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  Mercoledì  5   luglio  2006   Lunedì  10  luglio  2006   Martedì  11  luglio  2006  
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INDICE ARTICOLI

PARTE 2

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Borse & Mercati - Sentiment

Sfiducia tra gli analisti? E' l'ora del toro

FED e mercati

Benedetto Bernanke

Asset Allocation

Ricomincio da -2%

Italia - Risparmio gestito

Un Fondo di amarezza

Italia - Risparmio gestito

Risparmio: scatta l'allarme Bond

   

Vai alla prima parte della Rassegna

 

+++   Wall Street in negativo per crisi missili coreani   +++   Borse USA in forte calo, pesano bombardamenti israeliani sul Libano e profit warning   +++   Mercati euforici su dichiararzioni Presidente FED   +++

  Sabato  1  luglio  2006   Venerdì  14  luglio  2006   Sabato  15  luglio  2006  
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  Sfiducia tra gli analisti? E' l'ora del toro

10 Luglio 2006 Milano - di M. Malandra
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Le newsletter finanziarie non sono mai state così negative da ottobre 2002. Parola di Investors Intelligence, autorevole osservatore che da oltre 40 anni misura il sentiment di Wall Street. In dettaglio la quota di newsletter bearish è a un picco del 36,3%, mentre le bullish sono rimaste a quota 37. Durante le fasi rialziste i report Toro sono in genere oltre il 45% del totale, con punte del 55-60% quando gli indici azionari raggiungono i massimi di periodo. Negli ultimi anni, solo in due occasioni il numero dei pessimisti è arrivato al livello degli ottimisti: a ottobre 2002, alla vigilia di un rimbalzo del 50% dell’S&P, e a marzo 2003, quando è iniziata la triennale cavalcata dei mercati interrotta a maggio dall’attuale fase di volatilità.
Fine della correzione, allora, e tempo di ripresa? Borsa & Finanza ha chiesto un parere a un esperto di indicatori di sentiment, Jason Goepfert. Fondatore e presidente di Sundial Capital Research, società dedita alla ricerca e all’applicazione pratica in campo finanziario della psicologia delle masse, Goepfert nel 1998 ha fondato Sentimentrader (www.sentimentrader.com). «Vi è un elevato livello di negatività in giro - conferma l’esperto - il sondaggio di metà giugno di Aaii (American association of individual investor) è stato estremamente negativo, il peggiore in 20 anni.
Segnali simili arrivano anche dai miei indicatori: smart money (indici di confidenza di operatori che hanno dimostrato in passato un ottimo track record nell’individuare i punti di svolta positiva del mercato) e dumb money (indice del comportamento di chi in genere tendono a farsi prendere dal panico nei momenti sbagliati). Ebbene lo spread fra smart e dumb money ha raggiunto la massima estensione di sempre: questo significa che i primi stanno diventando rialzisti, mentre gli altri, che possiamo vedere come un parametro di conferma e controllo, sono ora su posizioni molto difensive».
Cosa ci dobbiamo attendere quindi per i prossimi mesi? «Gli indicatori di confidence sono vicini a identificare la fine della correzione - spiega Goepfert - Ad esempio nelle scorse settimane vi sono state due sedute al Nyse in cui la somma dei volumi dei titoli al rialzo è stata superiore di oltre 10 volte rispetto a quella dei titoli in ribasso: in passato, quando si sono verificate queste situazioni il segnale è stato di un buy di lungo termine e l’S&P nei sei mesi seguenti è salito ogni volta di circa il 14 per cento. Attenzione però alla sostenibilità di nuovi massimi: i fondi comuni hanno ancora livelli di liquidità estremamente ridotti».
Una previsione rialzista sui prossimi sei mesi copre quindi anche il quarto trimestre dell’anno, solitamente il più bullish di tutti. Sulla stagionalità dei mercati però, Goepfert avvisa: «Mi piace pensare alla stagionalità come a un venticello gentile che a volte soffia in tuo favore ma a volte anche contro. Detto questo ci sono effettivamente una serie di studi che mostrano come Wall Street sia in genere negativa fino a settembre ed estremamente positiva, poi, negli ultimi due mesi dell’anno».
 

Fonte - Bloomberg - Borsa&Finanza

 

 

 

ANSA   +++   Wall Street in profondo rosso su tensioni geopolitiche e profit warning   +++   Borse USA in forte calo su timori rallentamento economia e caro greggio   +++   ANSA

 

WALL ST. ARRETRA SU TENSIONI GEOPOLITICHE E TASSI
Il test condotto dalla Corea del Nord sul lancio dei missili a lunga gittata preoccupa gli operatori sulla sicurezza internazionale. Greggio a livelli record.
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5 Luglio 2006 22:05 NEW YORK (WSI)
Il ritorno alle contrattazioni, dopo la pausa per la festivita’ del 4 luglio, non e’ stato dei piu’ felici per gli operatori, particolarmente preoccupati dagli sviluppi geopolitici e per le prospettive di futuri rialzi dei tassi d’interesse. Il test effettuato dalla Corea del Nord sul lancio di sette missili, ha intensificato i timori sulla sicurezza internazionale, gia’ elevati a causa del piano nucleare ambito dall’Iran. Il Dow Jones e' arretrato dello 0.68% a 11151, l'S&P500 dello 0.73% a 1270, il Nasdaq ha ceduto l'1.69% a 2153.
Si sapeva delle intenzioni della Corea del Nord ad effettuare esperimenti sul lancio di particolari missili, tra cui alcuni a lunga gittata in grado di raggiungere gli Stati Uniti, ma a causa dei negoziati difficili tra l’Iran e l’Occidente, la notizia era passata in secondo piano. Solo adesso il mercato sta realizzando la minaccia costituita dal fatto e, in attesa di risvolti e chiarimenti sulla situazione, gli investitori sembrano preferire la strategia attendista in un clima molto incerto.
Intanto, complici anche le dichiarazioni del noto petroliere T. Boone Pickens che si attende un prezzo del greggio intorno agli $80 entro la fine dell’anno, i futures di riferimento sull’oro nero sono schizzati ad un nuovo massimo storico di $75.40, cinque centesimi superiore al precedente record segnato ad aprile, per poi archiviare la seduta a quota $75.19 al barile, in rialzo di $1.26.
Ad offrire supporto al comparto sono state anche alcune speculazioni relative al livello delle scorte di benzina, che potrebbero risultare in calo dopo ben due mesi. Il dato verra’ diffuso in via straordinaria giovedi’, slittato a causa della chiusura dei mercati in occasione dell’Independence day.
Ad incrementare le pressioni di vendita sull’azionario sono state anche le solite paure circa l’outlook sui tassi d’interesse. La Federal Reserve ha annunciato nell’ultimo incontro che le future mosse di politica monetaria dipenderanno largamente dalla qualita’ dei dati macro che verranno rilasciati quotidianamente sui mercati.
L’ultima ricerca sull’indice nazionale di occupazione, stilato da Automatic Data Processing (ADP), rileva che lo scorso mese il numero dei posti di lavoro nel settore privato e’ cresciuto di 368 mila unita’, maggiore incremento degli ultimi cinque anni.
Di rilevante importanza sara’ il rapporto occupazionale di giugno che verra’ rilasciato a fine settimana. La solida immagine dell’economia Usa e’ stata maggiormente rafforzata dal rilascio del dato sugli ordini alle fabbriche di maggio, cresciuto dello 0.7% contro un consensus dello 0.1%.
Poche le notizie che hanno interessato il comparto societario che iniziera’ ad occupare la scena la settimana prossima, quando si entrera’ nel vivo della stagione degli utili. Continua ad attirare l’attenzione la possibile partnership internazionale tra General Motors, Nissan e Renault. Stando alle ultime notizie i dirigenti delle tre case automobilistiche dovrebbero incontrarsi per discutere sull’affare. Sulla scia della notizia, Calyon Securities ha rivisto al rialzo il rating su GM a Buy.
Nel comparto hi-tech, oggi particolarmente sotto pressione, in forte calo il leader dell’industria dei chip, Intel che sconta la revisione al ribasso sulle stime da parte degli analisti di UBS; in ribasso anche la rivale Advanced Micro Devices che, a detta di alcuni analisti, dovra’ attuare considerevoli riduzioni di prezzo per continuare a guadagnare quote di mercato
Sempre tra i tecnologici, male Mercury Interactive dopo che la società ha denunciato 54 casi di retrodatazione di stock options, nel periodo che va dal 1994 al 2005, per gonfiare i compensi dei dirigenti di alto livello.
Sul valutario, l’euro ha ceduto terreno nei confronti del dollaro. Nel tardo pomeriggio di mercoledi’ a New York il cambio tra le due valute e’ di 1.2728. L’oro ha chiuso in buon progresso. I futures con scadenza agosto sono avanzati di $13.70 a $629.70 all’oncia. In forte calo, infine, i titoli di Stato. Il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ schizzato al 5.227%.
 

