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INDICE ARTICOLI

PARTE 2

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Finanza italiana

La Banda d'Italia e il Governatore

Finanza italiana

Le ruberie di Fiorani (con l'ok di Fazio)

Finanza italiana

I Colossi di Lodi

Finanza italiana - Bankitalia

Draghi nuovo governatore di Bankitalia

Finanza italiana - Risparmio gestito

Critici i consumatori sulla riforma del risparmio

   

Vai alla prima parte della Rassegna

 

ANSA  +++  Arrestato Giampiero Fiorani  +++  Fazio si dimette  +++  Anche Consorte nel registro degli indagati  +++  E' Mario Draghi il nuovo Governatore di Bankitalia  +++  ANSA

Lunedì  19  dicembre  2005   Martedì  20  dicembre  2005   Venerdì  30  dicembre  2005
   
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  La Banda d'Italia e il Governatore

14 Dicembre 2005  5:23  ROMA (di Alberto Statera)

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Dopo tanto parlarne, la gelida notte della caccia alla "Banda d´Italia" è scoccata, con la Guardia di Finanza sguinzagliata alla cattura dei "bad boys". Primo fra tutti quello che, all´ombra dell´unica istituzione che conservava un pizzico di eccellenza al paese, appare il loro capo. L´uomo che, con la banchetta periclitante dei "Furmagiàtt", ha messo a ferro e fuoco quel che restava del tisico capitalismo italiano e della evanescente credibilità internazionale dell´Italia. Quel Fanfulla da Lodi da pochade, quel beltomo di provincia, colonia e brillantina, che poteva permettersi di "baciare in fronte" la massima icona dell´economia italiana, di fare costosi regalini alla consorte del governatore della Banca d´Italia e, a quel che si narra, di godere dell´affettuosa amicizia di una delle sue figlie. Gianpiero Fiorani e Antonio Fazio: una coppia tragica e al tempo stesso comica, in bilico tra i tormenti di Faust e le "Vacanze di Natale" di Boldi e De Sica.

Tra la cessione dell´anima al Maligno, per un disegno di potere maturato tra ville in Costa Azzurra e in Costa Smeralda, acquistate a suon di miliardi, jet privati, superyacht, e un sottobosco di faccendieri, affaristi di quarta, finanzieri da codice penale. Nella notte gelida delle Procure e della Guardia di Finanza va in scena «il nuovo tornado politico-giudiziario» che prefigura l´ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, paventando gli «eccessi» di Mani pulite? O, dopo le intercettazioni telefoniche dell´estate, lo squarcio di un costume italico pizza e fichi, il primo autentico capitolo della storia di un golpe finanziario che era destinato a condizionare gli equilibri economico-politici del paese?

Quel che è certo, dopo mesi di inchieste, è che non ci troviamo di fronte a singoli episodi di criminalità economica ma all´agire coordinato, se vogliamo malamente, di un gruppo di potere determinato e senza scrupoli, nel vuoto della politica e nella debolezza dei cosiddetti poteri forti. Forse tutto comincia persino un lustro fa, con la madre di tutte le privatizzazioni, la Telecom. La razza padana ricca, ignorante e velleitaria, che manda a segno un´impresa impensabile, meritando le congratulazioni ai «capitani coraggiosi» di Massimo D´Alema, il primo presidente del Consiglio ex comunista, sinceramente proteso a cercare di innovare il rachitico e autoreferenziale capitalismo italiano.

Se un baluba come Emilio Chicco Gnutti, ras con foulard del baretto di Brescia e delle sfilate di auto d´epoca, riesce in un´impresa come Telecom qual è mai il palazzo d´inverno che non si può conquistare con spregiudicatezza, con giuste relazioni e cupole un po´ trasversali? Cuccia non c´è più, Agnelli non c´è più, gli Orlando, i Pirelli, i Falck, sono ricordi del passato. Poco a poco l´ala nobile del capitalismo senza capitali, che piuttosto spesso fu alquanto ignobile, si è dissolta lasciando dietro di sé il nulla. Se non a palazzo Chigi, Silvio Berlusconi, l´uomo che dall´ala nobile fu sempre rifiutato come un intruso.

I capitali? Oggi Sono nelle banche. Basta saperli estrarre, come il petrolio. Deputati all´opera, fin dai tempi di Sindona, furono sempre i palazzinari, compreso a suo tempo Berlusconi con la Banca Rasini e col Monte dei Paschi di Siena controllato dalla massoneria. Basta ripetere in grande il solito schema, soprattutto in tempi di bolla immobiliare speculativa, di finanza creativa, di cartolarizzazione. Non serve neanche più creare quartieri come Milano-2, basta intermediare. Così si prende un ragazzotto sfigato di Zagarolo, fallito come odontotecnico, ma voglioso di far tanti soldi, e se ne fa il finto scalatore di tutto: l´Antonveneta, la Banca Nazionale del Lavoro, persino la Rizzoli - Corriere della Sera, tempio presunto del potere politico - mediatico.

