INDICE ARTICOLI

PARTE  2

.

Tassi USA & Macroeconomia

Il nervosismo dei mercati e la calma di Bernanke

Tassi USA & Macroeconomia

La crisi dei mutui e le colpe di Greenspan

Tassi USA & Macroeconomia

Credit crunch: Bernanke non vide il pericolo

Tassi USA & Macroeconomia

Possibile svolta nella politica monetaria ?

Italia - Bankitalia

Le preoccupazioni del Governatore

Italia - Tango Bond

Quanti falsi amici sui Tango bond

Italia - Patti Chiari

Bond italiani: 248 depennati

Italia - Patti Chiari

E' MIFID anche in Italia

   

Vai alla prima parte della Rassegna

 

+++  NEWS MERCATI   +++    Venerdì 3 Agosto 2007,  22:23  - Borsa Usa chiude in forte calo su  preoccupazioni per credito   +++  Venerdì 3 Agosto  2007,  23:56  - Borsa: Allarme Credito, Bear Stearns  Affonda Wall Street    +++   4 Agosto 2007  0:53  NEW  YORK   - BORSA: USA,  INCERTEZZA SU  400-600 MLD DEBITI LEGATI A  BUYOUT    +++   Venerdì 10 Agosto  2007, 14:03   +++   L'americana  Countrywide   lancia  l'allarme: condizioni  senza   precedenti  +++   Borsa: Europa Precipita; Listini Perdono  Attorno al 3%   +++   Wall Street Giu' Con Crisi  Subprime, Dow Jones  -2,83%   +++   Giovedì 16  Agosto 2007,  18:26  +++

Venerdì 17 agosto 2007   Sabato 18 agosto 2007   Domenica 19 agosto 2007
   
Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF

 

 

 

 

 

MUTUI: BCE E FED CONTRO CRISI;  BUSH, ECONOMIA E' SOLIDA  

09 Agosto 2007 - 22,50 New York - di Antonio Fatiguso
______________________________________________

La Bce e la Federal Reserve escono dall'amministrazione ordinaria e si muovono contro le turbolenze dei mutui subprime e la crisi di liquidità con un'iniezione di oltre 150 miliardi di dollari per ridare ossigeno ai mercati finanziari in Europa e Stati Uniti. La Banca centrale europea lancia in aggiunta un allarme: dopo gli Usa anche il Vecchio Continente è a rischio.
Il presidente George W. Bush, a conferma della delicata fase, ha sentito il dovere d'intervenire e di rassicurare sul fatto che "c'é abbastanza liquidità per consentire una correzione" dei mercati, oltre a ribadire che "l'economia americana ha fondamentali solidi".
La lunga giornata di scossoni delle piazze finanziarie ha inizio questa volta dall'Europa. I listini di Borsa del Vecchio Continente sono andati sotto pressione dopo che Bnp Paribas ha annunciato la sospensione dei riscatti di tre hedge fund: al 27 luglio i fondi possedevano asset per 2 miliardi di euro di cui un terzo costituito da esposizioni subprime. Le turbolenze dei mutui Usa ad altro rischio, dopo aver piegato la tedesca Ikb, hanno causato una perdita da inizio anno di 189 milioni di dollari per la banca olandese Nibc.
La Banca centrale europea ha deciso allora di muoversi e di annunciare un finanziamento fine tuning, per far fronte alla improvvisa salita dei tassi di mercato. L'operazione, del valore di 94,841 miliardi di euro, ha soddisfatto integralmente la domanda di 49 istituti di credito di Eurolandia ed è la più grande mai fatta finora dalla Bce in una singola manovra. E' sufficiente ricordare che dopo l'attacco terroristico alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001, in due operazioni, il 12 e 13 settembre, la Banca centrale europea fornì liquidità per 69 e 40 miliardi, per complessivi 109 miliardi di euro.
La Federal Reserve, da parte sua, ha effettuato una doppia operazione di rifinanziamento pronti contro termine della durata di 14 giorni, con un'iniezione di liquidità da due trance, disposte a breve distanza l'una dall'altra e di 12 miliardi di dollari ciascuna. Il provvedimento, anche in questo caso, si è reso indispensabile quando il tasso di mercato overnight ha aperto al 5,5%, 25 punti base in più dei Fed Funds.
Di prima mattina la Bce nel suo bollettino mensile aveva lanciato l'allarme sull'estensione possibile della crisi all'Europa perché "il mercato mondiale dei prestiti a elevata leva finanziaria, ivi compreso un ampio segmento europeo, mostra alcune analogie con il mercato statunitense dei mutui ipotecari di qualità non primaria che potrebbero dar adito a timori per la stabilità finanziaria nel caso di una svolta avversa nel ciclo del credito".
La mossa delle due banche centrali riesce a contenere le perdite dei listini in Europa intorno al 2%, mentre Wall Street sprofonda nel finale con perdite a ridosso del 3%. La vigilanza resta alta, come spiega il Dipartimento del Tesoro Usa guidato dall'ex capo di Goldman Sachs, Henry Paulson, perchà la volatilità è "destinata a durare a lungo", rileva Norbert Walter, capo economista di Deutsche Bank.
Il problema di fondo, infatti, è che i bilanci di società finanziarie e bancarie sono imbottiti di mutui subprime, acquistati (soprattutto nelle forme cartolarizzate) per la forte remunerazione assicurata. Almeno fino a quando lo schema non si é rotto, come nel caso di Bear Stearns.
Goldman Sachs, pur avendo sempre escluso il contagio dai subprime, ha avviato l'alleggerimento delle posizioni più rischiose di un secondo hedge fund, North American Equity Opportunities (in aggiunta a quanto fatto con Global Alpha), che aveva nel 2006 asset in gestione per 767 milioni di dollari e che perde il 15% da inizio anno, l'11% solo a luglio.
Le turbolenze sui mercati fanno aumentare le probabilità che la Federal Reserve possa ridurre i tassi d'interesse già a settembre: i future sui Fed Funds hanno prezzato all'82% il taglio nel prossimo mese, a fronte del 25% di ieri. Sui mercati, alla ricerca di un'iniezione di fiducia (e di capitali), si è addirittura diffusa la voce che la Fed possa allentare la presa in un meeting del Board monetario (Fomc) da tenere tra i due appuntamenti in calendario del 18 settembre e del 30-31 ottobre, per rafforzare la liquidità sui mercati del credito.

