.

 
 

 
 

INDICE ARTICOLI

PARTE 2

.

Borse - Sentiment e Previsioni

Borsa USA: due mesi di orso e poi via al mini-rally

Borse - Sentiment e Previsioni

Mercati: come prepararsi al rally di fine anno

Finanza italiana

Refco, una lezione anche per Piazza Affari

Finanza italiana - Risparmio gestito

Nella valigia del promotore è toro scatenato

   

Vai alla prima parte della Rassegna

 

ANSA  +++  Giornata nera per i titoli automobilistici dal rischio default di GM alla coca di Lapo  +++  Le borse risentono della decablé del settore auto  +++  ANSA

Martedì  11  ottobre  2005   Venerdì  21  ottobre  2005   Venerdì  21  ottobre  2005
   
scarica in formato JPEG .... scarica in formato JPEG .... scarica in formato JPEG
         
GR1 RAI - 10 OTT 22:00 MP3 (77 KB)
      GR1 RAI - 17 OTT 22:07 MP3 (87 KB)

 

 


Borsa USA: due mesi di orso e poi via al mini-rally
 
7 Ottobre 2005 16:25 Milano (di *Alessandro Fugnoli)
________________________________________

*Alessandro Fugnoli e' lo strategist di AbaxBank.

Il problema dei mercati, in questa fase, è l’iperstimolazione. Arrivano dati macro di agosto molto buoni, mescolati con dati di settembre post-uragani prevalentemente brutti, con molta inflazione e pochi consumi. Per cercare di capire il futuro si scruta poi il petrolio, ma anche qui lo strabismo è massimo.

Il mercato del petrolio vive infatti in una situazione di notevole schizofrenia. I danni irreversibili degli uragani sono stati minimi (il che indurrebbe a vendere greggio e comprare azioni) ma quelli temporanei sono stati notevoli, il doppio di quelli che l’anno scorso a quest’epoca causarono una discesa del 5 per cento dell’SP 500 (il che indurrebbe a comprare greggio e vendere azioni). Gli effetti dei danni si protrarranno fino a gennaio e si comporranno con una discesa veloce delle scorte, che rende il quadro molto vulnerabile. A bilanciare questo, tuttavia, ci sono due fattori positivi potenti (almeno per il momento).
Il primo fattore positivo è la volontà del governo americano di usare le riserve strategiche anche in modo aggressivo. L’amministrazione Bush si è trovata in grosse difficoltà dopo Katrina. Prima ha trascurato la questione, poi ha reagito scompostamente cercando di tamponare la falla con un piano di aiuti gigantesco. Il segno più evidente dell’affanno è stata la nomina di Harriet Meirs alla Corte Suprema. Pur di evitare uno scontro con i democratici, l’amministrazione ha scelto una candidatura di basso profilo, rinunciando al sogno coltivato da vent’anni di cambiare radicalmente il segno politico della corte per il prossimo decennio e oltre. Lo stesso affanno lo si è visto con il petrolio e con la decisione di usare tutte le riserve necessarie a stabilizzarne il prezzo.
Il secondo fattore positivo è che, dopo più di due anni di rialzi del petrolio, la domanda di greggio e di derivati sta finalmente mostrando segni di elasticità. Nelle ultime quattro settimane è calata, negli Stati Uniti, del 3 per cento rispetto a un anno fa. E’ un dato molto significativo I due fattori positivi citati vanno certamente presi con qualche cautela.

L’amministrazione Bush sta riprendendosi nei sondaggi. Superata la fase di panico, la disponibilità ad utilizzare le riserve potrebbe ridursi. Usarle troppo aggressivamente, inoltre, provocherebbe una riduzione eccessiva e artificiosa dei prezzi, tale da compromettere il calo della domanda che si è verificato spontaneamente. Questo calo, oltretutto, si è verificato in un contesto di enorme rilievo mediatico dato nelle settimane scorse agli uragani e alla benzina. Molti si sono spaventati e hanno preso sul serio gli allarmi e gli appelli a ridurre i consumi. Se però il prezzo scende troppo, si tornerà in qualche misura alle vecchie abitudini.
Mettendo insieme tutto quello che abbiamo detto, il quadro del petrolio, di qui a primavera, non appare troppo inquietante. Anche nell’ipotesi che occorrano tre mesi per fare tornare la produzione del Golfo del Messico alla normalità, gli interventi verbali e un uso sapiente delle riserve possono mantenere il greggio molto vicino ai 60 dollari, con rialzi limitati e temporanei nel caso faccia particolarmente freddo. Un prezzo tra 60 e 65 può tranquillizzare i consumatori e al tempo stesso indurli a rendere irreversibile almeno una parte dei risparmi energetici di queste ultime settimane. Alla fine ce la caveremo anche questa volta, con l’avvertenza che forse è l’ultima.