Ma non è tanto Ricucci, è piuttosto il «filo rosso» che lega i vari personaggi del bosco e del sottobosco emersi in questi mesi a far pensare al peggio. Non a un caso di normale criminalità economica, la Cirio, Cragnotti, la Parmalat, che pure s´iscrivono nello stesso filone politica-banche-favori-soldi facili - risparmiatori truffati. Ma un disegno di potere del nuovo capitalismo straccione che s´intreccia alle peristalsi della politica alla vigilia delle elezioni della prossima primavera. Forse non è troppo presto, ora con i primi arresti che dobbiamo ritenere sufficientemente motivati, per tentare di disegnare un albero genealogico della Banda d´Italia, di cui per ora il capo riconosciuto è il banchiere velleitario di Lodi. Fiorani-Fazio: un governatore della Banca d´Italia debole, assediato al momento da un ministro del Tesoro come Giulio Tremonti, duro cattivo, vendicativo. Una sponda furba, familiare, rampante, come Fiorani.

Un principio forte: la difesa dell´italianità delle banche dal dilagare dei calvinisti del Nord Europa, come gli olandesi dell´Abn - Amro. Tremonti fa terra bruciata. Ma perché uno come Fazio, votato a San Tommaso e all´eccellenza predicata dall´Opus Dei di Escrivà de Balaguer, amato in Vaticano, e per anni invocato da tutti, da destra e da sinistra come somma autorità morale ed eventualmente politica, non può aspirare al ruolo di potere cui, da destra e da sinistra, lo candidavano? L´ex governatore Ciampi non è forse presidente della Repubblica? Fiorani-Gnutti: i capitani coraggiosi, la razza padana, l´imprenditoria emergente del Nordest. Fiorani - Ricucci: il banchiere e la testa di legno, con al seguito i soliti palazzinari, da Bellavista Caltagirone, a quella galassia di conti correnti fiduciari delle banche, i Coppola, gli Statuto. Quelli a cui alcune banche preferiscono dare i soldi facili. Sullo sfondo il cotè berlusconiano, Letta, Livolsi, Comincioli, che partecipano alle grandi manovre.

E il generone commerciale: Sergio Billè il gran pasticciere del bar di Messina, vecchio democristiano, che mette a disposizione i 100 e più milioni del «fondo del presidente» della Confcommercio per moltiplicare in pochi giorni di cento volte il valore di un palazzo di Ricucci, per la causa.

E che fa anche qualche affaretto personale, con la speculazione di borsa su Rcs, nell´insano sogno, ormai svanito sotto i magli delle Procure, di costituire il suo partito del Sud, o di fare il governatore della Sicilia al posto di quel gentiluomo di Totò Cuffaro. Ma il ramo più doloroso dell´albero genealogico del presunto golpe finanziario è quello di Bologna, via Stalingrado. E´ a sinistra. Che ci faceva Giovanni Consorte, grande capo dell´Unipol e, di fatto, della finanza cooperativa rossa, scalatore della Bnl contro gli spagnoli, con questi qui? Perché «concertò» con Fiorani su Antonveneta, ipotesi di reato per cui è indagato?

Ecco, forse è qui il vero segreto della Banda d´Italia, mentre di notte la Guardia di Finanza rastrella i primi bad boys, quelli che condussero l´Italia dal capitalismo nobile e asfittico al capitalismo rampante e straccione.

Fonte - La Repubblica

 

 

 

 

 

BPI, ARRESTATO FIORANI

(14/12/2005)

 

Le indagini nell’ambito della scalata in Antonveneta vanno avanti e stamane si fa un primo bilancio: quindici perquisizioni sono in corso ad opera della Fiamme Gialle, mentre nella notte sono scattate le manette per Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore finanziario della Bpi.

Notizie che non certo aiutano il titolo dell’istituto lodigiano, in  calo di oltre il 2% e già reduce dalle dimissioni di tutti i membri del cda, ora preoccupano le accuse mosse agli ex manger della banca, associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita aggravata, aggiotaggio e falso a vario titolo.

Secondo quanto si apprende, a far scattare le manette sembra abbiano giocato un ruolo determinante i circa 70 milioni di euro che l'accusa contesta al finanziere di Codogno di avere movimentato negli ultimi mesi, quando l'inchiesta era già in corso.

