessaria una piu' aggressiva educazione alla finanza personale. Lo ha
dichiarato oggi il presidente della Banca Centrale Alan Greenspan.
"Il numero delle richieste di bancarotta non aziendali che ha
raggiunto il record nel 2002 rivela che molti consumatori stanno
attraversando significative crisi finanziarie" ha detto il numero
uno della Fed al meeting annuale di un istituto per l'alfabetizzazione
finanziaria. Nel discorso, Greenspan non ha fatto alcun accenno alla
politica monetaria.
03
Aprile 2003
20:20
Roma (ANSA)
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FMI:
KOEHLER, INCERTEZZE SU RIPRESA,
PESA DEFICIT USA
(ANSA) - ROMA, 29 APR - Il direttore generale del Fmi ha spiegato che
proprio gli Usa rappresentano allo stato attuale una minaccia per la
prevista crescita del 3,25% dell' economia mondiale quest' anno, a meno
che - ha detto - non venga ridimensionato il deficit previsto. "Gli
Stati Uniti - ha rilevato infatti Koehler - hanno bisogno di predisporre
un piano d' intervento fiscale sul medio termine in grado di
riequilibrare il bilancio".
Koehler ha parlato a Washington, nel
corso dei lavori della Conferenza panamericana, proprio in coincidenza
con la discussione in atto al Congresso Usa sul piano messo a punto
dall' amministrazione Bush allo scopo di rilanciare l' economia a stelle
e strisce, che - secondo le stime del Fondo - quest' anno dovrebbe
crescere del 2,2%. Koehler ha peraltro detto di prevedere che nella
seconda metà di quest' anno l' economia mondiale registri un
miglioramento, ma al tempo stesso ha messo in guardia dai
"rischi" e dalle "debolezze" che minano il cammino
verso la ripresa. L' economia mondiale - ha spiegato - dipende in
maniera eccessiva dagli Usa, mentre Europa e Giappone "dovranno
fare di più nel fronteggiare i problemi strutturali di antica
data".
"La fine della guerra - ha concluso Koehler - ha
eliminato alcune incertezze e certi pericoli, come un rialzo vistoso dei
prezzi petroliferi...ma numerosi rischi e debolezze dell' economia
mondiale datano ad un periodo precedente il conflitto in Iraq e bisogna
affrontarli se si vuole ristabilire una crescita economica forte".
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Bush e i tagli alle
tasse: pro e contro
21
Aprile 2003
02:50
New York
(di
Francesco Leone)
L’economia annaspa, dopo una serie infinita di tagli al costo del
denaro e’ arrivato il momento di stimolare il moribondo sistema americano
attraverso la leva fiscale. Un ritornello che sentiamo spesso ultimamente dalla
Casa Bianca e che raccaglie sempre piu’ consensi anche tra i professionisti
dell’investimento. Aumentare il reddito disponibile dei contribuenti e’ la
strada piu’ indicata per far ripartire i consumi sui quali si basa il 75% del
PIL USA.
Tagliare le tasse? Assolutamente no gridano i critici fautori dell’austerita’
del bilancio pubblico. Il disavanzo delle partite correnti e il deficit pubblico
generato dai costi della guerra non permettono atti di generosita’ verso i
contribuenti americani. Il rischio e’ quello di assistere ad un rialzo dei
tassi immediato, ad un drenaggio di risorse dal settore privato a favore di
quello pubblico e , soprattutto, di gravare le generazioni future di nuove tasse
per coprire i buchi fatti oggi.
Proviamo a riassumere alcune delle motivazioni su cui si fondano il
partito dei contrari e dei favorevoli.
Contrari
Gli Stati Uniti hanno attualmente un deficit delle partite correnti che
si sta avvicinando al 5% del Pil. Per mantenere in equilibrio la bilancia dei
pagamenti il Paese ha contato fino ad ora su un forte afflusso di investimenti
finanziari esteri. Per corregere questo effetto e’ necessario riequilibrare la
bilancia commerciale e rendere piu’ competitive le merci americane. La via
naturale e’ un indebolimento del dollaro. E che questa sia la direzione
intrapresa dal mercato lo testimonia il fatto che un crescente numero di money
manager cerca di proteggere le posizioni con operazioni di hedging sul biglietto
verde.