Fonte - WallStreetItalia.com

 

 

WALL ST: FORTE CALO, SI TEME RALLENTAMENTO ECONOMIA
L'allarme sugli utili societari e il dato sull'occupazione (sotto le attese) intensificano le paure sulla crescita economica. Il Dow perde 130 punti, Nasdaq -1.16%.
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7 Luglio 2006 22:15 NEW YORK (WSI)
Gli indici statunitensi hanno archiviato l’ultima seduta della settimana in forte calo, spinti al ribasso da una serie di notize negative che ha abbracciato diverso fronti, dal comparto societario a quello economico. Inutile il ritracciamento del greggio che ha fatto ben poco per limitare le vendite sull’azionario. Il Dow Jones e' arretrato dell'1.20% a 11090, l'S&P500 dello 0.68% a 1265, il Nasdaq ha perso l'1.16% a 2130.
L’annuncio del taglio delle stime da parte della conglomerata industriale 3M ha riacceso i timori di un possibile rallentamento economico che potrebbe ripercuotersi sui risultati aziendali. La societa’ ha informato che non sara’ in grado di rispettare le stime precedenti a causa di un rallentamento delle vendite e un imprevisto aumento dei costi di start-up nella divisione dei sistemi ottici. Il titolo ha ceduto piu’ dell’8%, arretrando ai livelli di tre mesi fa.
Stessa storia nel comparto hi-tech, con Advanced Micro Devices sotto pressione a causa dell’annuncio relativo alla possibilita’ di risultati trimestrali inferiori alle attese a causa di un rallentamento della domanda per i processori applicati all’interno di Personal Computer.
Le azioni AMD hanno chiuso in ribasso dell’1.50%, dopo essere arrivate a deprezzarsi di oltre cinque punti percentuali prima dell’apertura. La notizia ha pesato anche sull’andamento della rivale Intel che, tra l’altro, ha visto tagliarsi le stime sui propri risultati da parte degli analisti di Thomas Weisel.
Contrastata la lettura dell’attesissimo dato sul rapporto occupazionale. Nel mese di giugno sono stati creati 120 mila nuovi posti di lavoro contro le attese di 175 mila. Superiore al consensus, inoltre, la componente sul salario orario, avanzata dello 0.5% contro le stime dello 0.3%. Da un lato i dati lasciano sperare in un possibile stop del ciclo rialzista sui tassi d’interesse, dall’altro, con la conferma dell’accelerazione delle pressioni inflazionistiche, potrebbero spingere la Fed ad operare nuove strette creditizie.
Passando al comparto energetico, dopo aver toccato un nuovo massimo storico di $75.78, il petrolio ha ritracciato nel finale con la possibile apertura dell’Iran alle proposte avanzate dall’UE per la sospensione del programma nucleare. I futures con scadenza agosto sono arretrati di $1.05 a quota $74.09 al barile. In leggero rialzo la performance settimanale pari a +16 centesimi.
Tornando sul comparto societario, ancora riflettori puntati sul colosso dell’auto General Motors, dopo che il consiglio di amministrazione ha autorizzato Rick Wagoner, CEO del gruppo, a verificare la fattibilità di un accordo a tre con la francese Renault e la giapponese Nissan. Gli analisti di Deutsche Bank ritengono che una partnership internazionale potrebbe aver “significative implicazioni strategiche” per l’azienda di Detroit, ragion per cui ne hanno rivisto al rialzo il rating da Sell a Hold. Le azioni GM sono avanzate dell’1.2%.
In controtendenza il titolo della popolare catena di coffee shop americana Starbucks (-5%), in seguito alle deludenti vendite comparate di giugno.
Con l’avvio della nuova settimana si entrera’ nel vivo della stagione degli utili, con Alcoa prima blue chip a riportare i risultati del secondo trimestre.
Sul valutario, l’euro ha continuato a guadagnare terreno nei confronti del dollaro. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ a New York il cambio tra le due valute e’ di 1.2815. L’oro ha chiuso in leggera flessione. I futures con scadenza agosto sono arretrati di $1.50 a $634.80 all’oncia. Ancora in buon progresso, infine, i titoli di Stato. Il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ sceso al 5.135% dal 5.185% di giovedi’.
 

Fonte - WallStreetItalia.com

 

 

 

