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BORSE:
ripresa USA
nel 2003 ? Non sperateci troppo
03
Gennaio 2003
15:40 NEW YORK
(di
Laura Naka Antonelli)
L’anno nuovo sembra essere iniziato sotto una buona stella per Wall
Street.
Dalla chiusura del
31 dicembre 2002
a quella del
6 gennaio 2003
, il Dow Jones ha guadagnato il 5,17%, il
Nasdaq ha portato a casa il 6,42% e l’S&P 500 ha messo a segno un rialzo
del 5,59%.
Gli operatori iniziano cosi' a sperare in una buona performance delle
borse a gennaio, il mese-barometro per eccellenza, quella che spesso anticipa
l’esito di fine anno dell’azionario. La storia infatti insegna che se i
mercati guadagnano a gennaio, dovrebbero continuare a farlo per tutti i 12 mesi,
fino a chiudere l'anno con il segno piu’. Ricordiamo che dal 1950 in poi, nei
34 anni in cui l'S&P 500 ha archiviato il mese di gennaio in rialzo, solo in
tre occasioni la chiusura annuale e' stata in ribasso. Mentre nei 18 anni in cui
si a gennaio si e' registrata una performance negativa, nel 66% dei casi
l'indice ha chiuso l'anno in rosso.
Tutto lascia pensare quindi che siamo finalmente a un punto di svolta,
che il trend ribassista che ha portato l'azionario USA a perdere terreno per tre
anni consecutivi sara' presto spezzato.
Ma gli esperti non sono cosi' ottimisti.
In un articolo pubblicato dalla rivista finanziaria SmartMoney, quattro
guru della finanza a stelle e strisce raccomandano prudenza e avvertono che la
ripresa e' ancora lontana.
“Nel 1998 era l’azionario che mi spaventava. Ora invece sono
preoccupato sullo stato della congiuntura americana - sottolinea Raymond Devoe,
autore di numerose newsletter che molti tra i piu' importanti investitori
istituzionali USA conservano gelosamente nei propri cassetti -. Non escludo
affatto la possibilita’ di una recessione a doppio minimo”.
Molti ricorderanno l’intervista che Devoe rilascio’ alla rete
televisiva CNBC quando il Dow arrivo’ a quota 11.000. Noncurante dell'euforia
generalizzata, Devoe affermo' che se il listino industriale si fosse trovato a
quota 6.000, il quadro sarebbe stato molto piu’ realistico.
All'epoca questi commenti fecero scalpore e vennero giudicati con
sufficienza, ma con il senno del poi gli investitori hanno dovuto ammettere che
Devoe era stato sibillino. E lo scetticismo continua a guidare le scelte
dell'esperto. Consapevole dell’incertezza del quadro macroeconomico e della
situazione internazionale, Devoe consiglia infatti di rifugiarsi nel bene
rifugio per eccellenza: l’oro. O, al limite, di investire nel settore
energetico.
Un altro “bearish” eccellente e’ Jeremy
Grantham, presidente di Grantham, Mayo, Van Otterloo & Co. Anche lui scrollo' la testa quando nel
marzo del 2000 l’S&P 500 supero’ i 1.500 punti. Per l'esperto infatti,
il fair value del listino avrebbe dovuto essere della meta’.
“Le cose non andranno affatto bene per l’azionario nel 2003 -
osserva Grantham -. Ritengo che l’S&P 500 chiudera’ il 2003 attorno a
quota 670, ma non escludo uno scivolone peggiore”. Il guru e' ottimista,
invece, nella performance dei mercati emergenti e delle societa’ straniere a
bassa capitalizzazione.
Tobias Levkovich, equity strategist di Salomon Smith
Barney, non esclude
la possibilita’ di un piccolo rally dei mercati USA, sebbene consigli
vivamente agli azionisti di smobilitare le proprie posizioni e di rientrare
sull'azionario soltanto in autunno.
Per l'esperto, l’S&P 500 potrebbe chiudere il 2003 a quota 1.075.