 

Fonte - ANSA

 

 

 

 

At THE END OF THE DAy  

10 Agosto 2007 New York - di Macromonitor
_____________________________________

Anche oggi, le banche centrali di Stati Uniti, Europa, Giappone, Canada ed Australia hanno iniettato liquidità nel sistema per scongiurare il rischio di un credit crunch. La giornata si è aperta in Asia-Pacifico, con la Bank of Japan a prestare fondi extra per l’equivalente di 8,5 miliardi di dollari, la Reserve Bank of Australia ha fornito 4,2 miliardi di dollari, nuovo massimo da tre anni. In Europa, la Bce ha reiterato l’intervento di ieri, su scala ridotta di 61,05 miliardi di euro, a fronte tuttavia di richieste del sistema bancario pari a 110 miliardi di euro. L’immissione di liquidità ha contribuito a frenare l’ascesa del tasso overnight al 4,27 per cento, contro il picco di 4,31 per cento di ieri prima che venissero aperte le chiuse della liquidità, ma ha messo di cattivo umore i mercati azionari, che si attendevano ben altro, nell’abituale alternanza di salvataggi che generano moral hazard che generano altri salvataggi, una sequenza su cui i policy makers dovranno fermarsi a riflettere, prima o poi.

All’apertura delle operazioni oltreoceano, la Fed si è accodata alla fornitura di liquidità, costretta dal fatto che il tasso sui Fed Funds aveva toccato l’inquietante livello del 6 per cento, contro il livello ufficiale di 5,25 per cento, ma ha fatto di più: nel primo intervento, effettuato per un importo di 19 miliardi di dollari (su 38 totali, in tre riprese) dalla branch di New York, l’istituto di emissione statunitense ha acquistato (più propriamente, ha accettato come collaterale dell’operazione di pronti contro termine a tre giorni) dalle controparti obbligazioni mortgage-backed, proprio la tipologia di titoli sui quali la liquidità era evaporata, e che rischiavano/rischiano di impiombare gli stati patrimoniali dei prestatori, causando prima o poi qualche vittima illustre.