Che ce la caveremo è anche la scommessa della Fed, più preoccupata per l’inflazione che per la crescita. I rialzi dei tassi continueranno. Non bisogna però nemmeno sopravvalutare i toni particolarmente aggressivi che la Fed sta usando in questi giorni. Dopo gli uragani si è creato un notevole disordine nel sistema dei prezzi e nel disordine le aziende provano a ritoccare i listini. La Fed vuole evitare che questi esperimenti abbiano successo e deve intervenire energicamente, se occorre anche deprimendo temporaneamente i mercati obbligazionari e azionari.
La nostra scommessa è che la Fed avrà successo anche questa volta. Potremmo dunque avere un ottobre e un novembre non particolarmente gradevoli per i mercati, ma a dicembre tutto potrebbe cominciare ad apparire sotto una luce migliore.
In rapida sequenza vedremo infatti, fra qualche settimana, la ripresa graduale della produzione nel Golfo del Messico, il placarsi delle pressioni inflazionistiche, una riaccelerazione dei consumi, il distendersi dei toni della Fed e un rally di fine anno delle borse. Più si scende adesso, più si risalirà più avanti. Il copione, a ben vedere, è lo stesso del luglio e dell’ottobre 2004 e del marzo aprile di quest’anno. La differenza è che il ciclo di espansione è più vecchio (e comincia a mostrare l’età con la decelerazione della produttività) , i tassi sono più alti e la bolla della casa volge al termine. Il rialzo di borsa di fine anno sarà dunque, questa volta, in tono minore.
 

Fonte - Il Rosso e il Nero, Settimanale di Strategia di AbaxBank per Wall Street Italia

 

 

 

 

Borsa: Ny Scivola Con Nuovo Allarme Inflazione, Bene Ge/Ansa

Giovedì 6 Ottobre 2005, 23:50

Il petrolio frena e la borsa americana si muove prima tra cauti rialzi, sulla scia del miglioramento degli utili attesi da General Electric (NYSE: GE - notizie) e dei segnali di tenuta dei consumi dopo gli uragani Katrina e Rita, ma poi inverte la rotta nel finale con il nuovo allarme inflazione lanciato da un esponente di spicco della Federal Reserve, Richard Fisher, numero uno della Fed di Dallas.
Gli indici chiudono in calo: il Dow Jones (notizie) frena dello 0,29%, a 10.287,10 punti, mentre il Nasdaq (NASDAQ: notizie) perde lo 0,90% (a quota 2.084,08) e lo Standard & Poor's 500 lo 0,41% a 1.191,49 punti.
Dopo un avvio incerto, i listini rifiatano con il petrolio in frenata fin sotto la soglia dei 61 dollari al barile e i risultati di vendita di colossi della grande distribuzione Wal- Mart e Costco che a settembre sembrano aver incassato meglio del previsto l'impatto dei due uragani.
E' invece sul fronte occupazionale che gli effetti di Katrina e Rita si stanno rivelando più pesanti del previsto. Le richieste settimanali di sussidio disoccupazione sono inaspettatamente aumentate di 21.000 unità, a quota 390.000 e dovrebbero crescere ancora nelle prossime settimane le domande correlate in particolare a Rita. Il primo test sui contraccolpi dei due uragani sul mercato del lavoro Usa è in programma domani e gli economisti mettono in conto un calo dei nuovi posti di lavoro (-150.000) per la prima volta da maggio 2003 e un tasso di disoccupazione in rialzo al 5,1%.
Quanto alle tensioni sui prezzi, Fischer ha messo in guardia dal rischio inflazione che può "avvelenare l'economia", aggiungendo che le attualmente le pressioni sono sulla parte "alta della fascia massima di tolleranza", al meno secondo i parametri della Fed.