L'ex numero uno della Bpi è stato bloccato in serata nella sua abitazione di Lodi e portato in carcere assieme a Gianfranco Boni. L'ex direttore finanziario, nato a Lodi nel 1958 e uomo fidato dell'ex ad, era uno dei principali artefici delle operazioni interne della banca.

Gli arresti domiciliari sono toccati invece a Silvano Spinelli, che si occupava di operazioni di carattere riservato per conto dei più importanti clienti della banca e che deteneva il 50% delle partecipazioni di Liberty, la società cui faceva capo la villa di Cap San Martin sulla Costa Azzurra, riconducibile secondo i magistrati all'ex ad.

Inoltre, nell'ordinanza firmata dal gip Clementina Forleo sono citati anche l'imprenditore agricolo Giuseppe Besozzi, socio storico della Lodi e presente in tutte le operazioni discusse (Besozzi è’ indagato a piede libero per concorso), e Fabio Massimo Conti e Paolo Marmont, gestori del fondo delle Cayman Victoria and Eagle, uno dei principali azionisti della Bpi ma in realta' controllato dallo stesso istituto.

I due gestori sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e nei loro confronti sono stati emessi due mandati di cattura. Indagati inoltre anche l' avvocato Ghioldi, fiduciario di una serie di società e conti occulti - secondo le accuse - su cui venivano fatti confluire dai due gestori i proventi delle appropriazioni indebite.

La parabola di Fiorani, come quella dei suoi fedelissimi, si è conclusa l'estate scorsa a seguito della vicenda delle intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto anche il governatore di Bankitalia Antonio Fazio e dopo il sequestro delle azioni dei concertisti impegnati a scalare la banca padovana.

Il Gip di Milano Clementina Forleo vietò a lui e ai suoi l'esercizio dei poteri aprendo la strada all'arrivo del direttore generale Divo Gronchi che ha avviato una profonda opera di pulizia dei conti mentre la partecipazione in Antonveneta, ancora sotto sequestro, è stata ceduta alla rivale Abn.

Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti i provvedimenti sono scattati dopo le dichiarazioni dell'ex dirigente di Bipielle Suisse Egidio Menclossi, supertestimone dell'inchiesta e gravemente minacciata, unitamente ad un altro dirigente di Bipielle Toscana, e dell'imprenditore milanesi Mario Sechi.

A seguito di accertamenti riguardo all'attività in corso da parte degli indagati in particolare nel mirino dei magistrati sarebbero finiti alcuni movimenti di denaro sospetti compiuti in queste ultime settimane e riscontrati attraverso controlli incrociati con l'Ufficio Italiano Cambi.

Il sospetto inoltre è che il gruppo stesse organizzandosi in vista dell'assemblea del 27-28 gennaio della Bpi, chiamata ad eleggere un nuovo consiglio di amministrazione, e nella quale per i pm si stava allungando pericolosamente l'ombra della vecchia gestione.

 

NUVOLE NERE SU BANKITALIA

(14/12/2005)

 

“Dirlo a nuora perché suocera intenda” recita un proverbio napoletano che ben si adatta a quanto sta accadendo nelle ultime ore attorno alla vicenda della doppia offerta d’acquisto su Antonveneta e BNL e che è culminata, almeno per il momento, con l’arresto di Gianpiero Fiorani, Gianfranco Boni, Silvano Spinelli e dei due gestori dell’hedge fund “controllato ma che a sua volta controlla” la ex Popolare di Lodi oggi Popolare Italiana e che sta sconvolgendo il panorama economico–finanziario del Paese.

A pochi è sfuggita la tempistica dell’arresto del boss (termine che raramente è stato più appropriato) lodigiano e dei suoi sodali, nello stesso giorno in cui Bruxelles ha ufficializzato la procedura d’infrazione nei confronti di Banca d’Italia per il comportamento tenuto nel corso delle due OPA bancarie.

Un timing che fa pensare che si stia stringendo il cerchio attorno al Governatore di Banca d’Italia Antonio Fazio, già pesantemente coinvolto nella vicenda, nonostante la sua recente riappacificazione con il ministro del Tesoro Giulio Tremonti che ha avuto come conseguenza il sostanziale appoggio alla Finanziaria del Governo da parte di Via Nazionale.

Banca d’Italia dunque, nuovamente nella bufera, poco tempo dopo le note vicende Tango bond, Cirio e Parmalat che hanno minato profondamente la fiducia dei risparmiatori nelle istituzioni finanziarie in generale, e negli organi incaricati dei controlli in particolare, anche se di questo crollo di fiducia poco si è accorta la borsa che dal marzo 2003 ha innestato la quarta tornando ai livelli del 1999 trainata proprio dai titoli bancari.