Che accadrà da lunedì prossimo? Dopo la stabilizzazione da prese di profitto (da weekend) di quanti erano corti, viste oggi a Wall Street, forse la situazione finirà progressivamente con il normalizzarsi, ed entro pochi giorni qualche “esperto” ci segnalerà che il settore bancario e finanziario, nei due lati dell’Oceano Atlantico, è diventato una grande occasione, e pazienza se tra poche settimane gli aggregati monetari ci segnaleranno che abbiamo nuovamente aumentato il rischio inflazionistico: i bonus di Wall Street saranno salvi. Forse il processo di aggiustamento sarà più lento e doloroso, ma la lezione che le banche centrali dovrebbero auspicabilmente trarre è che i salvataggi andrebbero calibrati discernendo tra singoli operatori e sistema, cioè in base alla gravità del contagio. Non sapremo mai (forse) se la Banca Centrale Europea ieri è intervenuta perché sapeva qualcosa che il mercato ignorava; è bastato quell’intervento per convincere il mercato che qualcosa di orribile stava per accadere.

Errori segnaletici (cioè reputazionali) a parte, le banche centrali non dovrebbero essere usate come psicofarmaci: a lungo andare creano dipendenza, ed altre spiacevoli manifestazioni, come quella qui sotto, che coglie chi vorrebbe che Bernanke diventasse realmente Helicopter Ben, e lanciasse denaro dal cielo, per permettere agli investitori di continuare a vivere felici e contenti.

 

 

Fonte - Macromonitor.com

 

 

 

 

BORSA: FED RASSICURA CON 38 MLD

11 Agosto 2007 New York - di ANSA
_______________________________Wall Street tiene le posizioni ed evita il tracollo che ha colpito le Borse di Asia e Europa, risollevandosi dalle pesanti perdite incoraggiata dall'iniezione di liquidità per 38 miliardi di dollari della Federal Reserve.
Il Dow Jones, che cedeva l'1,61%, termina in calo di appena lo 0,23% (a 13.329,54 punti), il Nasdaq si ferma a -0,45% (da un minimo di -2,09%), mentre lo Standard & Poor's 500 sale dello 0,04%, a 1.453,64 punti, con un vero balzo da quota
-1,61%.
La Fed aiuta i mercati con un'operazione, sviluppata in tre tranche, di pronti contro termine per complessi 38 miliardi, mettendo a segno la manovra più corposa in un solo giorno dopo i 75,3 miliardi e gli 81,25 miliardi erogati l'11 e il 14 Settembre del 2001, in scia al panico degli attentati alle Torri Gemelle. La banca centrale Usa spiega in una nota che "continuerà a vigilare sui mercati assicurando la liquidità per l'ordinato funzionamento dei mercati".
"La Fed prova a muoversi nella giusta direzione", commenta Lewis Alexander, capo economista di Citigroup, secondo cui da un lato "non vuole restare in attesa aspettando di vedere cosa succede e, dall'altro, non vuole contribuire alla volatilità dei mercati". L'iniziativa della Fed "ha avuto un immediato impatto di ritorno alla calma", aggiunge da parte sua Lou Crandall, capo economista di Wrightson Associate. "Il mercato - rileva - aspettava segnali sul fatto che la banca centrale riconosce il problema e che vorrebbe essere di supporto". In aggiunta, l'Fmi valuta "gestibili" le "conseguenze sistemiche di un riassestamento del rischio del credito".
Eppure la partenza non è stata delle migliori dopo che sono emersi altri segnali d'allarme. Countrywide Financial, il più importante operatore Usa nel comparto del credito immobiliare, ha ammesso di trovarsi in grandi difficoltà per la crisi legata ai subprime. In una nota inoltrata alla Sec, la società ha precisato di aver registrato "perdite senza precedenti" a valere sull'esposizione su questi strumenti, con la conseguenza che ne risentiranno gli utili. Countrywide ha toccato una perdita superiore al 12% e termina a 27,86 dollari (-2,79%).
Washington Mutual, la compagnia finanziaria con una solida specializzazione in prestiti, ha reso noto che la liquidità "é diminuita in modo significativo": i titoli chiudono a 35,95 dollari (-2,2%).
La Sec, la Consob Usa, ha deciso di passare al setaccio i report finanziari delle maggiori banche d'affari Usa, allo scopo di far luce sull'effettiva esposizione sul segmento subprime, che negli ultimi anni hanno contribuito alla chiusura di bilanci record. Nel mirino sono finiti, tra gli altri, Goldman Sachs (-0,96% a 180,50 dollari) e Merrill Lynch (-0,75% a 74,12 dollari). Male Bear Stearns (-3,38% a 110,20 dollari).