Se a fronte di questo movimento e con spese militari crescenti vengono
intraprese politiche fiscali espansive, basate su un taglio delle tasse, proprio
in un periodo dove il gettito tende a diminuire per la congiuntura sfavorevole,
l’effetto sara’ di un rialzo dei tassi d’interesse. Infatti per finanziare
il deficit esistono sostanzialmente due modi: aumentare le tasse o emettere
nuovo debito. Se come sembra l’unica via rimarra’ la seconda, per compensare
i creditori per il crescente sforzo finanziario sara’ necessario premiarli con
maggiori interessi.
Non solo, tassi d’interesse piu’ alti potrebbero rendere il dollaro
piu’ forte e non risolvere il problema della bilancia commerciale. Inoltre
deficit crescenti tenderanno a creare un effetto di spiazzamento con preziose
risorse finanziarie che saranno dirottate dal settore privato a quello pubblico.
Per questo motivo i nostalgici dell’era Clinton ricordano uno dei periodi
piu’ favorevoli dell’economia con una crescita degli investimenti privati
senza precedenti, accompagnato da una serie di surplus di bilancio.
Il discorso ovviamente non e’ tanto semplice e non potrebbe essere
liquidato cosi’ in poche righe. Tuttavia lo stesso Greenspan, che pure era
preoccupato per l’utilizzo dei surplus fino al 2002, e’ ora molto scettico
su una eventuale manovra fiscale. Per il Governatore si rischia che lo stimolo
all’economia arrivi in ritardo, non sortisca l’effetto desiderato e
interrompa un circolo virtuoso che ha fatto degli Stati Uniti l’economia
piu’ efficiente al mondo.
I favorevoli
Tra i piu’ accaniti sponsor della riduzione delle tasse c’e’
ovviamente l’inquilino della Casa Bianca. Al di la’ delle motivazioni
economiche, chiedere meno meno soldi ai contribuenti e’ certamente una mossa
azzeccata in vista delle elezioni del 2004. Tuttavia le file dei sostenitori
sono ingrossate anche da personaggi dell’economia non interessati ai risultati
di breve periodo ma, piuttosto convinti della validita’ della scelta in questo
momento storico.
Tagliare le tasse adesso e’ un investimento sul futuro e una mossa
necessaria per il presente. Stimolare i consumi ed aumentare il reddito
disponibile e’ assolutamente fondamentale. Se l’economia ricomincera’ a
marciare a passo sostenuto il gettito fiscale aumentera’ automaticamente
grazie alla maggiore ricchezza prodotta.
Per fare un calcolo approssimativo, se il Pil americano dovesse tornare
a crescere intorno al 5% nominale, in tre anni si aumenterebbe la ricchezza
prodotta di circa $1.500 miliardi. Considerando che la pressione fiscale e’
intorno al 18% del Pil questo vuol dire che il quarto anno il sistema
riceverebbe $270 miliardi in piu’ dai contribuenti.
Ma nel frattempo il debito non tarpera’ le ali all’economia a Stelle
e Strisce? Non necessariamente e’ la risposta di chi confronta il bilancio
americano con quello di altri Paesi industrializzati. Il Pil americano oggi vale
intorno agli $11.000 miliardi, il rapporto deficit/Pil alla fine del 2002 era
del 2,8% e il debito accumulato e’ circa il 36% della richezza prodotta. Una
buona fetta dei Paesi che fanno parte dell’Unione Europea (Italia in prima
fila) potrebbe impallidire davanti a questi numeri.
E i tassi d’interesse? Un costo del denaro piu’ alto rendera’ vano
il lavoro di Alan Greenspan e non permettera’ all’economia di decollare. Ma
siamo proprio sicuri di questo?