E’ difficile credere che gli organismi di controllo, gli stessi che impongono a SIM e banche regole sempre più restrittive e burocratiche, non si siano accorti di quanto stava accadendo, secondo la Magistratura, in quello che stava per diventare il sesto gruppo bancario del Paese. Nella Banca Popolare Italiana conviveva con la banca ufficiale, una struttura parallela creata per arricchire lo stesso Fiorani ed i suoi più stretti collaboratori grazie ad operazioni dagli utili certi.

Le rare perdite, venivano spalmate sui conti di alcuni ignari correntisti sotto forma di spese extra o capital gain, ragione questa che ha fatto scattare nei confronti degli arrestati l’accusa gravissima di “associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e all’aggiotaggio”.

Ma le zone d’ombra del sistema Fiorani non finiscono qui, se è vero che tra i principali azionisti di Popolare Italiana figura il fondo Victoria & Eagle, a sua volta controllato dalla stessa banca lodigiana.

La sensazione, guardando i fatti, è quella di trovarci di fronte alle prime scosse di un terremoto di forte intensità paragonabile a quello che per il sistema politico è stata Tangentopoli. E non è un caso, in un Paese dove la politica ha riconquistato un ruolo centrale 13 anni dopo Tangentopoli, che proprio in queste ore circolino con insistenza i nomi di alcuni uomini politici “beneficiati” dal sistema Fiorani, nomi che al momento sono secretati.

Non è un mistero che in molte sale operative si pensi che l’azione della Magistratura sia lungi dall’essere conclusa e che anzi ci siano numerosi elementi che lasciano ipotizzare un accelerazione anche nei confronti dei vertici di Unipol, già raggiunti dagli avvisi di garanzia emessi dai PM milanesi e romani.

Le conseguenze sui titoli coinvolti sono abbastanza evidenti, quasi quanto lo è l’indifferenza della borsa in generale, con il forte calo delle azioni BPI, ancora una volta per i timori legati alla veridicità dei conti e per le temute azioni giudiziarie da parte dei correntisti ignari e truffati, ma anche con il nuovo ribasso di Unipol, giustificabile più per riflessi psicologici che per il timore di sorprese a livello di bilancio.

Niccolò Mancini

 

 

UNIPOL, INDAGATO CONSORTE

(15/12/2005)

 E dopo l’arresto di Fiorani, ora il presidente e amministratore delegato Giovanni Consorte della compagnia assicurativa Unipol è stato iscritto nel registro degli indagati in merito all’inchiesta sulla scalata in Bnl. Una notizia che in realtà non scuote il mercato finanziario: a Piazza Affari infatti i titoli coinvolti nell’inchiesta non hanno registrato movimenti rilevanti e chiudono pressoché invariati.

La procura di Roma aveva aperto già nei mesi scorsi un fascicolo, ora invece procede per i reati di aggiotaggio informativo, manipolazione del mercato e ostacolo all'autorità di vigilanza. Nessuna conferma c'è, invece, sulla iscrizione dell'altro amministratore di Unipol, Ivano Sacchetti.

Della variazione del fascicolo processuale da ignoti a noti - e della iscrizione secretata di alcuni nomi sul registro degli indagati - si era venuto a conoscenza nei giorni scorsi grazie ad una nota inviata dalla procura al Csm in merito alla vicenda che ha preso spunto dall’intercettazione di un colloquio telefonico tra Consorte ed il giudice milanese Francesco Castellano nel quale si farebbe riferimento ad un presunto interessamento di Castellano presso i giudici romani titolari dell' inchiesta Bnl.

Interessamento negato dallo stesso magistrato milanese il cui caso, oltre che al Csm, è ora al vaglio, per competenza territoriale, anche della procura di Perugia. L'inchiesta giudiziaria, aperta sulla base di un esposto del Banco di Bilbao per le ipotesi di reato di aggiotaggio informativo, manipolazione del mercato ed ostacolo alle attività di vigilanza, punta, tra l’altro, a verificare se Unipol avesse i requisiti, alla luce del proprio statuto, di lanciare un’Opa su Bnl.