 

Fonte - ANSA

 

 

LA CHIAMAVANO LIQUIDITA'  

16 Agosto 2007 New York - di Macromonitor
______________________________________________

Quando, il 14 agosto, i giornalisti di CNBC hanno annunciato la breaking news del blocco dei rimborsi alla clientela da parte del fondo “monetario” (money market) Sentinel, siamo stati colti da un sottile brivido. Ma come, anche i fondi monetari bloccano i rimborsi? Quei fondi che investono in titoli a breve e brevissimo termine, in titoli che si suppone siano molto liquidi e privi di rischio? Certo, molti fondi monetari oggi investono anche in obbligazioni societarie a breve termine, e non solo in titoli di stato, ma la notizia restava raggelante. Poi, leggendo meglio il comunicato di Sentinel, siamo stati colti dai dubbi.
In primo luogo, la società di gestione informava di aver richiesto alla Commodity Futures Trading Commission l’autorizzazione a sospendere i rimborsi “fino a quando potremo onorarli in modo ordinato”, così come era scritto in una lettera ai clienti pubblicata sul sito di Sentinel il 13 agosto. Un fondo monetario non chiede autorizzazioni all’autorità che vigila sulle transazioni in futures. Immediata la reazione dei legali dei clienti, che hanno parlato di violazione dei termini contrattuali, perché i clienti potrebbero aver bisogno di liquidare immediatamente il fondo Sentinel per far fronte a richieste di margini da parte della cassa di compensazione sui futures. Notate la ricorrente associazione tra Sentinel e futures, tra poco scopriremo il motivo. Nel frattempo, la CFTC dichiarava di non avere alcun potere per autorizzare Sentinel a bloccare i rimborsi.
Sul sito web della società di gestione si apprende che Sentinel investe per clienti quali fondi di managed-futures, privati facoltosi e fondi hedge che vogliono poter ritirare rapidamente la propria liquidità in caso di necessità. Si tratta quindi di un fondo specializzato “di servizio”, dedicato soprattutto a chi opera sui futures. La cosa più interessante è che il fondo Prime Portfolio di Sentinel aveva, al 30 giugno, l’82 per cento del proprio attivo investito in titoli a tasso variabile. E fin qui, il profilo sembra corrispondere a quello di un fondo di liquidità. In realtà, la società informa che la scadenza media ponderata del portafoglio titoli è pari a 33 anni, soprattutto in obbligazioni societarie. Non esattamente un fondo di liquidità, che dite?

La verità è che Sentinel ha investito in titoli strutturati, come i CDO (collateralized debt obligation) e probabilmente anche in titoli subordinati perpetui, che hanno scadenza formale lunghissima, con l’evidente scopo di ottenere una remunerazione ben maggiore rispetto a quella del “vero” mercato monetario. Si chiama rapporto rischio/rendimento, ma per molti, negli ultimi anni, la parola rischio è scomparsa dai radar.
Attendetevi simili aberrazioni anche dalle nostre parti, è solo questione di tempo. Ma non attendetevi spiegazioni dai super-gestori che riescono a “far meglio di Bot e Cct”. Quelle non le avrete. Si chiama azzardo morale, è il vecchio gioco del cerino, ma questo al vostro sportello bancario non ve lo diranno. E non solo per incompetenza del personale addetto alla clientela.

 

Fonte - Macromonitor.com

 

 

 

 

 