“Ma per il momento non prevedo alcun rally sostenibile”, precisa, invitando
i risparmiatori a investire sui finanziari Bank of America (BAC - Nyse), Wells
Fargo (WFC - Nyse) e Willis Group Holdings (WSH - Nyse).
Maria Fiorini Ramirez , presidente e amministratore delegato di MFR,
opta per un atteggiamento attendista. “Il 2003 sara’ un molto piu’ facile
del 2002 - osserva -, ma sara' comunque un anno di transizione, in cui il
mercato difficilmente prendera' una direzione precisa.
Secondo l'analista, inoltre, nei mesi a venire i consumi saranno la
spada di Damocle delle borse americane. “E’ probabile che la fase dei
collassi societari sia ormai archiviata, ma una nuova minaccia potrebbe essere
rappresentata dalla contrazione dei consumi. Una buona crescita del comparto si
vedra' solo nel 2004".

03 Gennaio 2003
15:40 NEW YORK
(di
Laura Naka Antonelli)
Il futuro in un barile
22
Gennaio 2003
18:40
NEW YORK
(di
Marianna De Marzi)
La ripresa dell'economia e dei mercati statunitensi? Dipendera’ da tre
fattori: la guerra, il petrolio e il pacchetto fiscale.
E' l'analisi di Steven Ricchiuto, capo economista USA della banca
d’affari ABN Amro. Lo abbiamo intervistato.
Wall Street Italia: Nel terzo trimestre 2002, il prodotto interno lordo
statunitense ha messo a segno un rialzo del 4%. Tuttavia gli economisti sono
concordi nel prevedere una crescita modesta per l'anno appena concluso (attorno
al 2,4%). Che cosa ci riservera’ il 2003? Assisteremo alla tanto sospirata
ripresa?
Steven Ricchiuto: Dipendera’ principalmente da tre fattori: la guerra
con l'Iraq, il prezzo del petrolio e il pacchetto fiscale (in quest’ultimo
caso sara' determinante l’entita' degli incentivi che saranno approvati).
Se l'affaire Iraq non sara' risolto e i prezzi del petrolio
continueranno a viaggiare intorno a livelli piuttosto elevati - come $28,40 al
barile, che e' gia' alto, anche se attualmente il prezzo viaggia sui $33 -, e se
il pacchetto fiscale verra' ridotto significativamente rispetto alla proposta
iniziale, la crescita del 2003 potrebbe essere uguale a quella dello scorso
anno.
Perche’ il Pil registri una crescita maggiore e’ necessario che i
prezzi del greggio si mantengano stabilmente bassi. Livelli intorno a $33-$35 al
barile per un periodo prolungato andrebbero certamente ad intaccare la
congiuntura.
E’ molto difficile, comunque, fare una previsione precisa
sull’economia nel 2003, a meno di non fare specifiche supposizioni sulla
guerra e sul petrolio.
WSI: Facciamole. Proviamo a delineare i possibili scenari per
l’economia in relazione all’incognita Iraq e, di conseguenza, al prezzo del
greggio.
SR: Ci sono tre possibili scenari:
1) Il primo scenario e’: non accade nulla. La situazione rimane
praticamente immutata, con la minaccia di un conflitto sempre presente. In
questo caso, i prezzi del petrolio resterebbero piu’ o meno ai livelli attuali
- cioe' elevati - e l’economia rimarrebbe debole.
2) Nel caso di una vittoria statunitense facile e veloce, con Saddam
privato della propria autorita’, i prezzi del petrolio scenderebbero e
l’economia risalirebbe la china, mettendo probabilmente in atto quella ripresa
in cui tutti speriamo.
3) Nel caso invece di un conflitto lungo e difficile, con armi nucleari,
biologiche e chimiche, il petrolio salirebbe alle stelle e l'economia
piomberebbe in una nuova recessione e il tanto temuto doppio minimo diventerebbe
una realta'.
Ritengo che i primi due scenari siano molto piu’ probabili rispetto al
terzo. Tuttavia non ho la piu’ pallida idea di quello che frulla nella testa
di Saddam Hussein. In generale, non credo nell'ipotesi di una
'double-dip recession'. Ma nel caso in cui il prezzo del greggio salisse di molto, diciamo
sui $35-$38 al barile, allora si’, un doppio minimo sarebbe possibile.