 

Fonte - ANSA

 

 

Wall Street: il Nasdaq scivola ai minimi di cinque mesi

Mercoledì 12 Ottobre 2005 22:11 

Un’altra giornata pesante per i listini americani che archiviano la seduta in netto calo, spinti al ribasso dal rincaro del greggio, dalle deludenti notizie societarie e dalla crescente convinzione che i tassi d’interesse continueranno a salire. Il Dow Jones ha ceduto lo 0.35% a 10.216, l’S&P500 lo 0.61% a 1.177, il Nasdaq, infine, e’ arretrato dell'1.15% a 2.037. Sull’indice tecnologico, scivolato ai minimi di cinque mesi, hanno gravato particolarmente i cattivi aggiornamenti trimestrali di alcune societa’, come Apple e Advanced Micro, e i commenti negativi espressi su Intel.
I mercati azionari sono in calo dall’inizio del mese. Gli analisti si chiedono se tale movimento rappresenti una fase di correzione, oppure indichi l'inizio di un vero e prorio trend ribassista. Gli indici stanno scontando l’assenza di un catalizzatore significativo che possa determinare una ripresa dagli attuali livelli.
Al momento la situazione non e' proprio favorevole. I prezzi energetici continuano ad avanzare e il petrolio rimane ben saldo sopra i $60 al barile; la Federal Reserve sembra intenzionata a continuare la propria politica monetaria accomodante per contenere le pressioni inflazionistiche; la situazione sugli utili societari resta molto incerta come conseguenza del non ben definito impatto che gli ultimi uragani hanno avuto sui risultati delle aziende: tutti questi fattori non giovano di certo all’azionario, ne’ sul sentiment degli investitori che preferiscono rimanere nell’attesa di segnali incoraggianti.

 

Fonte - ANSA

 

 

 

Borsa: Ny Cede, Timori Inflazione Dopo Prezzi Produzione

Mercoledì  19 Ottobre 2005

Il rischio inflazione tiene sotto pressione Wall Street in una giornata segnata dalla risposta del mercato ai dati trimestrali e dalla flessione delle quotazioni del greggio.
Gli indici cedono terreno nonostante il petrolio sia tornato sotto la soglia dei 64 dollari al barile (-1,8% a quota 63,20) e i brillanti risultati riportati da Ibm (NYSE: IBM - notizie) , Merrill Lynch (NYSE: MER - notizie) e Johnson & Johnson. L'attesa è poi per i conti dei titoli tecnologici di primo piano (Yahoo (NASDAQ: YHOO - notizie) !, Intel (NASDAQ: INTC - notizie) e Motorola (NYSE: MOT - notizie) ) resi noti a Borsa chiusa.
I segnali di surriscaldamento dell'inflazione, che fanno temere la contrazione dei profitti aziendali e ulteriori rialzi dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve, trovano conferma nell'indice dei prezzi alla produzione. A settembre, infatti, si registra il maggior rialzo degli ultimi 15 anni, pari all'1,9%. Al netto delle componenti cibo e petrolio, il cosiddetto 'core index' si attesta a +0,3%. In entrambi i casi, sono superate le stime degli economisti rafforzando l'idea di nuovi aumenti del costo del denaro da parte della Fed.
Proprio oggi il numero uno della Fed, Alan Greenspan, ha ricordato il rischio del caro-petrolio sulla crescita e sulla dinamica dei prezzi, lasciando intendere che non sarà modificato il ciclo rialzista dei tassi avviato nel giugno 2004.

 

Fonte - ANSA

 

 

GR1 RAI - 05 OTT ore 19:15     MP3 (48 KB)
GR1 RAI - 10 OTT ore 22:00     MP3 (77 KB)
GR1 RAI - 18 OTT ore 19:00     MP3 (56 KB)


 

 



Mercati: come prepararsi al rally di fine anno

La recente debolezza dei mercati azionari potrebbe offrire una buona occasione per puntare sul tradizionale rialzo finale. E’ quanto sostiene Jim Jubak, Markets Editor di MSN Money. Eventuali selloff dovuti ai timori di inflazione...