WALL STREET EUFORICA, BENEDETTO BERNANKE
L'intervento del n.1 Fed rassicura il mercato su tassi e inflazione. Dow rivede 11.000. Greggio ai minimi di 3 settimane.
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19 Luglio 2006 22:10 NEW YORK (WSI)
Giornata strepitosa per Wall Street, in forte rialzo grazie alla testimonianza del presidente della Fed, Ben Bernanke, da cui e’ emerso un vicino stop a ciclo rialzista sui tassi. Ad offrire supporto anche l’ulteriore calo del greggio e le trimestrali di alcune big americane. Il Dow Jones ha guadagnato l'1.96% a 11011, l'S&P500 l'1.86% a 1259, il Nasdaq ha guadagnato l'1.83% a 2080.
In un intervento al Congresso, Ben Bernanke ha dichiarato che l’inflazione continua a rappresentare un problema, ma ha evidenziato come il rallentamento economico, che si sta gia’ materializzando, avra’ l’effetto di affievolire le pressioni inflazionistiche nel prossimo futuro.
Ha inoltre aggiunto che gli effetti dei recenti rialzi del costo del denaro non hanno ancora iniziato a produrre i risultati sperati: il fatto potrebbe portare la Fed a lasciare invariati i fed funds nel meeting di agosto, fornendo il tempo necessario perche’ cio’ avvenga. Ricordiamo che al momento il costo del denaro e’ al 5.25%.
Le dichiarazioni, ben accolte dagli operatori a Wall Street, sono giunte proprio nello stesso giorno in cui e’ emersa una nuova accelerazione dei prezzi, come ha dimostrato il dato sul CPI. Nel mese di giugno l’indicatore e’ cresciuto dello 0.2%, ma la versione “core”, avanzata dello 0.3% per il quarto mese consecutivo, si e’ attestata ad un livello superiore a quello atteso, portando il tasso annuale al 2.6%, oltre al tetto massimo fissato dalla Federal Reserve.
A confermare il rallentamento economico e’ stato invece il dato sul settore immobiliare, con i nuovi cantieri edili diminuiti del 5.3% nell’ultimo mese, e le licenze di costruzione risultate in calo anch’esse.
Per il resto, sono risultati contrastati i numeri trimestrali di alcune grosse azienda statunitensi. Bene il colosso informatico IBM, il cui titolo e’ cresciuto di quasi il 3%, dopo che la societa’ ha riportato un incremento dei profitti di oltre il 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In rialzo anche il gruppo finanziario JP Morgan, schizzato di oltre il 5% sulla scia dei risultati trimestrali piu’ che triplicati.
Male invece il comparto Internet, trascinato al ribasso dalla deludente trimestrale di Yahoo!. Il titolo e’ scivolato ai minimi di due anni con una performance negativa superiore al 20%, a causa dei deboli risultati e dell'outlook negativo per il trimestre in corso, inferiore a quello stimato dal mercato. La societa’ continua a soffrire il dominio di Google nel settore dei motori di ricerca online.
All’interno del Dow Jones, tutti i titoli hanno chiuso in territorio positivo. A registrare rialzi superiori ai tre punti percentuali sono stati Boeing, Home Depot, Hewlett-Packard, United Tech e Pfizer, oltre al gia' citato JPM.
A spingere al rialzo i listini e’ stato anche l’ulteriore deprezzamento del petrolio, sempre piu’ lontano dai recenti massimi storici, scivolato sotto la soglia dei $73 al barile. A causa di un aumento inaspettato delle scorte settimanali, i futures con scadenza agosto hanno lasciato sul terreno 88 centesimi chiudendo a quota $72.66, minimo di tre settimane.
Le dichiarazioni di Bernanke hanno sortito effetti piu o meno notevoli anche sugli altri mercati. Sul valutario, l’euro si e’ rafforzato nei confronti del dollaro. Nel tardo pomeriggio di mercoledi’ a New York il cambio tra le due valute e’ di 1.2597. L’oro ha recuperato dal recente sell-off. I futures con consegna agosto sono avanzati di $13.30 a $642.80 all’oncia. In forte recupero anche i titoli di Stato. Il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ sceso al 5.059% dal 5.13% di martedi’

 

Fonte - WallStreetItalia.com
 

 

WALL STREET GIU' CON WARNING E OUTLOOK ECONOMIA
L'allarme lanciato da Dell sui risultati trimestrali innesca un'altra ondata di vendite. Sale la fiducia, pero', su uno stop del ciclo rialzista sui tassi.
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21 Luglio 2006 22:10 NEW YORK (WSI)
Gli indici americani hanno esteso le perdite a causa delle trimestrali in chiaro scuro giunte dal settore tecnologico. Ai buoni risultati di Microsoft si sono contrapposti il deludente outlook di Dell e i poveri risultati di Advanced Micro Devices. Il Dow Jones ha perso lo 0.55% a 10868, l'S&P500 lo 0.71% a 1240, il Nasdaq ha ceduto lo 0.93% a 2020.
Dopo Intel, a deludere gli operatori sono stati gli aggiornamenti del colosso informatico Dell, che ha rivisto al ribasso le stime sugli utili e sui ricavi del secondo trimestre. Precisamente, il gruppo prevede ora un EPS compreso tra i 21 e i 23 centesimi, ben al di sotto del consensus di $0.31, e ricavi di $14 miliardi, citando un calo della domanda a livello globale. Ovviamente il mercato non ha gradito tali previsioni che hanno originato un’ondata di vendite sull’azione, arrivata a perdere oltre il 13%.
Notevole perdita anche per il titolo della societa’ di chip AMD, dopo che il gruppo ha diffuso una trimestrale che ha fallito nel rispettare le attese degli analisti. Il fatto e’ andato a gravare maggiormente sull’attuale stato economico, gia’ in raffreddamento, come ha ribadito in settimana il presidente della Fed, Ben Bernanke.
D’altro canto, il rallentamento dell’economia potrebbe portare ad uno stop del ciclo rialzista sui tassi d’interesse iniziato due anni fa. Le probabilita’ che la Banca Centrale porti il costo del denaro al 5.5% sono scese al 32%, contro il 49% di giovedi’ e il 65% del giorno prima.
A beneficiare di cio’ e’ stato l’euro, con il dollaro in netto calo proprio sulle prospettive di una pausa al rialzo dei fed funds. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ a New York il cambio euro/dollaro e’ risalito verso quota 1.27.
Tornando al comparto societario, non sono comunque mancate le trimestrali di tutto rispetto come quelle di Microsoft, Google e Caterpillar. Il colosso di Bill Gates ha riportato un calo degli utili negli ultimi tre mesi, attestatisi pero' ad un livello superiore a quello stimanto dagli analisti, spingendo al rialzo di oltre il 5% il relativo titolo. Sorprendente, inoltre, il maxi piano di buy-back annunciato dalla societa’, pari a $40 miliardi da concludersi in 5 anni.
Non esaltanti invece le performance dei titoli GOOG e CAT, incapaci di mettere a segno considerevoli rialzi giornalieri, nonostante la diffusione di risultati fiscali superiori al consensus. Il primo e’ avanzato di appena lo 0.80%, il secondo ha chiuso la seduta addirittura in rosso.
Nel comparto energetico, i futures con scadenza settembre, da oggi al primo giorno di contrattazione, sono avanzati di 16 centesimi a $74.43 al barile. Nettamente negativa, pero’, la performance settimanale, pari ad un calo superiore al 5%.
Sugli altri mercati, l’oro ha continuato a cedere terreno. I futures con consegna agosto sono scesi di $12.30 a $620.20 all’oncia. In ribasso i titoli di Stato. Il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ salito al 5.045% dal 5.028% di giovedi'.
 

Fonte - WallStreetItalia.com

 

 

 

 

 