WSI: Perche' molti economisti prevedono che l’economia si
riprendera’ nella seconda meta' del 2003?
SR: Perche’ si aspettano per allora un taglio delle tasse e un ribasso
del prezzo del petrolio. E' probabile infatti che la questione Iraq venga
risolta nella seconda’ parte dell'anno.
WSI: Quali sono gli anelli piu’ deboli dell’economia USA?
SR: Le rispondo ribaltando la domanda. Al momento, l’elemento
trainante dell’economia e' ancora il consumo. Se il prezzo del petrolio
rimarra' ai livelli attuali per un certo periodo di tempo, o addirittura
continuera' a salire, cio’ andra’ ad intaccare proprio questo settore, che
e’ quello che tiene a galla la congiuntura. A soffrire in particolar modo del
rialzo del prezzo del greggio sarebbe infatti il reddito disponibile degli
americani. Questo perche’ se il consumatore deve sborsare soldi per
l’energia, ne avra’ di meno da spendere per i beni di consumo non di prima
necessita’.
WSI: Molte banche d’affari, tra cui Merrill Lynch, ritengono che
quest’anno il consumo non sara’ il motore dell’economia, come e' accaduto
negli ultimi due anni, ma che a guidare la ripresa sara' invece la Corporate
America.
SR: Per quanto mi riguarda, sono convinto che il consumo rimarra’
l'elemento di traino dell’economia a stelle e strisce. La questione,
piuttosto, e’ quanto riuscira’ a tenere, e cio’, come ho spiegato, dipende
molto dal petrolio. Non credo invece che gli investimenti delle aziende possano
fare da motore per la crescita economica: la spesa in conto capitale tornera’
ad essere buona solo nel 2004. Questo perche’ le aziende devono ricominciare
ad assumere prima di pensare ad acquistare nuove infrastrutture.
Al momento la Corporate America non sembra intenzionata ne' ad assumere
nuovo personale ne' a rimpiazzare le vecchie infrastrutture. Anzi. Molte aziende
stanno riducendo gli investimenti, riciclando i vecchi pc. E i tagli alla forza
lavoro non accennano a diminuire.
WSI: A proposito del mercato del lavoro, Merrill Lynch ritiene che il
tasso di disoccupazione salira’ al 6,5% entro la fine dell’anno. E'
d'accordo?
SR: E’ piu’ o meno la mia stessa previsione. Il mercato del lavoro,
si sa, e’ l’ultimo a risollevarsi in una fase di ripresa del ciclo
economico. La disoccupazione continuera’ quindi a salire anche in una
situazione di crescita dell’economia, come il 2002 ha dimostrato.
WSI: Parliamo del pacchetto fiscale proposto da Bush. Crede che aiutera'
l'economia a risollevarsi?
SR: Gli sgravi fiscali avranno senza dubbio un buon effetto, ma solo nel
2004. E’ molto improbabile che i benefici si vedano gia' da quest'anno. Se lo
stimulus package verra’ approvato nel 2003, le tasse verranno pagate secondo i
nuovi standard solo l'anno successivo. Il pacchetto e' molto positivo per
l’economia. Ma non e’ detto che al Congresso venga approvato cosi’ come
e’ stato proposto. Credo che Bush sara’ costretto a ridurlo
significativamente.
WSI: Non pensa quindi che la doppia tassazione sui dividendi sara'
eliminata completamente?
SR: No, ritengo che le tasse sui dividendi saranno ridotte, ma non
abolite del tutto.
WSI: Passiamo al mercato valutario, dove il dollaro continua a cedere
terreno nei confronti dell’euro. Molti esperti sono favorevoli alla debolezza
del biglietto verde, in quanto elemento positivo per l’economia. Qual e’ la
sua posizione?