16 Ottobre 2005 10:40 New York (di Jim Jubak)

________________________________________


La recente debolezza dei mercati azionari potrebbe offrire una buona occasione per puntare sul tradizionale rally di fine anno. E’ quanto sostiene Jim Jubak, Markets Editor di MSN Money.
Per il resto del 2005, a suo giudizio, il mercato azionario sara’ un campo di battaglia fra le speranze di un calo dei prezzi enegetici e i timori di un aumento dei tassi d’interesse. Se si dovesse assistere ad un calo del petrolio, i titoli societari, almeno per quanto riguarda determinati settori, dovrebbero balzare al rialzo.
Cio’ pero’ non succedera’ finche’ i mercati continueranno a peoccuparsi per quello che Alan Greenspan & Company faranno e diranno a proposito dei tassi d’interesse il prossimo 1 novembre. Se la Fed mostrera’ segnali di preoccupazione sull’inflazione, e in risposta alzera’ i tassi d’interesse, la reazione del mercato sara’ probabilmente quella di forti vendite, con i principali indici Usa in ribasso del 5-10%.
Il tipo di selloff che si verra’ a creare offrira’ un’ottima occasione di ingresso, in anticipazione di un classico rally di fine anno.
Il prezzo del greggio sembra che abbia raggiunto un massimo temporaneo. Quando il prezzo e’ sceso a $63 al barile la scorsa settimana, si e’ rotto il trend rialzista di breve termine. Adesso che e’ sceso sotto il supporto tecnico di $63 (lo scorso lunedi’ il contratto future con scadenza dicembre trattava sotto i $61), il petrolio potrebbe calare ulteriormente, fino a $55 al barile.
Le quotazioni sui futures stanno scontando previsioni di crescita piu’ contenute. A meta’ giugno, il future con consegna settembre valeva $58.20 al barile. A quel tempo il mercato si aspettava una crescita continua e rapida dei prezzi. Il future con scadenza dicembre quotava $60.02 al barile, quasi $2 in piu’.
La differenza nelle ultime settimane si e’ ristretta a 74 centesimi. Alcuni analisti sostengono che i prezzi energetici continueranno a salire, ma molto piu’ lentamente rispetto a prima.
A $55 al barile il petrolio appare a buon mercato rispetto al recente livello di $70. L’incremento dall’inizio del 2005 sarebbe del 27%, molto meno rispetto al +52% che segnava all’inizio di settembre. E sarebbe ancora meglio se entro dicembre scendesse ad un livello tale da segnare un rialzo annuo del 16%, livello suggerito dai mercati futures.
Tra un po’ di tempo, i consumatori cambieranno abitudini, investiranno in tecnologie che permetteranno di risparmiare sui consumi e lavoreranno di piu’; oppure si immergeranno nei debiti. Allo stesso modo, le aziende taglieranno i costi e miglioreranno l’efficienza operativa; oppure si immergeranno nei debiti anch’esse.
In tal senso, gli alti costi energetici verrano compensati dalla crescita dei margini di profitto e degli utili, destinati ad aumentare ad un tasso a doppia cifra. L’economia, gia’ potenziata dalla crescita dei consumi, continuera’ ad espandersi.
Le previsioni degli analisti, tuttavia, sono per una riduzione della crescita degli utili societari nel terzo trimestre, proprio a causa del veloce aumento dei costi energetici. Per capire meglio come il petrolio abbia ridimensionato le aspettative a Wall Street, bisogna dividere l’azionario in due categorie: titoli energetici e titoli non energetici.
Fino a questo momento il 2005 e’ stato un anno particolarmente proficuo per le societa’ energetiche. I titoli del comparto che fanno parte dello Standard & Poor’s 500 sono cresciuti del 30% nei primi 3 trimestri. E’ un risultato ragguardevole rispetto al resto del mercato: l’S&P 500 ha infatti perso l’1,7%, e oltre il 4% se si escludono i titoli energetici (10% dell’indice).
Lo stesso dicasi per gli utili. A prima vista gli analisti si aspettano un altro trimestre molto positivo, con risultati che potrebbero balzare del 16.5% all’interno dell’S&P500, dal +11.7% del trimestre precedente.
Ma se gli utili cresceranno in modo cosi’ considerevole nel terzo trimestre, come mai i mercati azionari non sono avanzati? Secondo le stime di Thomson Financial, le societa’ energetiche all’interno dell’ S&P 500 potrebbero registrare una crescita degli utili del 71% nel trimestre conclusosi a settembre. Ma gli utili delle societa’ non energetiche dovrebbero cresce solo del 10%, il che rappresenterebbe un risultato addirittura inferiore a quello del secondo trimestre.
Il quadro per il quarto trimestre non e’ molto migliore, soprattutto se si pensa che storicamente rappresenta il periodo migliore, data la preferenza dei consumatori nel concentrare la maggior parte degli acquisti nell’ultimo periodo dell’anno.
Le previsioni di Wall Street sull’S&P 500 segnalano una crescita degli utili per il quarto trimestre pari al 16,5% che si abbassa al 12,3% se si prendono in considerazione solo i risultati delle aziende non attive nel comparto energetico. Molto peggio, quindi, rispetto alla crescita del 19.7% del quarto trimestre 2004.
Cio’ che occorre tenere presente, pero’, e’ che piu’ basse sono le attese del mercato piu’ facile sara’ per le aziende battere le previsioni. E niente spinge i titoli azionari al rialzo piu’ velocemente di una serie di sorprese positive sugli utili.
Gli investitori guarderanno attentamente ai risultati del terzo trimestre per vedere se le societa’ esprimeranno ottimismo sul quarto. Qualche revisione al rialzo delle stime da parte di alcune aziende potrebbe divenire un fatto contagioso e trasfomare il recente pessimismo dei mercati in una nuova speranza. Di qui la possibilita’ di un rally di fine anno, periodo stagionalmente forte per le borse.