  Benedetto Bernanke

19 Luglio 2006  Milano - (di Ennio Caretto)
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Le Borse di tutto il mondo devono aver ieri benedetto Ben Bernanke, o almeno l'interpretazione data da Wall Street della sua audizione al Senato. Al secondo rapporto semestrale dall'ingresso in carica il primo febbraio, il presidente della Banca centrale Usa, la Fed, che non è certo un re della comunicazione, è stato così ambiguo da fare pensare - che lo volesse o no - che l'8 agosto prossimo non rialzerà più i tassi d'interesse.
Ciò è bastato a fare schizzare in alto gli indici dello Stock Exchange, di ben il 2% quello Dow Jones dei titoli industriali (che poi ha chiuso in rialzo dell'1,96%, mentre il Nasdaq è salito dell’1,83%) e insieme con esso gli indici delle Borse europee. Milano ha chiuso a più 2%, Londra a più 1,7%, Francoforte a più 2,6%. E come inevitabile, il dollaro è sceso rispetto all'euro, mentre i titoli di Stato e l'oro sono saliti. Talmente eccitata era Wall Street all'idea del proprio rilancio che alle 19 italiane sono scattati i meccanismi di limitazione del trading.
Non è il caso di affermare che se il predecessore Alan Greenspan era indecifrabile, Bernanke invece è incomprensibile: può darsi che il numero uno della Fed volesse rassicurare i mercati e frenare l'emorragia delle Borse delle scorse settimane, o che sia stato sottoposto a dure pressioni dalla Casa Bianca, che non vuole ulteriori restrizioni del credito alla vigilia delle elezioni congressuali di novembre. Ma non sorprenderebbe se nei prossimi giorni il Governatore fosse chiamato a spiegarsi meglio.
Ieri ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte, lasciando per così dire la scelta al pubblico. E il pubblico, ossia gli operatori, hanno scelto ciò che volevano sentire: che l'economia sta rallentando, e quindi l'inflazione dovrebbe diminuire, e che gli effetti dei precedenti rialzi dei tassi non si sono ancora fatti sentire del tutto. Il rapporto semestrale in sé conforta la loro interpretazione. La Fed prevede che il prodotto interno lordo Usa aumenterà quest’anno del 3,25-3,50%, una frenata rispetto al vertiginoso aumento del 5,6% del primo trimestre.
E per l'anno venturo, anticipa una crescita lievemente inferiore, del 3-3,25%. In entrambi gli anni la disoccupazione resterebbe ai livelli minimi, il 4,75-5%, e non si registrerebbero pressioni salariali. Ma la testimonianza di Bernanke al Senato non è stata così a senso unico. Il banchiere centrale ha sì osservato che «l'attuale stato di transizione dell'economia dovrebbe contribuire a fare scendere l’inflazione, oggi in ascesa», ma ha poi aggiunto che se l'inflazione «fosse ostinata» i suoi danni sarebbero rilevanti e la lotta per sconfiggerla «sarebbe costosa».
Inquietante, inoltre, è stata la sua analisi del caro petrolio. «A causa sua» ha rilevato Bernanke «le spinte inflazionistiche sono risultate superiori al previsto soprattutto nel settore dei derivati del greggio, e ora si riflettono persino sui servizi». L'aspettativa è che i prezzi del petrolio si stabilizzino, «ma questa aspettativa è stata regolarmente delusa negli ultimi anni». Altro motivo d'allarme per il Governatore è l'eccessivo «boom» edilizio. La Fed, pertanto, deve restare vigile affinché la situazione non peggiori. Non che gli Stati Uniti siano a rischio, perché nell'economia globale non si vede chi possa sostituirli, ma sono in difficile equilibrio. Un equilibrio che verrebbe rotto, secondo i mercati, se l'8 agosto, alla riunione del Comitato direttivo, la Fed rialzasse gli interessi dal 5,25 al 5,50%. Sarebbe la diciottesima volta dal giugno del 2004, una volta di troppo per gli operatori. Nella tensione in cui è, Wall Street farebbe una brutta caduta.

Fonte - Corriere della Sera

 

 

 

 

 

Gufi & Tori

25 Luglio 2006 Milano - di Borsa & Finanza
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Stephen Roach, lo strategist di Morgan Stanley noto per la sua cautela (vedi pessimismo) aveva colto di sorpresa i mercati finanziari con una nota ottimistica. Ora, però, la «Cassandra dei mercati» è tornata sui suoi passi. Invece, a Merrill Lynch, l’outlook sulla seconda metà dell’anno non cambia: resta la stessa visione di quanto detto a gennaio.
Le motivazioni di Stephen Roach poggiano sull’improvvisa crescita dei rischi geopolitici: Medio Oriente in fiamme, attacchi terroristici in India, missili in volo dalla Corea del Nord. «Resto della stessa mia opinione di maggio - dice - Sono ancora convinto che oggi l’economia globale dispone di alcuni strumenti, dal Fondo Monetario al G7 fino all’azione concertata delle banche centrali, in grado di affrontare e risolvere i problemi. Ma l’accumulo di tensioni geopolitiche, assieme al boom dei prezzi petroliferi, può provocare il collasso della fiducia dei consumatori». Certo, il quadro appare solido, a prima vista, almeno rispetto alla condizione economica che ha preceduto gli shock petroliferi del passato. «Ma non tanto solido quanto le statistiche possono suggerire.
È vero: conforta la ripresa di Giappone e Germania oltre al vigore dell’economia cinese. Ma sui consumatori americani, di gran lunga il motore principale della domanda globale, si addensano nubi, soprattutto sull’immobiliare, in grado di minare la fiducia. In altri termini, si possono creare le premesse per una situazione di fragilità congenita, in cui l’effetto di uno shock petrolifero può essere devastante. Spero ancora che la ragione prevalga e che si riesca ad evitare l’abisso. Ma nulla va in questa direzione nel momento della massima paura». Per un pessimista che si pente per aver visto, una volta tanto, in rosa (proprio alla vigilia della correzione dei mercati) un’altra stella dell’analisi finanziaria, Bob Dole, presidente e Cio di Merrill Lynch Managers, fa il punto sulle previsioni di inizio anno. Con un certo orgoglio: quasi tutte le dieci previsioni di gennaio si sono rivelate corrette.
Certo, Merrill Lynch aveva stimato un rallentamento assai più robusto della crescita economica (oltre che degli utili aziendali), mentre la dinamica dell’inflazione si è rivelata più insidiosa di quel che pensava lo staff di Dole. Ma la casa di investimenti ritiene ancora corretta la diagnosi che giudica possibile un discreto rally nell’ultima parte del 2006, così come un nuovo tonfo del dollaro. Nonostante la correzione di primavera, la previsione è che i listini azionari, a partire da quelli asiatici, saranno in grado di fare meglio di Wall Street.
Altre previsioni centrate: i titoli a larga capitalizzazione stanno realizzando performance migliori delle small caps; continua la tendenza a distribuire alti dividendi, così come cresce l’attività di M&A e di riacquisto di azioni proprie (di venerdì l’annuncio di due mega buy back da parte di Coca Cola e Microsoft); il livello di prezzo delle commodity è in ascesa. Infine, una previsione politica: i Repubblicani manterranno il controllo del Congresso, anche se con una una maggioranza più ridotta.
 

Fonte - Bloomberg - Borsa&Finanza

 

 

 

WALL STREET: PAGA O NO ESSERE CONTRARIAN?

27 Luglio 2006 New York - di Todd Salamone
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Il Global fund manager survey mensile di Merrill Lynch riporta un livello senza precedenti di scetticismo in merito alle aspettative per l'economia globale, e uno degli strategist più bullish di Wall Street ha appena rivisto la sua allocazione in borsa. Questo mese, il 60% degli interpellati dal sondaggio ritiene che l'economia mondiale si indebolirà nei prossimi dodici mesi, il dato peggiore mai registrato, in sensibile calo rispetto a tre mesi addietro, quando solo il 5% era di questo avviso. Inoltre, il 44% degli intervistati si aspetta che gli utili aziendali si deterioreranno da qui ad un anno: secondo Merrill Lynch, si tratta della peggiore lettura dall'inizio del 2001" (The Wall Street Journal, "The Winds of Change," July 19, 2006).