SR: Anch'io sono convinto che il calo del dollaro sia un vantaggio per
la congiuntura americana. Per tre motivi principali:
1) una valuta piu’ bassa e’ positiva per gli utili delle aziende
2) una valuta piu’ bassa aumenta la competitivita’ tra le aziende
americane
3) essendoci gia’ tanta competizione, anche se le aziende dovessero
diventare piu’ competitive, cio' non determinerebbe una nociva impennata dei
prezzi.
WSI: Come vede i mercati azionari USA nel 2003?
SR: Penso che assisteremo a un rialzo compreso tra il 5% e il 10% dei
listini. Gli indici tuttavia hanno gia’ messo a segno una crescita del 5%
nelle prime due settimane. Ritengo quindi che ci sara’ una correzione sul
breve termine e un poi un finale in guadagno. Ma non sara' certo un ricco
bottino. D’altra parte non credo che l’anno si concludera’ in perdita,
come alcuni hanno ipotizzato, fatto salvo un nuovo ribasso dell’economia, come
illustrato sopra.
WSI: E’ finito quindi il mercato orso che ha caratterizzato gli ultimi
due anni?
SR: Si', e’ terminato. Questo non vuol dire che sta per iniziare un
mercato toro. Tuttavia il ciclo ribassista e’ certamente giunto al capolinea.
A questo punto ritengo opportuno spostare parte degli investimenti dai
bond all’azionario, almeno finche’ le valutazioni dei bond non
ricominceranno a salire.
WSI: Qual e’ il settore che preferisce?
SR: Il comparto finanziario. Perche’ i tassi d’interesse, anche in
caso di rialzo, si manterranno comunque bassi. La qualita’ del credito delle
societa' del settore tendera’ quindi ad alzarsi, accrescendo il valore dei
titoli obbligazionari detenuti in portafoglio. All’interno del settore, mi
piacciono particolarmente le banche regionali.

22
Gennaio 2003
18:40
NEW YORK
(di
Marianna De Marzi)
I
listini USA ?
Sopravvalutati del 40%
29
Gennaio 2004 16:00 NEW YORK (WSI)
L’economia USA rischia di precipitare in una recessione a doppio
minimo e di entrare in una spirale deflazionistica sul modello di quella
giapponese. Nel 2003 il tasso di disoccupazione salira’ fino al 7%-7,5% e i
mercati chiuderanno probabilmente in ribasso per il quarto anno consecutivo.
A delineare questi scenari apocalittici e' lo strategist Raymond Devoe,
consulente di Legg Mason e bearish eccellente, al quale abbiamo chiesto i
consigli per uscire indenni da questo momento difficile.
Wall Street Italia: Mentre molti economisti prevedono che l’economia
si riprendera’ nel 2003, lei ha spesso affermato di non escludere una
recessione a doppio minimo. Che cosa la porta a trarre queste conclusioni?
Raymond Devoe: Ci sono molte cose che non vanno nell’economia attuale.
Risentiamo ancora degli effetti di una bolla causata da tassi d’interesse
notevolmente bassi. La Fed li ha ridotti per prevenire la recessione, ma cio’
ha provocato una sovrapproduzione in molti settori. Non solo nelle nuove
industrie, come le telecomunicazioni e l’Information Technology, ma anche in
aree piu' tradizionali, come legno, carta, auto, acciaio, ecc. Oggi quasi tutti
i comparti soffrono di sovrapproduzione e il tasso di utilizzazione e’ ai
minimi degli ultimi dieci anni.
Fino a ieri la ripresa ha beneficiato della forte spinta della spesa al
consumo, in particolare nel settore auto, per via dei finanziamenti a tassi
zero, e in quello immobiliare. Proprio
quest'ultimo, a mio avviso, e' la nuova
bolla speculativa, dovuta a tassi d’interesse molto bassi, tesi a favorire i
rifinanziamenti sui mutui. Il risultato e' che la gente ha utilizzato l'equity
(la parte di proprieta', ndr.) degli immobili per finanziare la spesa al consumo
e il mantenimento e la riparazione delle case stesse.