TASSI D’INTERESSE
Alcuni esponenti della Fed di recente hanno espresso commenti aggrerssivi sull’inflazione, lasciando intendere che i tassi continueranno a salire. Il mercato sconta rialzi dello 0.25% in ciascuno degli incontri del Fomc in calendario a novembre e dicembre. Le incetezze riguardano il linguaggio che usera’ la Fed nel documento ufficiale sui tassi.
Per mesi la Banca Centrale Usa ha confermato che “le attese di inflazione di lungo terime restano contenute”. Qualunque cambiamento di questa espressione, che dovesse suggerire una maggiore preoccupazione sull’inflazione, o un cambiamento del termine “misurato”, con cui la Fed indica il modo in cui intende procedere sulla via delle street creditizie, indurrebbero gli investitori a vendere. Si tratterebbe di una buona occasione per puntare a un rally di fine anno.

DOVE PUNTARE
Ma cosa avrebbe senso acquistare, in un simile scenario? Non i titoli energetici. Nonostante questo settore rimanga ben impostato nel lungo periodo, un eventuale rally di fine anno potrebbe avvenire solo su un calo del petrolio. Non i titoli finanziari, perche’ i tassi d’interesse, anche se lentamente, stanno salendo. E neanche il settore retail, perche’ la stagione festiva dovrebbe essere piuttoto debole.
La migliore scommessa e’ quella di puntare sui titoli hi-tech. Il settore tecnologico non e’ “energy-intensive” e non e’ particolarmente sensibile ai tassi d’interesse. E nel quarto trimestre le vendite del comparto dovrebbero rivelarsi robuste.

 

Fonte - Thestreet.com per Wall Street Italia

 

 

 

 

 

 

A Wall Street aumenta il rischio default per GM

14 Ottobre 2005 13:46 New York (di Morya Longo)
________________________________________

Una nuvola oscura il mondo societario americano. Dopo l'insolvenza di Delphi, ora l'incubo si rivolge direttamente su General Motors. Alcuni analisti ritengono infatti che anche il colosso di Detroit possa chiedere presto o tardi l'ammissione al cosiddetto "Chapter 11", cioè l'amministrazione controllata americana. Il che significherebbe default.

E mentre il mercato sconta con maggiore probabilità un'insolvenza della casa automobilistica (il credit default swap è volato sopra i mille punti base), un altro incubo ha iniziato a turbare i sonni degli investitori: Refco.
La casa di brokeraggio Usa, che ha visto il titolo in Borsa crollare del 60% in una settimana fino alla sospensione di ieri, ha infatti comunicato di non avere più liquidità per mantenere operativa la controllata Refco Capital Markets. Così Standard & Poor's le ha declassato il rating da "B+" a "B-". Oscurando ancora di più il cielo dell'industria Usa.

Il caso di General Motors è però quello che suscita le maggiori preoccupazioni, anche perché il colosso di Detroit - secondo i dati Bloomberg - ha sul mercato obbligazioni per la cifra monstre di 104,7 miliardi di dollari. Se finisse in default, dunque, il terremoto sarebbe di vaste proporzioni. E il mercato inizia seriamente a temerlo. Lo dimostra il fatto che i credit default swap di Gm (quei particolari contratti derivati che funzionano come "polizze" assicurative contro il rischio di default) hanno superato i mille punti base: questo significa che per coprire dal rischio insolvenza un'esposizione verso General Motors per 10 milioni di dollari, bisogna pagare un milione. Ma la tensione si sente anche sul mercato obbligazionario, dove i rendimenti delle obbligazioni di Gm a breve scadenza hanno superato quelli dei titoli a lungo termine: segno di allarme-default. Le azioni in Borsa ieri sera sono però rimbalzate e hanno chiuso in positivo (+1,69%).