L’evidenza empirica dimostra che oggi i tassi d’interesse sono
piu’ funzione delle aspettative d’inflazione e delle opportunita’
alternative sul mercato dei capitali che dell’entita del debito pubblico. Il
Giappone ha un debito pari al 140% del Pil eppure, ha un livello dei tassi tra i
piu’ bassi al mondo e non sembra per il momento trovare molte difficolta’ a
finanziarsi.
Anche in questo caso l’analisi non e’ cosi’ semplice. Tuttavia
queste poche osservazioni bastano per dimostrare come da una parte e
dall’altra ci siano motivazioni valide. Non sara’ possibile prendere una
strada specifica senza correre dei rischi. Nel frattempo gli investitori in
Borsa incrociano le dita e sperano che qualsiasi decisione verra’ presa, i
listini sappiano apprezzarla e cambino finalmente direzione.

Corriere del Ticino
Guerra ed economia
01
Aprile 2003
15:45
New York
(di
US
Equity & Macro LAB)
Fiumi di parole in relazione a un tema delicato come la guerra vengono
versati quotidianamente da persone sicuramente più competenti di noi.
Aggiungere qualcosa in merito rischierebbe di essere del tutto superfluo, se non
persino inappropriato. Cercare di restringere gli argomenti il più possibile
intorno ai mercati e all’economia ci sembra quindi la soluzione migliore e
naturale, per quanto comunque non facile. In ogni caso, nel tentativo di
estendere il dibattito anche al tema della guerra abbiamo deciso di ricorrere
all’aiuto di qualcuno con una esperienza sicuramente maggiore della nostra che
provvederemo a presentare in chiusura di questo articolo.
E’ naturale che i mercati e l’economia siano condizionati da ciò
che sta accadendo in Iraq. Tuttavia, le percezioni maturate dagli investitori,
secondo cui la rapida risoluzione della guerra aiuterà l’economia, sono
state, a nostro avviso, erroneamente indotte. Altrettanto era avvenuto in
precedenza con le percezioni secondo cui la causa reale delle più recenti
evoluzioni dell’economia e dei mercati fosse riconducibile alle incertezze
legate alla guerra.
Purtroppo ciò a cui stiamo assistendo è l'evoluzione di uno stato di
crescente confusione economica. Se la massa di investitori ha fatto dei
clamorosi errori negli anni novanta, in un periodo di relativa tranquillità e
di apparente limpidità mentale, siamo dell’idea che nel periodo attuale,
dominato ancora da false illusioni ma anche da tanta emotività e da un alto
stato confusionale, gli investitori stiano rischiando di compiere degli errori
altrettanto clamorosi e ancora più dannosi per la salute dei propri portafogli.
Del resto anche gli errori compiuti nel passato dalle autorità
monetarie non sono stati corretti, né gli effetti di quegli errori sono stati
ancora riassorbiti. La Fed, dopo avere indotto un boom artificiale e dopo averne
contenuto i danni conseguenti tramite la manipolazione forzata dei tassi di
interesse (che ha generato di rimbalzo il boom obbligazionario e immobiliare),
è sul punto di utilizzare l’ultima leva a propria disposizione per cercare di
evitare la reale recessione (comunque necessaria e salutare per il ciclo
economico): intervenire direttamente sui mercati per aggiustare a suo gradimento
i prezzi degli asset finanziari.
Vince Reinhart, segretario del FOMC (Federal Open Market Committee) e
direttore della divisione della Fed per gli affari monetari ieri ha affermato:
"If
asset prices don't adjust sufficiently to stimulate spending, then open-market
purchases of long-term Treasurys in sizable quantities can move premiums lower."
“Qualora i prezzi degli asset non si aggiustino sufficientemente per
stimolare la spesa, gli acquisti massicci di titoli di stato a lunga scadenza
realizzati sul mercato ridurranno i premi (per il rischio)”.