Nel periodo di 18 mesi conclusosi a meta’ dello scorso anno i
proprietari di case hanno tolto dall’equity oltre $160 miliardi (tax free). La
meta' e’ stata usata proprio per il consumo e per il mantenimento delle
abitazioni.
E’ difficile che cio’ accada di nuovo. I tassi d’interesse
probabilmente saliranno e il numero totale dei rifinanziamenti nel 2003 non
sara' significativo. Cosi' quest’anno due importanti motori dell’economia,
il settore auto e quello immobiliare, non saranno altrettanto forti. Inoltre, la
spesa delle aziende per l’hi-tech potra’ si' migliorare leggermente, ma
rimarra' comunque modesta.
Non bisogna dimenticare poi che a novembre gli Stati Uniti hanno
registrato una crescita record della bilancia commerciale ($40,1 miliardi, ndr).
Sono convinto quindi che nel 2003 l’economia
zoppichera', salendo e
scendendo leggermente per la maggior parte dell’anno. Il Pil crescera’ di un
modesto 1%, ma il percorso potrebbe includere uno o due trimestri in calo.
WSI: Che si puo' fare per prevenire una nuova recessione? La Fed e il
governo USA stanno adottando le misure giuste?
RD: L’obiettivo principale della Fed nel tagliare aggressivamente i
tassi d'interesse dello 0,50% a novembre era quello di risollevare i mercati,
che in tre anni di ribassi hanno finito per intaccare la fiducia dei
consumatori. Tale sforzo, tuttavia, ha avuto risultati modesti. In realta’,
non c'e' molto che Greenspan possa fare nella situazione attuale.
Questa recessione e’ completamente diversa da qualsiasi altra
verificatasi nel dopoguerra. Le crisi del passato sono state causate
dall’aumento dei tassi d’interesse e da un restringimento della base
monetaria al fine di combattere l’inflazione.
La recessione attuale deriva invece dall’abbassamento eccessivo dei
tassi, che e’ andato a creare un boom della spesa delle aziende e
sovrapproduzione un po' ovunque. Motivo per cui i metodi tradizionali per
contrastare la crisi, cioe' la riduzione dei tassi e l'immissione di liquidita'
nel sistema, questa volta non funzionano.
Ritengo che al momento il vero nemico del Paese sia la deflazione, che
si fa ogni giorno piu’ reale.
I prezzi del settore dei servizi stanno crescendo leggermente, ma quelli
dei beni del comparto manifatturiero continuano a diminuire.
L'arma che la Fed intende utilizzare per contrastare tale situazione e'
quella di immettere liquidita’ nel circuito. E questa e' una cosa pericolosa,
perche’ potremmo avere una deflazione quest’anno, poi una
"reflazione" (un periodo di ripresa dopo una deflazione, ndr) e piu'
tardi un'inflazione.
Il rischio maggiore per l’economia americana in questo momento e'
quindi quello di entrare in una spirale deflazionistica simile a quella
giapponese.
Nel Sol Levante i consumatori hanno smesso di comprare aspettando prezzi
piu’ bassi, esattamente il contrario di cio’ che accade in uno scenario
inflazionistico, quando si verifica una corsa agli acquisti in previsione di un
aumento dei prezzi. In sostanza, in consumatori giapponesi continuano ad
aspettare che i prezzi scendano e i retailer, disperati, continuano ad
abbassarli. E’ un sistema che si autoalimenta.
Tra l'altro, i consumi negli USA stanno rallentando gia' adesso che non
c’e’ deflazione, a causa della crescente disoccupazione. Il Pil dovrebbe
salire a un tasso del 2,5%-3% solo per stabilizzare la disoccupazione al 6%. Ma
alla luce di un'economia zoppicante ritengo che quest'anno il tasso di
disoccupazione arrivera’ a toccare il 7%-7,5%.
Monitorando i tassi d’interesse si vede che gli USA stanno seguendo lo
stesso percorso del Giappone. Quello sui Fed Fund e’ l’unico tasso
d’interesse che la banca centrale puo’ controllare, e adesso si trova
all’1,25%. Greenspan puo' anche portarlo a zero, ma se le aziende non si
aspettano di ottenere guadagni dai soldi che prestano, smettono di prestarli,
perche' a prestare non c’e’ convenienza. E questo e’ proprio quello che
e’ successo in Giappone.