Ma a lanciare l'allarme su General Motors ci sono anche i report delle banche d'affari. Dopo quello di Bank of America di qualche giorno fa (in cui stimò un 30% di possibilità di default), ora è arrivato uno studio di Société Générale che ipotizza una «bancarotta strategica». «Sebbene il profilo finanziario di Gm è migliore della sua ex-controllata Delphi - si legge - una cosiddetta "bancarotta strategica" non può essere esclusa». «Uno scenario possibile è che venga separato il braccio finanziario Gmac per mantenere basso il suo costo del debito - ipotizza Pierre Bergeron, analista di Sg Cib -. A quel punto potrebbe chiedere il "Chapter 11" solo la divisione automobilistica di Gm in Nord America».
Se così fosse - ma si tratta di una supposizione - il default riguarderebbe "solo" 14,4 miliardi di dollari di bond (quelli emessi direttamente da General Motors), lasciando indenni gli 87,6 miliardi di bond targati Gmac. Altre banche d'affari sono però più ottimiste. È il caso di Lehman Brothers: la possibilità che Gm chieda l'ammissione all'amministrazione controllata - si legge su un report - «è remota, dato l'ammontare di liquidità che ha in bilancio».

La tensione è alta. Su General Motors e su Refco, ma anche su altri gruppi. Da lunedì scattano infatti in America norme più stringenti per l'amministrazione controllata, per cui diversi analisti temono che entro quella data più di una società possa cadere nella tentazione di seguire questa strada. Che significa proteggersi dai creditori per andare avanti. Ma anche default.

Fonte - Il Sole 24 Ore

 

 


 

 

 

 

Un altro scandalo scuote Wall Street

19 Ottobre 2005 08:14 New York (di La Repubblica)
________________________________________

Gli scandali americani fanno un´altra vittima a Wall Street. La Refco, leader americano nella contrattazione di derivati, ha portato ieri i libri in tribunale a soli due mesi dalla sua quotazione dopo la scoperta che Philip Bennett – il fondatore del gruppo – controllava una società che aveva ricevuto 430 milioni in prestiti da Refco. 

La notizia ha provocato un crollo dei titoli che hanno bruciato in poche ore oltre 1,5 miliardi di valore e una fuga di clienti. In meno di una settimana dai conti della Refco sono stati ritirati 850 milioni – il 20% degli asset totali – tanto che per tamponare l´emorragia e riportare un po´ di fiducia si è deciso di cedere subito il controllo della divisione più importante del gruppo (quella sui derivati) a una cordata di finanzieri guidata da Cristopher Flowers per 700 milioni circa e di proteggere il gruppo sotto l´ombrello del Chapter 11.
Flowers, con i libri in tribunale, rischia però di trovare qualche concorrente disposto a rilanciare sulla sua proposta. Ieri, ad esempio, Dubai investment, braccio finanziario dell´emirato mediorientale, ha dato mandato a The Blackstone group per valutare l´ipotesi di un´offerta alternativa. In base all´accordo raggiunto con Flowers, comunque, l´attuale azionariato della Refco dovrebbe comunque mantenere una partecipazione del 20% circa nella società.

A quattro anni dallo scoppio dei primi scandali americani, Wall Street torna nell´occhio del ciclone. I risparmiatori che avevano sottoscritto i titoli della matricola (balzata del 25% nel suo primo giorno di quotazione) hanno già avviato una azione legale contro Bennet dopo aver visto i loro titoli perdere in poche ore il 75%.
Il caso Refco è un primo banco di prova importante per Christopher Cox, l´uomo che George W. Bush ha imposto come nuovo numero uno della Sec. Questa nomina è stata interpretata da molti come un tentativo di spostare il timone dell´agenzia verso un atteggiamento più "filo-aziende" dopo la gestione molto rigida di William Donaldson che aveva risposto ai vari casi da Enron in poi introducendo norme e pene severissime per le frodi finanziarie. Non a caso ieri, ad esempio, la Grant Thornton, revisore della Refco, ha subito messo le mani avanti precisando di essere stata anche lei ingannata da Bennett.
Per la fortuna di Cox però in questa occasione le dimensioni dello scandalo sono relativamente circoscritte e le responsabilità del crac, almeno a prima vista, sembrano abbastanza evidenti: Bennett tra l´altro ha ripagato dollaro per dollaro tutti i prestiti ricevuti da Refco subito dopo lo scoppio del caso in un tentativo in zona Cesarini di dimostrare la sua buona fede. Una decisione che però non gli è bastata ad evitare l´arresto.