Anche per questo motivo nei mesi scorsi i magistrati di piazzale Clodio hanno deciso di esaminare le norme del diritto societario e del diritto civile al fine di accertare se la compagnia di assicurazioni, in base alle norme che regolano la tutela dei propri assicurati, possa estendere la propria vocazione imprenditoriale. Oggi sempre nell'ambito della stessa inchiesta il pm Perla Lori ha sentito due ispettori della vigilanza di Bankitalia - Claudio Clemente e Nicola Stabile - come persone informate sui fatti

 

 

 

 

 

 

 

Martedì  20  dicembre  2005   Martedì  27  dicembre  2005   Venerdì  30  dicembre  2005
   
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  Le ruberie di Fiorani (con l'ok di Fazio)

18 Dicembre 2005  21:43  MILANO (di Giuseppe Turani)

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Nonostante i fiumi di parole che sono corsi intorno al caso Fiorani forse c´è ancora posto per due o tre segnalazioni, insomma per qualche nota a margine. Giusto per essere sicuri che, alla fine, tutto quello che c´era da dire è stato detto. Se lasciamo per un attimo da parte i grandi tremi e le grandi questioni, possiamo segnalare quanto segue:

1 - Ma chi sono i veri colpevoli di questo scandalo? Beh, si dirà, Fiorani e i suoi amici, è evidentissimo. Fino a una certo punto. Se infatti da tre anni in Italia non si riesce a fare una decente legge sul risparmio, la colpa non è certo di Fiorani e degli altri furbetti. La colpa è del Parlamento, anzi della maggioranza del Parlamento. Giusto anche questo, ma fino a un certo punto. In America in sei mesi hanno fatto una legge contro i reati finanziari molto bella e hanno inflitto ai responsabili delle pene che qui non vengono comminate nemmeno a chi sega la moglie in due o fa una strage. Possibile che il nostro Parlamento sia fatto in maggioranza da cialtroni? No, non è possibile.

Il fatto è che alle spalle del Parlamento hanno lavorato diverse lobbies: banchieri, avvocati, società di revisione, ecc. La verità è che una buona legge sul risparmio, chiara, semplice, dura non fa comodo a nessuno. Fin che continua l´attuale poltiglia legislativa c´è spazio per tutti. Fin che c´è discrezionalità assoluta tutti possono continuare a fare, più o meno, quello che vogliono. I responsabili finali, quindi, vanno cercati anche fra coloro che non finiranno mai sul banco degli imputati a fianco di Fiorani & C.

2 - In questa vicenda si è infranto un mito fra i più solidi in Italia, e cioè quello dell´estrema, implacabile efficienza della Vigilanza della Banca d´Italia. I funzionari di questo ufficio sono sempre stati descritti come degli 007 in grisaglia ai quali è impossibile farla. In verità, ci siamo accorti che anche in questo caso (come in altri del passato) non hanno visto assolutamente niente. Ciechi come talpe. Ma, si dirà, questa volta risulta che un paio di funzionari sono stati contrari a Fiorani e a Fazio e lo hanno messo per iscritto. Giusto, ma non erano d´accordo su certi parametri dell´affare Lodi-Antonveneta. Erano in dissenso, insomma, su questioni teoriche di grande peso, ma non si sono certo accorti che intanto dalla Lodi portavano via i soldi con la carriola, che spuntavano strani conti ovunque, e che il denaro andava solo e soltanto agli amici di Fiorani.

I due procuratori della Repubblica di Milano e i loro finanzieri sono stati molto più bravi. Senza lauree a Harvard e all´Mit in quattro e quattr´otto hanno fatto luce su tutto. La Vigilanza, oggi, legge i giornali per sapere che cosa è davvero successo dentro la Lodi. Ridicolo.

3 - Ancora una volta si constata come siano inadeguati i consiglieri di amministrazione: nessuno sapeva niente, nessuno si è mai accorto di niente, se c´erano, dormivano. In Italia i consigli di amministrazione sono ancora considerati come un organismo necessario, ma sostanzialmente inutile. Di solito lo si riempie di amici o di vecchietti mansueti, contenti perché una bella assistente (magari in minigonna) offre loro un caffè. I consigli di amministrazione, invece, devono essere un consiglio di sorveglianza sulle società e sui manager. E hanno allora vanno fatti con professionisti indipendenti, ben retribuiti e che quindi possono investire del tempo nello studiare le carte e le operazioni.

Insomma, chi più spende per il proprio consiglio di amministrazione, meno spende perché poi avrà conti corretti e meno ruberie. Naturalmente, se non vedono e se non protestano, vanno puniti, e anche severamente.

4 - Il declino italiano, infine, è ravvisabile anche in queste faccende di scandali e di furti. Per ragioni di età ho seguito gli altri due grandi scandali bancari (Sindona e Calvi) e vi garantisco che eravamo davvero nel campo dell´alta finanza sofisticata, con giravolte che gente esperta ha impiegato dei mesi per venirne a capo. Oggi, invece, è cambiato tutto. Siamo al puro e semplice borseggio da strada. Nel caso Parmalat i conti sono stati falsificati con il bianchetto e costruendo con il fax falsi documenti contabili che poi venivano spacciati come veri. Niente finanza sofisticata, quindi, ma solo e soltanto truffe da paese.