Le aspettative sull'economia hanno conosciuto un visibile spostamento rispetto allo scorso anno o anche rispetto all'inizio del 2006. Nel 2005 gli economisti ritenevano che un appiattimento della curva dei rendimenti e i prezzi del petrolio in aumento non avrebbero impattato sull'economia. E alla fine, hanno avuto ragione. Ma cosa ha fatto il mercato per mostrarlo? Il Dow Jones ha chiuso l'anno in negativo, e lo S&P500 ha realizzato una performance di gran lunga inferiore rispetto alla media storica. Ci si potrebbe chiedere il perché: e io risponderei che dipende dalle elevate aspettative e dai dati macro che poco hanno potuto per sorprendere gli investitori. L'economia nel 2005 e nella prima parte di quest'anno ha fatto ciò che si aspettava la massa: nessuna sorpresa, per cui i ritorni sono stati deludenti lo scorso anno e nella prima metà di quest'anno.

Tuttavia, nelle ultime settimane c'è stato un mutamento del sentiment relativamente alle aspettative macroeconomiche. Osservo un percepibile scetticismo in merito alle prospettive economiche rilevate dagli analisti citati dai mezzi di stampa, e ciò si è riflesso nel sondaggio di Merrill Lynch summenzionato. E' possibile che questi cupi presagi si realizzino? Certamente. Ma è ciò necessariamente negativo per la borsa? Non è detto. Le azioni si sono comportate mediocremente nel 2005 e nella prima parte del 2006, nonostante dati economici esaltanti ed aspettative elevate; non è improbabile che le azioni ora salgano a fronte di basse aspettative e dati macro deludenti, perlomeno fino a quando gli stessi saranno superiori rispetto alle previsioni.
 
 

Fonte - Smartrading

 

 

 

 

 

 

Martedì  11  luglio  2006   Giovedì  13  luglio  2006   Venerdì  14  luglio  2006
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  Ricomincio da -2%

2 Luglio 2006 18:53 Milano - (di Sara Silano)
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Dopo un rally durato tre anni, oltre la metà dei quali impiegati dai sottoscrittori per riacquistare fiducia nei mercati azionari, è negativo il bilancio delle Borse nel primo semestre. Positiva solo l’Europa e, tra i settori, immobiliari e materie prime, mentre chi è entrato tardi sugli emergenti ora conta le perdite. Per gli esperti si può tornare a comprare con circospezione.
Valutazioni societarie interessanti e bilanci in buona salute, rapporti prezzo/utili contenuti, inflazione sotto lo sguardo vigile delle banche centrali, tassi di crescita economica sostenuti e corsa delle materie prime: sono stati questi i principali ingredienti che hanno alimentato il rally dei listini mondiali nei primi cinque mesi dell’anno, proseguendo un trend che durava dal 2003.

Nel 2005 è arrivata anche la ripresa dei fondi comuni che hanno raccolto oltre 8,4 miliardi di euro nell’anno. I primi tre mesi del 2006 sono filati via lisci e hanno visto protagonisti i prodotti a maggior contenuto di rischio e l’avanzata di hedge e flessibili; poi è arrivata la flessione di aprile e la fuga di maggio.

Risultato: da gennaio la fuoriuscita dai fondi è stata superiore ai 2 miliardi di euro. E anche se non sono ancora disponibili i dati della raccolta di giugno, l’umore che aleggia presso le direzioni commerciali delle principali case di gestione non è dei migliori.

Non per tutti, però, il dato è così negativo. Secondo le statistiche di Assogestioni, da inizio anno sono defluiti oltre 25 miliardi di euro dalle casse dei fondi di diritto italiano, ma parte di questi, sono finiti nelle casse dei prodotti esteri. Oltre 9 miliardi sono stati raccolti dai fondi esteri promossi da intermediari italiani e quasi 12 miliardi sono confluiti nei comparti di Sicav straniere.

I risparmiatori ci hanno messo quasi due anni per cominciare a fidarsi nuovamente dell’investimento azionario dopo la crisi 2000-2002 e solo negli ultimi 8 mesi (da agosto 2005 a marzo 2006) hanno ripreso a investire con convinzione sull’equity, accelerando sui mercati emergenti dell’est Europa, America Latina e Asia-Pacifico, che soltanto nel mese di aprile hanno registrato flussi netti per 483,7 milioni sui 654 raccolti in totale sull’azionario. A maggio, sono fuoriusciti oltre 800 milioni dalle stesse categorie.

Forse, per la prima volta, i riscatti non sono stati tardivi. La teoria economica insegna che individuare il momento giusto per entrare o uscire da una posizione, il cosiddetto “market timing”, è uno degli esercizi più difficili e quello che più frequentemente sbagliano gli investitori, perché di solito investono sulle asset class che stanno tirando da più tempo.

Questa volta, invece, ai primi segnali di correzione dei mercati azionari, iniziata lo scorso 10 maggio, i sottoscrittori hanno cominciato a prendere profitto sulle posizioni che avevano dato i migliori risultati, uscendo dall’investimento in Borsa prima dei successivi crolli di inizio giugno.

Restano al palo coloro che tra aprile e maggio sono entrati sui mercati più rischiosi come gli emergenti, acquistando i BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) ultima frontiera dell’investimento sui paesi in via di sviluppo. I fondi specializzati sui questi mercati, infatti, stanno perdendo il 12,1% negli ultimi tre mesi e il 4,9% da inizio anno. È invece del 2,8% il calo da gennaio dei prodotti che puntano sull’America Latina, del 14,2% a tre mesi.

I fondi che investono sulle Borse americane registrano un calo che va dal 4,2% per i large cap value, al 10,2% sofferto dai prodotti specializzati sulle società growth.

Al giro di boa del primo semestre, di positivo è rimasto ben poco: il mercato italiano (+2% l’Msci Italy) e quello europeo (+1,5% l’Msci Europe), mentre tra i settori hanno tenuto l’immobiliare (+1,4%) e le risorse naturali (+0,4%).

I migliori fondi da inizio anno si trovano tra gli specializzati sui mercati cinesi (+11%) e tra le small cap, sia dell’area euro (+6%), sia dell’Europa escluso il Regno Unito (+8,8%). In controtendenza quelli che puntano sulle piccole capitalizzazioni giapponesi, peggiore categoria del semestre con un calo del 18,8%.

Tra i prodotti settoriali, lo storno più vistoso è stato per i biotecnologici (-13,1% la media di categoria) e quelli specializzati sulla tecnologia (-10,5%) che hanno preso in contropiede gestori ed operatori che ad inizio anno si dicevano molto positivi su entrambi i comparti.

È, invece, di poco inferiore all’1% il calo registrato dai fondi flessibili, che nel primo semestre hanno fatto il pieno con quasi 16 miliardi di raccolta netta. Qui le performance sono molto disomogenee e vi sono prodotti che guadagnano l’8% e altri che perdono oltre 10 punti percentuali.

In conclusione, si è trattato di un semestre a due velocità, con il 10 maggio a fare da spartiacque, e dove l’aumento dei tassi di interesse ha permesso di contenere le spinte inflazionistiche e di smontare le posizioni più speculative che l’eccesso di liquidità aveva creato.

Il consiglio degli esperti è quello di rientrare con circospezione, ricomprando su alcune aree, a prezzi più convenienti. Quali? Il Giappone, ad esempio, penalizzato più per cause esterne (debolezza di Wall Street e del dollaro) che per motivi legati all’economia locale.