WSI: Quando assisteremo alla tanto sospirata ripresa economica?
RD: : Il boom degli investimenti delle aziende ha portato cosi' tanta
sovrapproduzione che ci vorra’ del tempo per uscire fuori dalla situazione
attuale. Il consumo e’ "appassito". Tutte le offerte per attirare i
consumatori (vedi settore auto e immobiliare) sono gia’ state lanciate e
“consumate”, e non resta molto da fare per spronare la gente a comprare. Non
vedo quindi come la spesa al consumo possa continuare a trainare l’economia.
Probabilmente ci vorra' del tempo prima che cio’ possa riaccadere. Non
dovra’ passare solo quest’anno ma probabilmente anche il prossimo.
L’unico sprazzo di luce viene in questo momento dai prodotti
dell'hi-tech.
Il settore tecnologico tende a rimanere immobile, in quanto ad upgrade e
nuovi prodotti, per circa tre anni. E adesso sono quasi tre anni che ci troviamo
all’interno dello stesso ciclo. Quindi molte aziende dovranno presto
rimpiazzare le infrastrutture obsolete al fine di essere piu’ competitive. Il
processo iniziera' con molta probabilita' verso la meta' del 2003 e sara’
sicuramente un elemento positivo per l’economia.
WSI: Pensa quindi che la spesa per le infrastrutture hi-tech si
riprendera’?
RD: Credo che molte aziende avranno bisogno di nuove infrastrutture per
essere competitive, soprattutto nel settore tecnologico. Ma in altre aree, in
cui operano tante grandi aziende che soffrono di sovrapproduzione, questo
bisogno urgente non c’e’, e quindi la spesa fatichera' a risalire. In alcuni
casi ci sara’ un miglioramento, ma nel complesso gli investimenti delle
aziende rimarranno modesti.
WSI: Non ritiene che il pacchetto fiscale di Bush possa aiutare
l’economia?
RD: E' importante sottolineare che alcune misure del pacchetto fiscale
non sono affatto assicurate: ottenerne l’approvazione al Congresso sara’ a
mio avviso molto difficile.
Inoltre il pacchetto proposto e’ strutturato in modo che per quest’anno
sono previsti solo $60-$75 miliardi di sgravi. Un “cuscinetto”, pensato per
controbilanciare le perdite dovute all’aumento del prezzo del petrolio nel
caso di una guerra. Se il greggio sale da $20 a $30 al barile, per esempio, per
importare petrolio il Paese deve spendere in piu’ attorno ai $75 miliardi. In
questo caso l’impatto del pacchetto fiscale sarebbe nullo.
Sono convinto quindi che per la ripresa dovremo aspettare almeno fino al
prossimo anno, e anche allora l’economia potrebbe essere ancora piuttosto
debole.
WSI: Come saranno gli utili societari alla fine dell’anno?
RD: Dipende da cosa si intende per utili: quelli riportati, quelli
operativi o quelli “core”?
Dopo i recenti scandali contabili, la qualita' dei profitti e’ cosi'
sospetta che a mio avviso gli investitori tenderanno piu’ a focalizzarsi su
quello che si nasconde dietro i numeri comunicati, cercando di capire come si e'
arrivati ad essi.
WSI: Quali sono secondo lei gli utili reali?
RD: Ci si avvicinano molto quelli che chiamiamo utili “core” delle
societa’ appartenenti all’S&P 500, cioe’ quelli che contabilizzano le
spese per le stock option e che tengono conto, tra gli altri fattori, del "goodwill".
L'adozione di questo sistema porterebbe in calo di circa il 30% gli
utili delle societa’ dell'S&P 500. E’ per questo che le mie previsioni
sono per una crescita del 5%-10%, ben al di sotto del consensus di mercato.