L’ennesima prova che la Fed stia oramai cercando di muovere i mercati
secondo la propria desiderabilità: manovre sui titoli di stato a lungo termine
e, siamo convinti, soprattutto sul mercato azionario per cercare di stimolare la
spesa del settore privato. Per non parlare anche del mercato dei cambi e del
prezzo dell’oro (avremo sicuramente occasione di farlo in futuro). Come
osserva anche Bill Fleckenstein di Realmoney: il mercato azionario è sempre
stato il riflesso (anche anticipatore) di ciò che accadeva nell’economia
reale, mentre oggi la Fed sta cercando di utilizzare il mercato per cercare di
dirigere a suo piacimento l’economia reale.
Per quanto gli esiti e le conseguenze finali di questo politica siano
ancora in gran parte sconosciuti, questa volta ci limitiamo ad aggiungere questo
ennesimo dettaglio al quadro del Grande Esperimento Economico, accompagnandolo
solo con degli auguri ai nuovi alchimisti economici del ventunesimo secolo.
Naturalmente il nostro timore (in realtà più di un semplice timore) è che
essi stiano facendo un errore clamoroso e forse questa volta irreparabile.

US Equity & Macro LAB
Guerra, costi troppo
alti per questa economia
02
Aprile 2003
15:05 New York (di
Costanza Rizzacasa)
Dal Wall Street Italia cartaceo, settimanale di economia e finanza
allegato tutti i mercoledi' a Metro e distribuito in 450.000 copie, ecco
l'intervista ad Allen Sinai, consigliere economico di Bill Clinton.
Quanto incidera’ un conflitto lungo e difficile sull’economia
mondiale? Una guerra gravosa e con un risultato incerto fino a meta’ anno
porterebbe con molta probabilita’ gli USA a una nuova recessione. E se gli
Stati Uniti entreranno in crisi, cosi’ fara’ anche l’economia globale. Con
la crescita della zona euro sostanzialmente piatta e il Giappone solo in timida
ripresa, sara’ cio’ che accadra’ in America, come spesso succede, a
determinare l’andamento del resto del mondo.
E per quanto riguarda i mercati azionari e la politica fiscale?
Non credo che le borse abbiano gia’ scontato l’ipotesi di una nuova
recessione. Questa porterebbe con se’ utili in netto calo quest’anno e
profitti in crescita, ma inferiori alle previsioni, nel 2004. Gli indici USA
potrebbero perdere un ulteriore 10% dai livelli attuali. La guerra in Iraq ha
costretto il Congresso a dimezzare gli incentivi fiscali proposti dal presidente
Bush. Questo perche’ i costi del conflitto, uniti ai tagli alle tasse, sono
piu’ di quanto l’economia puo’ sopportare in questo momento. Una
recessione porta solitamente con se’ stimoli fiscali. Ma un periodo prolungato
di ostilita’ alzerebbe i costi della guerra, ostacolando una politica
espansiva.
Dove puo’ arrivare l’apprezzamento dell’euro?
Anche se il conflitto non dovesse durare a lungo, la moneta comunitaria
salira’ a 1,10-15 nei confronti del dollaro nel giro di 6-8 settimane. E una
guerra lunga non farebbe che penalizzare ulteriormente il biglietto verde. Ma
una valuta piu’ forte incide negativamente sull’economia e dovrebbe
scatenare tagli da parte della banca centrale. Se la Bce fosse aggressiva nello
stimolare la crescita del Vecchio Continente, l’euro potrebbe spingersi fino a
quota 1,20. Ma Duisenberg e’ tutt’altro che aggressivo, oltre che molto
testardo, e questo suo atteggiamento si ripercuote sulla ripresa europea.

02
Aprile 2003
15:05 New York (di
Costanza Rizzacasa)
USA:
dopo transazione Banche, Wall Street ancora
nel mirino
(ANSA) - NEW YORK, 30 APR - La transazione-record da 1,4miliardi di
dollari siglata, la scorsa settimana, tra le autorità americane e le
principali banche d'affari di WallStreet in merito al conflitto di
interessi non fa calare il sipario sulla vicenda. Raggiunto l'accordo di
portata generale potrebbero aprirsi,adesso, diverse cause legali
individuali presentate dai tanti investitori americani, vittime dei
giudizi irregolari rilasciati sulle società quotate in Borsa da parte
degli esperti in forza agli istituti di credito.