Ma anche l’Europa continua a mostrare valutazioni interessanti e le ultime correzioni hanno moltiplicato le occasioni di acquisto. Su Wall Street gli operatori si dividono, di certo c’è la maggiore cautela da riservare ai Paesi emergenti.

Fonte - Morningstar.it

 

 

 

 

 

 

L'orso già in fuga da Piazza Affari

10 Luglio 2006 Milano - di Marco Florjo
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IL SONDAGGIO La fase peggiore della tempesta è passata. Di questo sono convinti sia gli investitori sia gli analisti. I primi sono tornati a immettere consistenti ordini di acquisto dopo una correzione di tutti i maggiori listini di circa il 10%, i secondi sostengono che i timori su un ritorno dell’inflazione sono eccessivi e che, a questi prezzi, le quotazioni sono nuovamente attraenti. E in estate a risvegliare il mercato potrebbero arrivare i classici colpi d’agosto.
«Il 10 maggio ha avuto inizio una delle più forti correzioni del mercato azionario in questo ciclo congiunturale - ha detto Klaus Glaser, responsabile degli investimenti di Raiffeisen Capital Management - credo tuttavia che siamo di fronte a una fase di stabilizzazione e recupero, soprattutto poiché la stagione dei report aziendali del secondo trimestre confermerà l’ottima salute di cui godono attualmente le aziende».
L’esperto della banca austriaca non è l’unico a pensarla così. Dal sondaggio condotto da Borsa&Finanza fra le principali società di gestione del risparmio attive in Italia emerge che il 61,5% degli intervistati è convinto che la correzione sia finita, contro un 38,5% di pessimisti secondo cui i veri minimi di mercato non sono ancora stati raggiunti. Per la maggior parte bisognerà aspettare l’autunno per assistere a un consistente rialzo dei listini: per il 69,2% degli intervistati i mesi di luglio e agosto non verranno meno alla regola seconda la quale i volumi scambiati in Borsa sono bassi e i movimenti dei listini limitati. Per il 23,1% invece ci sarà un ribasso compreso fra il 5 e il 10% da qui alla fine di agosto, mentre per il restante 7,7% le Borse guadagneranno tra il 5 e il 10%.
Nella quiete d’agosto, prima estate dell’era del nuovo governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, potrebbero comunque non mancare le sorprese. L’assenza dai desk di molti operatori è infatti il contesto ideale per mettere a segno importanti operazioni. E le più attese alla prova dell’M&A sono le banche. Non stupisce quindi che secondo l’81,8% degli intervistati sono proprio i titoli di questo comparto quelli che rappresentano la migliore occasione di investimento, seguiti dagli industriali (27,3%), dagli assicurativi (18,2%) dai tecnologici-media-telecom (18,2%), dai petroliferi (9,1%) e dalle utility (9,1%) (il totale non fa 100 perché era possibili dare più risposte, ndr.).
Da questi dati emergono altri due fatti da annotare: il primo è che sulle telecom, dopo un lungo periodo buio, c’è qualche aspettativa di ripresa da parte dei mercati. Il secondo è che c’è invece c’è poca fiducia che petroliferi e utility riescano a ripetere gli exploit degli ultimi anni.
Un’ulteriore conferma che il Toro si è preso solo una pausa di riflessione viene dalla domanda riguardante i collocamenti. Per il 61,5% dei gestori, nonostante la pioggia di rinunce di queste settimane, la voglia di Ipo non è ancora finita (vedi anche articolo a pag. 19). Insomma le difficoltà incontrate da società come Api e Pirelli Tyre sarebbero solo momentanee. Secondo Erdinç Benli, head of european equity di Julius Baer Bank, l’area euro è comunque da preferire agli Usa.
Le ragioni di questo consiglio sono fondamentalmente due: una di carattere borsistico (le valutazioni in Europa sono più attraenti) e la secondo di tipo economico (negli Usa si sta andando verso un atterraggio morbido, in Europa la crescita del pil sta ancora accelerando). «Le valutazioni sono molto interessanti con un p/e di 13 contro il 17,4 degli Stati Uniti - dice Benli - senza poi dimenticare che il livello dei dividendi delle società del Vecchio Continente è ancora nettamente al di sopra rispetto al dato americano (3% contro 1,9%)».
Secondo l’analista della banca svizzera la congiuntura attuale fa sì che vengano preferite le grandi capitalizzazioni alle piccole, che l’anno scorso hanno corso molto di più delle grandi. I big del listino, poi, hanno dalla loro un momentum favorevole, visto che da un po’ di tempo gli investitori sono tornati a scoprirle.
Sul fronte macroeconomico è Anton Brender, capo economista di Dexia Asset Management, a rassicurare gli investitori sul futuro andamento dei tassi di interesse, visti come il principale pericolo per una durevole ripresa dei listini. L’esperto esclude infatti che la Banca centrale europea possa alzare eccessivamente i tassi. «Con una manovra troppo decisa si rischierebbe di spingere l’euro verso un brusco rialzo - spiega Brender - e, nel 2007, le economie della zona euro sentiranno gli effetti dell’aumento dell’Iva tedesca. In questo contesto, i tassi di interesse a lungo termine dovrebbero aggirarsi intorno al 4% alla fine del 2006 e, una volta superate le attuali turbolenze, prevediamo che i mercati azionari recupereranno buona parte delle perdite recentemente subite». 
 

Fonte - Bloomberg - Borsa&Finanza

 

 

 

 

 

  Sabato  8  luglio  2006   Venerdì  21  luglio  2006   Sabato  29  luglio  2006  
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   Un Fondo di amarezza

13 Luglio 2006 Milano - di MiaEconomia 

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Cattive notizie per i fondi comuni italiani. La fotografia scattata dalla consueta indagine di Mediobanca, e relativa al 2005, è davvero deludente. A prima vista le cifre sembrerebbero positive: guadagni per 23 miliardi di euro, rispetto agli 11 del 2004, e rendimenti saliti dal 3% al 6,3%.

Per cambiare giudizio, però, basta qualche confronto. Così, ad esempio si scopre che sia Piazza Affari che le Borse estere hanno guadagnato di più: rispettivamente il 18,3% e il 26,4%, contro il 18,2% dei fondi azionari. Soprattutto il dato relativo ai listini internazionali è significativo se non altro perché è proprio su questi mercati che i fondi investono i quattro quinti del proprio patrimonio.

Il paragone è impietoso anche se spostiamo l’attenzione dalle Borse ai Bot: rispetto ai ritorni che i titoli di stato hanno garantito negli ultimi cinque anni, il bilancio dei fondi italiani è in rosso per ben 63 miliardi di euro. Al –0,4% registrato dai rendimenti medi annui dei fondi, risponde il +2,6% dei Bot.

Le cose non migliorano neanche allargando l’orizzonte. Dal 1984, infatti, i titoli di stato hanno reso il 7,8% rispetto al 7,3% dei fondi. A guidare questa poco lusinghiera classifica al contrario sono i fondi azionari italiani che, negli ultimi dieci anni, hanno guadagnato in media il 3,9%. Molto meglio hanno fatto sia Piazza Affari, con il suo +13,7% che le Borse internazionali, in salita del 7,4%.