WSI: Passiamo ai mercati azionari. Nel 1998, quando il Dow Jones era a
quota 11.000, lei dichiaro' che una valutazione piu' corretta del listino
industriale sarebbe stata di 6.000 punti. Dove dovrebbero essere adesso gli
indici e che cosa faranno nel 2003?
RD: Il fair value e’ ben al di sotto dell'attuale livello dei listini.
A mio avviso l’S&P 500 e il Dow Jones sono sopravvalutati di circa il 40%.
Al di la' di cio', ritengo che i listini azionari USA si muoveranno in
un trading range per almeno un anno.
Il Dow ha probabilmente visto il livello piu' basso dell'attuale ciclo
lo scorso ottobre (minimo intraday del
10 ottobre 2002
: 7.181,47 punti, ndr).
L’S&P 500 potrebbe scendere leggermente al di sotto dei livelli
dello scorso ottobre, ma non di molto (minimo intraday del
10 ottobre 2002
: 768,23 punti, ndr).
E’ il Nasdaq l'indice a maggior rischio quest’anno. Credo infatti
che tocchera’ nuovi minimi. Non bisogna dimenticare che la maggior parte degli
scandali contabili ha riguardato proprio il settore dell'hi-tech. Ci sono ancora
troppe societa’ che non registrano utili ma piuttosto annunciano indagini,
vedi Cisco, Sun Micro e la stessa IBM.
A pesare sui mercati sono anche il pericolo deflazione, di cui abbiamo
gia' parlato, e la globalizzazione.
Per quanto riguarda quest'ultima, va ricordato che gran parte del
deficit della bilancia commerciale USA proviene dalla Cina. La Cina deve infatti
esportare per ragioni politiche: non puo’ permettersi di avere 10, 20, 30
milioni di persone senza lavoro, e per questo motivo continuera’ a vendere
beni a bassi prezzi, dando filo da torcere alle aziende americane. Cio’
favorisce la debolezza del dollaro americano. Ma mentre un biglietto verde in
calo aiuta le esportazioni USA, i mercati azionari risentono della debolezza
della moneta.
Per l'equity del 2003 prevedo una sorta di “trading market” che non
va da nessuna parte. Ma cio’ potrebbe essere molto scoraggiante per i fondi
comuni di investimento. E’ quindi molto probabile un quarto anno consecutivo
di ribassi per i listini USA, evento che non si verifica dal periodo 1929-32,
cioe' dalla Grande Depressione.
WSI: Alcuni anni fa lei aveva previsto per il
10 marzo 2000
la fine di un mercato toro durato 18 anni.
Quando allora la fine dell'attuale mercato orso? Dovremo aspettare altri 18
anni?
RD: Ritengo che abbiamo gia' iniziato a vedere qualcosa di positivo.
Negli ultimi sei mesi sembra che ci sia stato un certo riscatto dei fondi
comuni. Tuttavia gli investitori guardano ai mercati azionari con
preoccupazione.
Non c’e’ piu’ un “love-affair” (innamoramento, ndr) con
l'azionario, come accaduto nel 1999 e nel 2000. Adesso siamo piuttosto in una
situazione di “trial separation” (separazione legale, ndr). Gli investitori
si sono resi conto che l'equity e' rischioso e hanno intrapreso un processo di
separazione. Non si tratta ancora di un divorzio, ma la situazione e’
sicuramente ben diversa da quella di qualche anno fa.
Penso che il mercato orso proseguira’, ma in una forma diversa. I
listini rimarranno quasi invariati, ma alcuni titoli saranno puniti fortemente.
WSI: Quando torneremo a vedere un mercato toro?
RD: Probabilmente non rivedremo mai piu' quanto accaduto nel 1999: un
mercato fuori controllo, che ha creato una bolla speculativa. Quella per le
dotcom e’ stata una delle manie piu’ folli che abbia mai visto da quando
sono arrivato a Wall Street, nel lontano 1947. Ci vorra’ del tempo prima di
rivedere altrettanto interesse e prima che i danni provocati dalla bolla hi-tech
vengano completamente smaltiti.
Gli investitori guardano con sospetto all'azionario: hanno paura di
perdere soldi. Il clima e' ancora troppo bearish e prevedo quindi che gli indici
toccheranno nuovi minimi.