Fonte - La Repubblica

 

 


 

 

 

 

  Martedì  11  ottobre  2005   Venerdì  14  ottobre  2005   Giovedì  20  ottobre  2005  
       
..... scarica in formato JPEG ..... scarica in formato JPEG ..... scarica in formato JPEG .....

 

 

 

 

Refco, una lezione anche per Piazza Affari

21 Ottobre 2005 10:15 Milano (di Alessandro Penati)
________________________________________

Da star di Wall Street alla bancarotta in due mesi: la vicenda di Refco non ci tocca da vicino, ma è illuminante per capire perché Piazza Affari resta un mercato asfittico, dove si calpestano i diritti degli investitori. Fondata nel 1969 per intermediare futures a Chicago, Refco rimane controllata dalla famiglia dei fondatori fino al 1998, quando al vertice arriva Phillip Bennet, che la guida fino alla quotazione a Wall Street, lo scorso 11 agosto.

Primo giorno di scambi: + 25%. I collocatori sono nomi prestigiosi: Goldman Sachs, Credit Suisse e Bank of America. Bennet, col 34%, mantiene il controllo, assieme a un fondo di private equity (38%).
Il titolo continua a salire. Venerdì 7 ottobre, Refco vale 3,7 miliardi di dollari. Il lunedì seguente ne vale 2 di meno: un controllo interno rivela un prestito a un fondo hedge, girato a una società di Bennet, che lui non aveva dichiarato. Il consiglio di amministrazione lo rimuove.
Il prestito viene rimborsato (con gli interessi), ma importa poco: Bennet, ha nascosto un´operazione con parti correlate; ha mentito al mercato, tradendo il rapporto fiduciario che lega azionisti e amministratori (anche se, come Bennet, sono azionisti di controllo). Venuta meno la fiducia, i clienti Refco ritirano i soldi e il titolo crolla. Bennet è arrestato per false comunicazioni sociali. Gli scambi in borsa vengono bloccati e si mettono all´asta le attività: un fondo di private equity rileva subito l´attività sui futures; e si chiede la protezione del giudice fallimentare per permettere una cessione ordinata delle altre attività. Partono le azioni di risarcimento contro i revisori, le banche collocatrici nel recente Ipo e, pare, lo studio legale che ha stilato il contratto di prestito incriminato. Lunedì 17: Refco non esiste più. Tutto per una bugia.
Questa vicenda ci insegna che la severità delle pene, la rigida applicazione delle norme e le condanne esemplari del dopo Enron non eliminano i comportamenti scorretti. La legge non basta. Gli investitori devono essere determinati a far valere i propri diritti, e avere risorse e strumenti per farlo. È stato il consiglio di amministrazione, non la SEC o un giudice, a denunciare e rimuovere Bennet: nonostante fosse l´azionista di controllo; e benché fosse contro l´interesse dei consiglieri che, come azionisti, hanno perso tre quarti del loro investimento. Se non l´avessero fatto, sarebbero diventati loro passibili di azione giudiziaria, cause di risarcimento e danni di reputazione enormi. Proprio come in Italia. Ve lo immaginate da noi un amministratore-azionista di controllo rimosso dal consiglio per una questione di trasparenza?

Trasparenza e fiducia sono beni comuni fondamentali da tutelare. Senza la conoscenza di patti parasociali, clausole negoziali, accordi di voto, interessi collegati, chi investe in Borsa gioca con le carte truccate. Pensate a chi, in questi mesi, ha comprato Antonveneta, Bnl, Bpi, Fiat, Rcs, o Gemina. Ma trasparenza e fiducia, da noi, non hanno quasi mai rilievo penale; quindi, non contano. C´è un´azione di concerto? Si fa un´Opa riparatrice, e finisce lì. Il prospetto non riporta una clausola contrattuale, un accordo parasociale o è lacunoso? Se Consob se ne accorge, lo si emenda.
Non si dichiara un´operazione con parti correlate? Basta integrare l´informativa; sempre che Consob se ne accorga. Nonostante i casi clamorosi di Bipop e Popolare Italiana, dove le operazioni con parti correlate erano la norma, non si impone alle banche di rendere note le singole operazioni in essere con azionisti rilevanti. Le sanzioni pecunarie inflitte da Consob sono spesso irrisorie. E poi si ricorre al Tar. Le azioni di responsabilità sono inesistenti; quelle di risarcimento costose e difficili, perché necessariamente individuali.
Per esempio, chi paga per il prospetto farcito di bugie con cui Bpi ha offerto a 8 euro nuove azioni che, per ora, ne valgono 6? Probabilmente nessuno. Se fossimo in America, anche le banche che hanno stipulato le operazioni di compravendita fittizie con Bpi, i consulenti che hanno avallato i piani di Fiorani presso gli investitori, e i legali che hanno stipulato i contratti necessari alla scalata occulta ad Antonveneta probabilmente dovrebbero rispondere di eventuali danni. Senza il loro appoggio consapevole (e ben remunerato) l´operazione non sarebbe stata possibile.
Quanto alla reputazione, sembra sia un inutile orpello. Molti consiglieri di Bpi rimangono al loro posto, nonostante abbiano avallato per anni le scorribande di Fiorani. La condanna per insider trading non ha nuociuto a Gnutti negli affari; nè quella per l´azione di concerto occulta nella scalata a Fondiaria ha danneggiato l´immagine di Ligresti. E intanto, si allunga l´impressionante scia (specie in rapporto al numero di società quotate) dei dissesti poco trasparenti: Bpi, Cirio, Bipop, Parmalat, Fin.Part, Finmatica, Giacomelli, Impregilo...
 