Un quadro che diventa anche peggiore se guardiamo al periodo che va dal 2000 al 2005. Se i fondi hanno perso in media il 5,4% all’anno, le piazze internazionali hanno invece limitato il rosso al 2,6%, mentre il listino milanese registra addirittura un bilancio positivo, pari al 2,5%. Un’inefficienza pagata per di più a caro prezzo dagli investitori visto che i costi di sottoscrizione dei fondi d’investimento italiani superano di ben tre volte quelli dei fondi statunitensi.

Non c’è quindi da stupirsi se, dopo la fuga di capitali del 2004, per un valore totale di 22 miliardi, anche l’anno scorso i fondi italiani abbiano registrato un saldo negativo per 15 miliardi. E c’è chi, come l’Adusbef, parla senza mezzi termini di “sperpero di denaro” e “distruzione di risparmi degli investitori italiani”.

Fonte - MiaEconomia

 

 

 

 

 

 

Promesse mancate

21 Luglio 2006 Milano - di Sara Silano
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Sono giovani, ma già sotto accusa. I fondi a ritorno assoluto non sono usciti indenni dall’ondata ribassista che ha colpito i mercati. Negli ultimi tre mesi, hanno perso in media oltre il 3% e da inizio anno il ribasso è superiore al punto percentuale. Eppure numerosi messaggi promozionali li hanno presentati come strumenti con rendimenti svincolati da quelli delle Borse. Dunque non hanno mantenuto le promesse?

Per esprimere una valutazione sono necessarie alcune premesse. Innanzitutto è bene distinguere tra i fondi flessibili, che mirano a creare valore aggiunto (in gergo Alpha) variando la composizione del portafoglio senza vincoli di classi di attivi, aree geografiche, settori e valute (approccio tattico), i total e gli absolute return, caratterizzati dalla ricerca del ritorno più elevato in termini assoluti o che si pongono precisi obiettivi di rendimento. Le classificazioni attuali non consentono di distinguere le diverse tipologie e generalmente tali prodotti rientrano nella categoria Assogestioni dei flessibili, ma leggendo il Prospetto informativo è possibile cogliere le differenze.

I fondi total e absolute return si sono affermati sul mercato italiano dopo l’approvazione nell’aprile 2005 del Regolamento della Banca d’Italia che ha recepito la direttiva europea Ucits III, ha ampliato l’universo di investimento dei fondi tradizionali e ha introdotto la possibilità di creare fondi non armonizzati, che hanno minori vincoli nella costruzione del portafoglio (ad esempio, possono avere fino al 20% del patrimonio in hedge fund).

Mentre per la maggior parte dei flessibili esiste una serie storica di rendimenti (track record) che consente di esprimere un giudizio sulla capacità del gestore di creare extra-performance, i fondi total e absolute return di nuova generazione sono ancora troppo giovani. E soprattutto due o tre mesi hanno scarsa significatività, in quanto questi prodotti si propongono il conseguimento di un determinato obiettivo di rendimento annuo, che è solitamente indicato da un indice del mercato monetario (Mts BoT, Euribor, ecc.), in un dato orizzonte temporale (in genere, tre o cinque anni). E’ questo il primo elemento da considerare per valutarli.

E’ da sfatare il mito che i prodotti a ritorno assoluto siano sempre in attivo, indipendentemente dall’andamento dei mercati. E’ significativo che l’obiettivo di rendimento sia parametrato a un indice rappresentativo delle attività prive di rischio (il cosiddetto risk free rate). In linea generale, è un buon fondo quello che crea valore rispetto ai titoli risk free, contenendo la volatilità. Dunque, un secondo aspetto da considerare nella valutazione dei total e absolute return è il Value at risk (VaR), che esprime la massima perdita attesa di un portafoglio su un dato orizzonte temporale con un determinato intervallo di confidenza, e viene indicato nel Prospetto informativo.

In conclusione, nel valutare i fondi di nuova generazione, è necessario considerare in modo congiunto gli obiettivi di rendimento, confrontandoli con l’attività priva di rischio, l’orizzonte temporale e il profilo di rischio. E’ importante anche la strategia di gestione, perché la nuova normativa consente l’utilizzo di un’ampia gamma di tecniche. Ad esempio, gli obbligazionari a ritorno assoluto possono andare corti di duration, ossia vendere bond a termine scommettendo sul rialzo dei tassi e quindi sul calo dei prezzi, una strategia che ha permesso di ottenere rendimenti positivi tra maggio e giugno, mesi in cui il reddito fisso è sceso. Infine, è bene confrontare i costi con quelli di altri fondi, perché alte commissioni di gestione possono erodere la performance.

Nei flessibili, total e absolute return, l’abilità del gestore a creare valore aggiunto assume una rilevanza maggiore rispetto ai tradizionali fondi con una strategia relazionata a un benchmark. Solo una valutazione critica di questi prodotti può aiutare a individuare quelli “buoni” e a smascherare quelli che di total e absolute hanno solo l’etichetta. Senza, comunque, dimenticare che essere non direzionali (ossia generare rendimenti indipendentemente dall’andamento dei mercati) è molto difficile.
 

Fonte - Morningstar.it

 

 

 

 

 

   Risparmio: scatta l'allarme Bond

11 Luglio 2006 Milano - di Finanza&Mercati 

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Il mercato dei corporate bond rischia di andare incontro a una forte contrazione. Le nuove norme dettate dalla legge sul risparmio, che hanno dato un giro di vite alla responsabilità delle banche, potrebbero indurre gli istituti di credito a ridurre drasticamente l’offerta di obbligazioni societarie ai piccoli risparmiatori. Ma, più in generale, anche dei prodotti destinati agli investitori istituzionali.
L’allarme sarà stamattina al centro della prima riunione della commissione del ministero dell’Economia coordinata dal viceministro Roberto Pinza.

Il nodo, secondo un documento che circola al Tesoro, è la nuova versione dell’articolo 100-bis del testo unico della finanza (Tuf), modificato sull’onda emotiva degli scandali finanziari Cirio e Parmalat. Con l’obiettivo di tutelare gli investitori, la legge sul risparmio ha infatti attribuito alle aziende di credito l’obbligo di risarcimento in caso di crac dell’azienda emittente.
Tecnicamente si chiama «garanzia di solvenza» e vale per un anno dal momento della vendita. Secondo prime interpretazioni - e in attesa dei definitivi regolamenti Consob - gli istituti creditizi, per sottrarsi al risarcimento, dovrebbero mettere a punto un «documento informativo» da consegnare ai clienti. Ma in relazione a questo documento, gli analisti finanziari si muovono tra non poche difficoltà.

Alcuni dati da inserire nell’informativa sarebbero «impossibili da trovare» dicono alcuni operatori bancari secondo cui, inoltre, «si potrebbero creare situazioni paradossali: per lo stesso titolo, il cliente di una banca che non ha il documento informativo sarebbe coperto dalla garanzia di solvenza, quello della banca che ha il documento sarebbe invece scoperto». Di qui la richiesta di modifiche che la commissione di Via XX Settembre valuterà nelle prossime settimane. Cioè dopo una prima ricognizione sulle maggiori criticità della legge 262 che sarà chiusa entro il 20 luglio.
Il mercato dei bond societari, già turbato dalle vicende finanziarie degli scorsi anni, attende una rapida risposta. Gli ultimi dati Consob dicono che le emissioni obbligazionarie sono drasticamente calate passando dai 27,3 miliardi di euro del 2004 agli 11,4 del 2005. Un’ulteriore mazzata al comparto costringerebbe le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, a imboccare la strada dell’indebitamento come unica fonte di finanziamento per le loro attività.
 