Nel caso della Lodi e di Fiorani siamo scesi ancora un gradino più in basso. Qui si andava di notte a svuotare i conti dei morti. Operazione che, peraltro, comporta l´esistenza dentro la banca di una rete di complicità molto estese. Non so se Fiorani farà i nomi, ma tutto lascia pensare che dentro la Lodi ci siano stati altri furfanti oltre a quelli già individuati. Da qui la necessità di rendere obbligatori i codici etici e di comportamento per tutti quelli che, nelle banche e nelle aziende, sono vicini al denaro. E anche in questo caso servono pene molto severe per chi non rispetta i codici etici e di comportamento, il cui scopo è quello di impedire che si formino «bande» all´interno delle società.

In conclusione, impedire che vengano rubati denari ai cittadini è anche un lavoro di cesello, di particolari, di minuzie, a volte. Ma è un lavoro necessario. Il denaro, purtroppo, pesa poco e si muove molto in fretta. E quindi ha una sua naturale tendenza a sparire o a essere fatto sparire. Per questo va appesantito con norme e codici.

Fonte - La Repubblica

 

 

 

 

 

  I Colossi di Lodi

29 Dicembre 2005 16:31 MILANO (Il Foglio)

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Le vicende della Banca popolare italiana sono legate anche al ruolo delle banche internazionali, che hanno consigliato ai vertici dell’istituto lodigiano come reperire sul mercato i finanziamenti per scalare Antonveneta e per mettere a posto, in modo sommario, i ratios patrimoniali.

In passato, infatti, la Banca d’Italia guidata da Antonio Fazio aveva tarpato i desideri espansionistici dell’ex amministratore delegato di Bpi, Gianpiero Fiorani, perché non soddisfaceva i requisiti patrimoniali. Tutte le iniziative – anche la fallita scalata alla banca patavina – erano state approvate alla luce di complesse operazioni di finanza strutturata messe a punto dalle sedi londinesi di colossi come Deutsche Bank e Dresdner Bank. La prima è finita nel mirino di Consob e procura di Roma. La Commissione presieduta da Lamberto Cardia ha infatti accertato l’esistenza di un concerto tra Unipol e procura di Roma nei confronti di Deutsche è una specie di atto dovuto – spiegano fonti giudiziarie – visto il riscontro della Consob: l’acquisizione della documentazione relativa alla scalata di Bnl rientra in questa logica.  

La maggior parte della comunità finanziaria internazionale che opera sul mercato italiano guarda con attenzione all’evoluzione del caso: una possibile uscita di scena della Deutsche Bank, a causa di problemi giudiziari, potrebbe infatti arricchire le altre banche internazionali e italiane. Difficile trovare a Milano, Roma o Londra qualcuno che faccia le lodi di un gruppo di giovani banchieri definiti “spregiudicati” nella migliore delle ipotesi. La Bpi ha dovuto accantonare oltre 30 milioni di euro per pagare le commissioni a questi banchieri.

La storia si ripete anche per Dresdner e Lazard, le altre due banche d’investimento che hanno aiutato Fiorani e amici a tentare Deutsche Bank nell’ambito della scalata alla Banca nazionale del lavoro. Se Bologna ha commentato negativamente la decisione della Consob, adeguando il prezzo dell’opa a 2.755 euro, da Londra è arrivato un imbarazzato “no comment”. Deutsche Bank ha svolto un ruolo primario anche nella scalata della Bpi ad Antonveneta: la procura di Milano, che detiene il fascicolo, ha già sentito a luglio e a settembre diversi banchieri coinvolti nell’operazione. Nessuno per ora è stato iscritto nel registro degli indagati.  

Il nuovo direttore generale, Divo Gronchi, ha dovuto ricomprare le minorities delle società controllate da Bpi cedute in modo fittizio tra maggio e giugno a Deutsche Bank, Dresdner ed E-Archimede, controllata da Gnutti. Consob e Banca d’Italia hanno rilevato anomalie nei contratti tali da revocare l’autorizzazione alla scalata di Antonveneta. L’apertura di un fascicolo da parte della anche la conquista di Rcs: è un banchiere della Deutsche Bank, Michele Faissola, l’amico con cui Stefano Ricucci s’intrattenne in Sardegna il week-end prima delle nozze con Anna Falchi, lo stesso che ha tradotto ai colleghi londinesi – nel corso delle conference call per mettere a punto prestiti e operazioni su derivati – le colorite espressioni dell’immobiliarista romano.