Fonte - La Repubblica


 

 

 

  Sabato  1  ottobre  2005   Sabato  8  ottobre  2005   Sabato  22  ottobre  2005  
       
..... scarica in formato JPEG ..... scarica in formato JPEG ..... scarica in formato JPEG .....

 

 

 

 

Nella valigia del promotore è toro scatenato

10 Ottobre 2005 10:05 Milano (di Giuditta Marvelli)
________________________________________

Il mondo finanziario che gira intorno a Piazza Affari vede rosa. Molto più rosa di quanto non facciano i «piccoli», che sono meno scoraggiati di qualche mese fa, ma non certo euforici.  Dall’aprile del 2005 e fino all’estate, la speranza dei risparmiatori, che aveva viaggiato in parallelo al mercato, ha subito una brusca decelerazione mentre gli indici di Borsa hanno continuato la salita cominciata nel 2003. Solo adesso le diverse linee (quelle dei principali indici azionari e quella dell’indice di fiducia dei «piccoli») mostrano di nuovo un tentativo di convergenza.

I panel di gestori (29), promotori (20) e analisti (21) - che hanno risposto alle stesse domande sulla fiducia nella Borsa italiana che gli esperti di Gfk Cbi pongono ogni mese ai risparmiatori per costruire l’indice Bsi Gamma CorrierEconomia - danno invece l’idea di una fiducia degli operatori lontana dai massimi euforici (100%), ma comunque sopra la media (37,5%). Che è poi il livello a cui si trova oggi la speranza dei piccoli investitori (37,2%).
I più ottimisti in assoluto sono i promotori finanziari che sperano al 65,6%, seguono i gestori di fondi e patrimoni 54,9%. In terza posizione, con un 46%, si trovano invece gli analisti finanziari. «Forse il maggior ottimismo dei promotori riflette il ritorno di fiducia e di impegno azionario della clientela più aggressiva e più sofisticata che si rivolge ai consulenti con maggior frequenza», commenta Elio Conti Nibali , alla guida dell’Anasf, l’associazione che raccoglie molti professionisti del settore.

Andando a vedere più nei dettagli le varie anime dell’indice che compongono il barometro generale della fiducia si trovano i promotori in pole position sul destino delle azioni da qui a 12 mesi: l’84,2% è convinto che Piazza Affari sarà più in alto di dove è ora. Mentre solo il 52,4% degli analisti e il 55,2% dei gestori vota per l’ipotesi rialzo nel prossimo anno. Anche sull’orizzonte dei tre mesi i promotori brillano per ottimismo: il loro indice di incertezza (differenza tra ottimisti e pessimisti) è pari a 55%, contro il 34% dei gestori e il 38% degli analisti.
L’indice di rimbalzo più elevato, invece, è quello dei money manager: l’81,8% dei gestori vede la Borsa risalire il giorno dopo un crac. Analisti e promotori ci credono meno. L’ottimismo semestrale (le probabilità assegnate a un crash da qui a sei mesi) è invece appannaggio dei piccoli investitori. Anche i super ottimisti promotori (68%) non riescono a superare il loro 77%.
«L’unico dubbio è che l'ottimismo arrivi tutto adesso - dice Gianni Ferrari , vicepresidente dell’Aiaf, l’associazione degli analisti finanziari -. Non c’è mai stata euforia, finora. In questi due anni e mezzo abbiamo avuto una crescita costante del 10-12%: quella che si sogna in un mondo perfetto».


Fonte - Corriere della Sera