Fonte - Bloomberg - Finanza&Mercati

 

 

 

 

  Venerdì  7   luglio  2006   Venerdì  28  luglio  2006   Sabato  29  luglio  2006  
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Ecco il Grande Fratello siu Conti Correnti

6 Luglio 2006 Milano - di Finanza&Mercati
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Spianare la strada a una patrimoniale sui depositi bancari. È questo il timore che da qualche ora serpeggia negli ambienti finanziari sul progetto targato Vicenzo Visco volto alla creazione di un’anagrafe dei conti correnti. Progetto che ieri ha preso il via con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legge varato venerdì scorso dal governo.
La strada del Grande Fratello del fisco, però, è già tutta in salita. Le misure messe a punto dal viceministro dell’Economia, infatti, stanno già creando tensioni ai vertici degli istituti di credito per le eccessive difficoltà operative. Le banche, colte di sorpresa dal provvedimento, temono pure che l’azione di Via XX Settembre possa rappresentare una sorta di «invito indiretto a portare i soldi all’estero». Una nuova fuga di capitali che ovviamente avrebbe pesanti ricadute anche sulla raccolta bancaria. Così lo stesso Visco nei prossimi giorni potrebbe avviare un confronto diretto con il mondo bancario per evitare complicazioni e tentare di agevolare il percorso delle misure messe a punto dall’Economia per contrastare l’evasione fiscale. Misure che valutate da occhi esperti paiono anche inutilmente devastanti, assai più di quanto non si temeva. A meno che, questa la preoccupazione delle aziende creditizie, dietro il piano-anagrafe non si celi una volontà di prelievo forzoso sui conti. Un po’ come accadde nel 1992, quando alla guida del governo c’era Giuliano Amato. E proprio la strada percorsa da Amato per sanare i conti pubblici (colpì tutti i depositi con una tassa del sei per mille) potrebbe aver suggerito a Visco una soluzione alternativa e, forse, più mirata. Grazie all’anagrafe, osservano alcuni operatori bancari, il fisco «si troverebbe in mano una mappa di tutti i conti italiani e una eventuale aliquota potrebbe essere decisa con maggior cognizione di causa». Le aziende creditizie, intanto, sono all’opera per tentare di comprendere come dovranno muoversi prima di spedire i dati agli uffici fiscali. Già circolano le prime valutazioni. Resta comunque aperto il problema dei costi «eccessivi». Il decreto, infatti, prevede l’invio delle informazioni sui rapporti tra banche e clienti a partire dal gennaio 2001, ciò vuol dire un arco d’indagine lungo oltre cinque anni e mezzo. Ogni banca dovrà creare un elenco dettagliato con informazioni su conti correnti, depositi, cassette di sicurezza, contratti di finanziamento. E poi aggiornarlo periodicamente. Dovranno essere inclusi pure i dati sui conti chiusi o quelli di chi ha cambiato banca. Ed è qui che affiorano i primi scogli. La maggior parte di queste informazioni, spiegano alcuni esperti del settore, non è più archiviata nemmeno su supporti informatici. Ciò significa che per alcuni mesi (i dettagli su tempi e modalità di invio non sono ancora noti) «dovrà essere dedicato personale ad hoc che andrà a caccia di dati tra vecchi faldoni e archivi cartacei». I gruppi bancari più grandi potrebbero andare incontro alle difficoltà maggiori e trovarsi di fronte a una vera e propria missione impossibile. Anche perché, secondo le prime interpretazioni delle nuove norme, tutti i 36mila sportelli bancari italiani sono pure obbligati a inviare al fisco le informazioni sulla loro contabilità in qualità di «soggetti commerciali». C’è poi il capitolo tutela dei dati personali che solleva non pochi dubbi: l’accesso al mega-database tributario non sarà consentito in esclusiva agli uffici dell’amministrazione finanziaria, ma anche agli agenti della riscossione. La palla, su questo punto, passa al Garante della privacy, Francesco Pizzetti. 
 

Fonte - Bllomberg - Finanza&Mercati

 

 

 

Rendite finanziarie: stangata da 1,8 mld alle famiglie

7 Luglio 2006 Milano - di Finanza&Mercati 
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Stangata da 770 milioni di euro per le imprese e salasso da 1,8 miliardi per le famiglie. Questo, secondo le prime stime che circolano al Tesoro, l’impatto della stretta sui risparmi su cui sta lavorando il governo. Che, però, garantirebbe allo Stato maggiori entrate per soli 590 milioni di euro. Il progetto prevede l’innalzamento al 20% delle tasse sulle rendite finanziarie, attualmente ferme al 12,5%, con la contestuale limatura di quella sui depositi e conti correnti oggi al 27,5%.
Della riforma si sta occupando una Commissione del Ministero dell’Economia e la prima riunione c’è stata la scorsa settimana. Ma il suo cammino appare già pieno di ostacoli. I primi rilievi, secondo quanto risulta a Finanza & Mercati, sono stati sollevati da Assogestioni, l’associazione che riunisce le società del risparmio gestito. Che avrebbe immediatamente posto la questione dei fondi di investimento italiani, a rischio di forte penalizzazione rispetto a quelli esteri in caso di innalzamento delle aliquote. Di qui la richiesta rivolta da Maria Cecilia Guerra, presidente della Commissione e docente di scienza delle finanze all'Università di Bologna, al gruppo di lavoro: entro la prossima settimana tutti i membri dovranno presentare e illustrare un dettagliato rapporto con richieste e suggerimenti.
Non è esclusa, tra le varie ipotesi, quella di reintrodurre il cosiddetto equalizzatore, cancellato nel corso della precedente legislatura da Giulio Tremonti. Si tratta del meccanismo per cui il regime impositivo e quindi il prelievo effettivo variano secondo la scelta dell’investitore tra dichiarazione, risparmio amministrato e risparmio gestito. Dal documento di Via XX Settembre, che F&M ha potuto visionare, emerge anche che l’aliquota unica in grado di mantenere invariato il gettito, e quindi garantire l’auspicata armonizzazione delle imposte, sarebbe del 14,28% nel primo anno di applicazione e del 15,37% a regime.
Una percentuale decisamente più bassa, quindi, rispetto a quel 20% inseguito dall’esecutivo e annunciato a più riprese negli ultimi mesi. E che comporterebbe, secondo il rapporto del Tesoro, un aumento della tassazione con risvolti negativi sull’offerta di risparmio: 1,7 miliardi di euro nel primo anno di operatività e quasi 3 nel secondo. Nel mirino del Tesoro ci sono oltre 53 miliardi di euro di rendite finanziarie generate da circa 2.500 miliardi di euro di investimenti. E il gettito generato è di 7 miliardi e mezzo.
Alcuni effetti ci sarebbero anche sul fronte dei tassi di interesse per i titoli di Stato che crescerebbero dello 0,1% nel primo anno e dello 0,8% in quello successivo. E le banche, secondo i primi dati, andrebbero di fronte a minor ricavi per circa 780 milioni di euro. Ma, come già accennato, il guadagno netto per l’Erario, dati alla mano, sarebbe di soli 590 milioni, tenendo conto dei 790 milioni di interessi passivi sui titoli di Stato e delle minori imposte complessive versate da banche e imprese pari a 420 milioni. 
 
 

Fonte - Bllomberg - Finanza&Mercati