Nella partita entra anche l’uomo di punta della JP Morgan, Federico Imbert, il banchiere che a marzo consiglia Fiorani, la cui banca detiene una quota dell’ancora Popolare di Lodi, ma si trova advisor degli olandesi. “Dovete vincere per me”, dichiara a un collega di una banca d’affari concorrente a maggio. Secondo le intercettazioni pubblicate ieri dal Corriere della Sera, neppure gli olandesi sarebbero al sicuro: non si sa che cosa farà Ricucci – è scritto – “se gli olandesi gli offrono 30 euro, 26,5 ufficiali e 3,5 in nero”.

 

Fonte - Il Foglio

 

 

 

 

 

 

  Draghi nuovo governatore di Bankitalia

29 dicembre 2005 (di Miaeconomia)

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Dopo il parere favorevole del Consiglio superiore di Bankitalia, un Consiglio dei ministri durato appena dieci minuti ha sciolto le riserve nominando Mario Draghi sulla poltrona di numero 1 di Via Nazionale. Il decreto di nomina di Draghi a governatore della Banca d'Italia dovrà ora essere controfirmato dal Capo dello Stato. Permane l'incertezza solo sui tempi dell'insediamento, che dipendono - ha detto il ministro dell'Interno Beppe Pisanu in una confrenza stampa a palazzo Chigi - "anche dalla disponibilità di Mario Draghi".

Ecco una breve scheda sul nuovo governatore di Bankitalia.

Attualmente vicepresidente per l'Europa della grande banca d'affari Goldman Sachs, Mario Draghi è stato tra gli artefici della stagione delle grandi privatizzazioni in Italia. Negli anni '90 ha infatti guidato le principali cessioni pubbliche effettuate dallo Stato nella sua veste di Direttore Generale del ministero del Tesoro, carica che ha ricoperto per 10 anni, dal 1991 al 2001. Nel settembre di quell'anno l'addio - o meglio un 'arrivederci' - alla carriera di 'civil servant' per diventare un banchiere d'affari. Al nome di Draghi è legato il nuovo testo sulle regole dei mercati finanziari.

Classe '47, sposato con due figli, Mario Draghi si è laureato nel 1970 in Economia per poi conseguire un Phd in uno delle più prestigiose università statunitensi, il Massachussetts Institute of Technology. Allievo di Lorenzo Caffé a Roma, vanta un curriculum eccellente sia sul piano accademico (a 36 anni insegnava già Economia internazionale alla 'Cesare Alfieri' di Firenze) che su quello istituzionale, con incarichi presso la Banca Mondiale (dove ebbe modo di apprezzarlo anche il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore di Bankitalia), di consulenza per il governo Craxi (chiamato da un altro 'giovane', Giovanni Goria), fino alla Direzione generale del Tesoro (1991).

Nei dieci anni a via XX Settembre ha lavorato al servizio di nove diversi governi: Andreotti, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema, ancora Amato e ancora Berlusconi. Sono stati i dieci anni che "sconvolsero l'Italia", trasformata dal Paese dei panettoni di Stato a uno dei membri di Eurolandia.

Tassello fondamentale di questa rivoluzione è stata proprio la legge che porta il suo nome, entrata in vigore il primo luglio 1998, dopo anni di lavoro e dibattiti. Il capitalismo italiano cominciava a fare i conti con mercati internazionali sempre piu' integrati, con la crescita dei listini azionari e con norme a tutela dei risparmiatori. E la legge Draghi ridisegna le regole di governance delle Spa, nonché le procedure per le scalate, proprio con l'obiettivo di tutelare i piccoli azionisti: chi compra il 30% di una società ha l'obbligo di lanciare un'Opa, un'offerta pubblica di acquisto, con un prezzo identico per i piccoli e grandi azionisti. E proprio in occasione della "madre di tutte le Opa", quella di Roberto Colaninno su Telecom Italia della primavera del 1999, la legge Draghi venne messa alla prova per la prima volta.

Uno dei segni distintivi di Draghi è sempre stata la grande discrezione, con poche apparizioni pubbliche e con ancor meno interviste a giornali e tv, da autentico servitore dello Stato, quasi un'ombra accanto al ministro di turno.