Molti investitori,
infatti, hanno già manifestato la volontà di adire le vie legali per
ottenere risarcimenti dalle banche dopo avere perso cospicue somme, sul
mercato, puntando su aziende recensite come in ottima salute dagli
analisti finanziari e rivelatesi, invece, in condizioni difficile e in
forti difficoltà finanziarie. Per i giocatori di Borsa, la
transazione miliardaria mette a disposizione ben 387,5 milioni di dollari
destinati a ingrossare un fondo a loro favore: danaro che, però,
potrebbe non essere sufficiente a soddisfarli per le perdite subite.
Con
la legge americana che non vieta loro di aprire ulteriori cause legali
appare quasi scontato una nuova stagione in Tribunale per le principali
banche d'affari di Wall Street. Cinque di loro - Morgan Stanley, Ubs
Warburg, Jp MorganChase, Bear Stearns e Piper Jaffrey - potrebbero
essere chiamate, secondo quanto notato dal Wall Street Journal, a
rispondere - oltre che per conflitto di interesse - anche per una serie
di accordi sottobanco che vedevano i singoli istituti pagare un
concorrente per il rilascio di buone relazioni su titoli già giudicati
positivamente, in modo da fuorviare ulteriormente gli investitori.(ANSA).
ANSA
- 21:38
30/03/2003
|
USA:
scandali;
Governo indaga 130 aziende per frodi manager
23
Aprile 2003
19:07 New York
(ANSA)
ROMA, 23 APR - "Pensavamo che la stagione degli scandali avesse raggiunto
il picco, invece continuiamo ad aprire indagini sulle aziende e a verificare i
capi d' accusa pendenti" - ha detto Keith Slotter, responsabile della
divisione Fbi dedicata ai reati finanziari. Slotter non ha voluto fare i nomi
dei manager che stanno per essere incriminati ma alcune società come Lucent,
Charter Communications, Bristol-Myers Squibb e Aol Time Warner hanno reso noto
che i magistrati federali hanno messo sotto inchiesta per frode il loro
management.
Il Federal
Bureau of Investigation ha raddoppiato a 200 il numero degli agenti che indagano
sui casi di corruzione nelle aziende verificatisi lo scorso anno e intende anche
rinforzare la squadra con altri 60 addetti. Il Fbi è direttamente impegnato in
100 dei 130 casi all' esame degli investigatori federali. Si attendono anche gli
esiti delle inchieste portate avanti dalla speciale task force per la lotta alla
frode aziendale che ha avviato la sua attività lo scorso luglio - ha ricordato
Slotter - nonché i risultati delle indagini attivate dai 94 avvocati federali.
Slotter ha detto pure di attendersi incriminazioni "nella maggior parte dei
casi esaminati".
La lista
dei manager sotto accusa rischia dunque di allungarsi a dismisura dopo le
incriminazioni per frode e reati collegati che hanno riguardato i vertici di
colossi del panorama aziendale Usa come Enron, WorldCom, Kmart, HealthSouth,
Adelphia, Qwest e Dynegy. Le indagini federali si sono intensificate dopo che il
procuratore generale di New York Eliot Spitzer ha messo sotto inchiesta le
società finanziarie di Wall Street, e in concomitanza con l' adozione di nuove,
più cogenti regole di corporate governance e l' avvio da parte della Sec (la
Consob Usa) di un numero record di inchieste sulle società (2.200 indagini
avviate nell' anno fiscale che si è chiuso lo scorso settembre).
Ma che
cosa ha spinto i manager a macchiarsi di frode e reati collegati? "Il forte
ego, l' avidità e l' orgoglio di fare vedere che portavano a casa risultati
sempre maggiori" - è la risposta dell' avvocato federale nel New Jersey
Christopher Christie. "Siamo molto cauti nelle nostre indagini - ha
sottolineato Slotter - ma non credo che il pubblico possa sopportare una lunga
attesa. C'é bisogno di ripristinare fiducia sui mercati e per questo la gente
si attende e ci chiede che il nostro lavoro sia il più rapido
possibile".(ANSA).