WSI: Potremo assistere a dei rally nel 2003?
RD: E’ normale che qualunque tipo di mercato sia in atto si
verifichino dei rally. Ma bisogna stare attenti ai rally di un mercato orso.
Questi sono particolarmente pericolosi perche’ i listini, dopo una forte
crescita in cui non riescono comunque a mettere a segno nuovi massimi, tornano a
scendere violentemente, arrivando molto spesso a toccare nuovi minimi.
WSI: Come potranno quindi gli investitori realizzare guadagni?
RD: C’e' un tempo per fare soldi e un tempo per tenersi quelli che si
hanno. Questo e’ il momento di stare lontani dai mercati azionari: credo che
preservare il proprio capitale sia la cosa piu’ importante nella situazione
attuale. Ci saranno sempre dei titoli di buona qualita’ da acquistare, ma le
valutazioni nel complesso non sono ancora convenienti.
WSI: Recentemente lei ha dichiarato che l'oro e i titoli energetici sono
gli unici comparti sicuri in questo momento. Perche’?
RD: Premetto che non sono uno che va pazzo per l’oro e che non l’ho
mai posseduto come commodity. Tuttavia vorrei sottolineare un fatto.
Nel lungo periodo di “love affair” con l'azionario, l’oro era
visto con disprezzo dagli investitori. E anche per via di questo disprezzo e’
sceso per 18-20 anni di seguito. Adesso che i mercati azionari sono caduti in
disgrazia, pero', la situazione si e’ ribaltata.
Per quanto riguarda il comparto energetico, bisogna fare considerazioni
legate al clima. Gli ultimi quattro anni sono stati decisamente piu’ caldi
delle normali medie stagionali. L'inverno scorso, in particolare, e’ stato il
piu’ caldo degli ultimi 106 anni.
Le temperature di questo inverno, invece, sono di circa il 4% al di
sotto della media, ed e’ probabile che continueranno a restare sotto la norma
anche per tutto il resto dell’anno. Cio’ mi porta a pensare che ci saranno
prezzi energetici in salita nei prossimi mesi, con o senza una guerra con
l’Iraq.
WSI: Tra i titoli del settore energetico, su quali consiglia di puntare?
RD: L'investimento piu' prudente e’ quello sulle big del settore, come
ChevronTexaco (CVX - Nyse) e Exxon Mobil (XOM - Nyse).
WSI: E quali sono invece i settori dai quali bisogna tenersi alla larga?
RD: Credo che i tecnologici siano ancora troppo esposti, in particolare
le tlc sono ancora ad alto rischio.
Sconsiglierei in questo momento e nel breve anche il comparto aereo.
Sono convinto infatti che ci saranno altre bancarotte: United Airlines non
rimarra' un caso isolato.
Va esercitata cautela anche sul settore finanziario, in particolare sui
colossi del settore, per via dell’esposizione verso societa' e Paesi in crisi.
Il discorso non vale invece per le banche regionali, che non hanno gli stessi
problemi.
WSI: Quando si potra' tornare ad investire nell’hi-tech?
RD: Forse verso la fine di quest’anno, se la spesa per le
infrastrutture iniziera' a riprendersi. Ma consiglio ugualmente cautela.
WSI: Che percentuale del portafoglio ideale dovrebbe essere assegnata
quest'anno all’azionario?
RD: Dipende dall’eta’ dei singoli investitori e da quanto tempo
manca al pensionamento.
A un investitore di 30 anni consiglierei di puntare sull'azionario per
il 60%. Questo perche’ assistera’ probabilmente a diversi mercati toro prima
di andare in pensione. Per chi ha gia' 50 anni, invece, e’ piu’ adatta
un’esposizione del 40%.
Ai sessantenni suggerirei di investire sull'azionario solo per il 25%.
E’ probabile infatti che tra quattro anni i mercati siano piu’ o meno dove
sono adesso, se non a livelli piu’ bassi.
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Gennaio 2004 16:00 NEW YORK (WSI)
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