Fonte - Miaeconomia.it

 

 

 

Venerdì  16  dicembre  2005   Domenica  18  dicembre  2005   Sabato  24  dicembre  2005
   
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  Critici i consumatori sulla riforma del risparmio

29 dicembre 2005 (di Miaeconomia)

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Dopo la firma da parte del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi la legge sul risparmio è diventata operativa. Così con i tasselli sistemati delle nuove norme sulla tutela del risparmio e sulla disciplina dei mercati finanziari, le carte appaiono tutte in regola anche per la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia.Ma la riforma sul risparmio fa discutere le associazioni dei consumatori secondo cui “la legge è stata approvata a colpi di fiducia da una maggioranza sempre più traballante, rappresentando l’ennesima frode a danno del popolo dei risparmiatori”.

In particolare l’Intesa dei consumatori (Adoc, Codacons, Adusbef e Federconsumatori) parla di una legge “ambigua e insufficiente; una scatola vuota molto funzionale per finalità propagandistiche-elettoralistiche”. Attribuire al condominio Antitrust e Bankitalia - si legge in un comunicato - l’esame sul divieto di operazioni di concentrazioni restrittive della libertà di concorrenza produce confusione di ruoli e una gravissima ambiguità che rischia di danneggiare ancora di più il mercato, senza far abbassare gli elevatissimi costi dei conti correnti, i più alti in assoluto d’Europa”.

Pungenti anche le critiche sul falso in bilancio, reato che negli Stati Uniti viene punito con un minimo di 12 anni e un massimo di 20 anni di carcere. Mentre - denuncia l’Intesaconsumatori - la riforma ha introdotto il concetto di modica quantità con pene che vanno dai 3 ai 6 anni. Ma - avvertono - dopo la prescrizione dei reati più gravi a carico dei bancarottieri processati, come nei casi Bipop-Carire, Cirio e Parmala, non servirà né a prevenire, né a contrastare il gravissimo fenomeno del risparmio tradito.

Capitolo a parte per il reato di nocumento al risparmio. Difficilissimo da provare - secondo i consumatori - e che scatta solo se vengono truffati almeno l’1 per mille della popolazione (vale a dire 58.000 risparmiatori). Con questa norma - spiegano - sarebbero colpiti solo gli autori dei crack Parmalat e Bipop, lasciando fuori Cirio, Giacomelli, Finmatica, La Veggia o Finmeck.

Steccata dell’Intesa anche sull’obbligo di denuncia e la non procedibilità d’ufficio per indagare sulle società fallite, assieme alla prescrizione breve (ossia 3 anni). Novità quest’ultima che - si legge nella nota – “farà dormire sonni tranquilli ai vari Tanzi, Cragnott, al ragionier Fiorani e ai furbetti del quartierino, che potranno continuare indisturbati e a ricoprire cariche societarie come se nulla fosse accaduto”.

Secondo il presidente dell’Adusbef, Elio Lannutti, i risparmiatori “non si sentivano, né si sentono tutelati da una legge che confonde l’attribuzione dei poteri sulla concorrenza bancaria tra le autorità e prevede pene lievissime che addirittura potranno costituire un incentivo alle frodi ed alle truffe societarie a danno di azionisti minori”. Quanto al mandato a termine del governatore della Banca d’Italia rinnovabile, per il numero uno dell’Adusbef “costituisce l’ennesima farsa con la confusione che regna sovrana nella logica di attribuire al Consiglio Superiore quelle funzioni di vigilanza e di controllo all’interno dell'istituto”. Critico anche il Movimento Consumatori che “ritiene complessivamente insoddisfacente il disegno di legge sulla tutela del risparmio, nonostante le positive novità sul mandato a termine del governatore e sul trasferimento all’Autorità Antitrust delle competenze in materia di concorrenza bancaria”. Nel mirino dell’associazioni ci sono le nuove modifiche relative ai reati di falso in bilancio che annullano i piccoli progressi del testo, la mancata presenza nella legge sulle class action (ovvero la tutela collettiva) e l’assenza di qualsiasi strumento di informazione preventiva degli investitori che incentivi la collaborazione tra le Autorità di Vigilanza e le associazioni di consumatori per educare gli investitori ad effettuare scelte di investimento consapevoli.

"È evidente la delusione dei risparmiatori rispetto ad una legge che non dà risposte di tutela, né sufficienti deterrenti al ripetersi di nuove crack o truffe a loro carico", dichiara invece l'Adiconsum. La legge comunque - secondo l'associazione - contiene aspetti positivi come la separazione tra vigilanza e concorrenza e la riforma della Banca d'Itali. Più possibilista, infine, Carlo Rienzi del Codacons secondo il quale “l’unica speranza risiede nei decreti attuativi della riforma”. Inutile piangere sul latte versato, spiega. “Non resta che sperare che il prossimo Governo sappia utilizzare la delega per fornire ai risparmiatori maggiori strumenti di tutela”.