23
Aprile 2003
19:07 New York
(ANSA)
Vietato
andare short
per i money manager
22
Aprile 2003
22,30 New York
(WSI)
Secondo i dati pubblicati recentemente da una ricerca di Merrill Lynch,
i responsabili dei fondi pensione delle aziende stanno mettendo sempre piu’
sotto pressione i money manager che dovrebbero investire il patrimonio affidato.
La ricerca condotta dal team di analisi quantitativa della banca,
guidata da Richard Bernstein, sottolinea quelle che vengono chiamate
incongruenze nelle pretese dei responsabili dei fondi pensione.
Il quadro di riferimento e’ quello di un patrimonio che viene gestito
in pratica solo con strategie di acquisto di posizioni lunghe, sono infatti in
genere vietate le vendite allo scoperto o l’utilizzo speculativo dei derivati.
L’orizzonte inoltre e’ in genere piuttosto lungo dato che a meno di eventi
straordinari e’ possibile pianificare con ragionevole approssimazione il
momento in cui il fondo dovra’ erogare la pensione ai suoi sottoscrittori.
In questo contesto i portfolio manager si sentono richiedere ritorni
assoluti positivi, una gestione attiva il piu’ limitata possibile e una
strategia di breve periodo. In pratica il ritornello e’ diventato “Non ci
raccontare o che farai bene nell’arco di 5/10 anni. Vogliamo portare a casa
dei soldi e ci aspettiamo un controllo della performance su base al massimo
trimestrale con commissioni contenute”.
Considerato l’andamento della Borsa degli ultimi tre anni e le
difficolta’ delle grandi aziende che hanno proprio nello sbilancio dei fondi
pensione una grossa spada di Damocle sulla testa, tutto cio’ non stupisce.
Tuttavia deve ancora essere dimostrato che quanto richiesto sia possibile e
coerente.
I dati della ricerca sembrano non avvallare questa ipotesi. Il modello
costruito dagli esperti di Merrill Lynch mette in evidenza quanto spesso un
risparmiatore avrebbe ottenuto un ritorno negativo sull’S&P500 a seconda
dell’orizzonte temporale dell’investimento dal 1985 ad oggi. Le prove sono
state condotte sia in maniera casuale per periodi che si sovrapponevano sia per
segmenti temporali separati.
I risultati dimostrano che non esiste un periodo anche solo di 10 anni
che abbia generato un ritorno negativo. Non solo, la probabilita’ di perdere
soldi passando da un orizzonte di investimento di 3 anni ad uno di 3 mesi
triplica, passando dal 9% al 26%. I day trader che entrano ed escono dal mercato
con frequenza, dal 1985 ad oggi hanno perso in media nel 47% dei casi.
Ovviamente i risultati sono stati fortemente influenzati dal mercato
toro che ha imperversato in borsa negli anni novanta. Tuttavia allargando il
periodo esaminato le conclusioni non sono sostanzialmente diverse. Chi avesse
scelto 10 anni a caso dal 1928 ad oggi avrebbe ottenuto un ritorno negativo solo
nel 4% dei casi. Con la stessa strategia, passando ad 1 mese le probabilita’
di lasciarci le penne salgono al 39%.
L’ultima osservazione riguarda la gestione passiva. Secondo i dati
pubblicati in un’altra ricerca qualche settimana fa dalla stessa Banca, i
money manager che vengono lasciati liberi di sovrappesare o sottopesare i
singoli titoli all’interno di una gestione settoriale, tendono a fare meglio
di chi utilizza un approccio neutrale. Inoltre i risultati non cambiano anche
dopo essere stati aggiustati per il maggiore rischio occorso dalla strategia
attiva.
22
Aprile 2003
22,30 New York
(WSI)
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