   Il nervosismo dei mercati e la calma di Bernanke

02 Agosto 2007 Milano - di Giacomo Vaciago
________________________________________

Il 2007 promette di essere un anno importante per capire quali siano le regole ottimali della politica monetaria, nel contesto del grande sviluppo dei mercati finanziari che sta caratterizzando l'economia globale. Le recenti sofferenze delle Borse, a cominciare da quelle americane, dimostrano che i rialzi dei tassi fin qui attuati rischiano di provocare una recessione? È dunque imminente una riduzione del costo del denaro, partendo da quello praticato dalla Fed, come sembrano scontare ora i mercati?
Per rispondere a queste due domande, molto dibattute negli ultimi mesi, è opportuno considerare anzitutto i risultati delle ricerche pubblicate negli anni '90 dall'allora professore a Princeton, oggi chairman della Fed, Benjamin S. Bernanke. In quei lavori scientifici che gli hanno dato meritata fama Bernanke affrontava soprattutto due temi: quello della fragilità finanziaria e in connessione ad essa la possibilità che avvengano crisi economiche (anche gravi, come quella del '29); e quello dell'utilità o meno che la politica monetaria risponda a variazioni dei prezzi delle attività patrimoniali (azioni, immobili). Non si ricorda altro caso di banchiere centrale che si trovi a fare politica monetaria in condizioni così simili a quelle da lui stesso a lungo studiate.
Ciò che importa sottolineare è che, finora, le difficoltà che sono emerse negli Stati Uniti durante l'ultimo anno non hanno smentito le previsioni del Bernanke accademico. La fragilità del sistema finanziario è confermata ed è soprattutto dovuta alla mancata percezione della rischiosità dei nuovi strumenti finanziari. Come dimostra la vicenda dei prestiti immobiliari a clienti poco affidabili (subprime): l'innovazione finanziaria è rivolta alla riduzione e/o gestione del rischio, ma quando esagera poi il rischio si vendica. Le conseguenze non sono gravi (a parte gli effetti redistributivi tra chi i soldi prima li ha fatti e chi oggi ce li rimette), se non viene contagiata la struttura bancaria. Sono le banche che quando falliscono provocano guai grossi.
Ma fin qui le gravi perdite relative ai mutui immobiliari non hanno messo in forse la solidità delle banche a stelle e strisce. Non hanno fatto deragliare l'economia e non hanno neppure intaccato l'ottimismo del consumatore americano. Il quale sembra comportarsi proprio come l'agente razionale dei corsi universitari, che compensa nel tempo guadagni e perdite di capitale più o meno casuali, e continua ad aumentare i suoi consumi in linea con il tasso di crescita di lungo periodo della produttività.
Troppo bello per esser vero?
Il secondo contributo analitico del Bernanke studioso riguarda le variabili che influenzano l'azione della Banca centrale: devono essere solo l'inflazione attesa (da mantenere vicina al 2% annuo) e la piena occupazione (misurata da una disoccupazione vicina al 4,5%)? Oppure la politica monetaria dovrebbe anche reagire alle variazioni dei prezzi delle azioni, evitando che si formino "bolle" da eccessivo ottimismo e successive crisi anche gravi quando poi le bolle scoppiano?
Bernanke in vari lavori scientifici dimostrò che bene fa la Banca centrale a ignorare la Borsa, sia quando sale sia quando scende. O meglio, dovrebbe tener conto dei prezzi delle azioni solo se danno informazioni utili a misurare le aspettative inflazionistiche. Se i movimenti della Borsa fossero interpretabili come corretta anticipazione di ciò che succederà ai prezzi dei beni e all'economia in generale, allora il banchiere centrale farebbe bene a tenerne conto. Mentre Alan Greenspan, uomo che veniva dal mercato mobiliare, ha variato i tassi, soprattutto all'ingiù, per rispondere agli andamenti dei listini azionari, soprattutto delle brusche cadute.
Da queste brevi note emergono due aspetti di attualità che merita sottolineare. Primo, le regole di politica monetaria adottate dal governatore Bernanke sono molto più ortodosse di quelle del suo famoso predecessore, Alan Greenspan, che non a caso era più gradito ai mercati finanziari, ai quali riservava continui complimenti e attenzioni. Bernanke è invece un accademico cresciuto alla scuola del premio Nobel Joseph Stiglitz: i mercati finanziari sono macchine umane che possono anche sbagliare, spesso lo fanno, e il banchiere centrale nulla dovrebbe fare per ridurre le loro perdite quando le hanno meritate.
Secondo, una correzione delle Borse anche più pronunciata di quella fin qui vista non farà ridurre i tassi della Fed fintantoché lo scenario prevedibile rimarrà quello finora osservato: l'economia americana è in buone condizioni, resta in piena occupazione e l'inflazione è un po' più alta di quella desiderata. Non è Bernanke a essere un accademico rigido, è l'economia americana che è molto flessibile.

 

Fonte - Il Sole 24 Ore

 

 

 

Martedì 21 agosto 2007   Mercoledì 22 agosto 2007   Giovedì 23 agosto 2007
   
Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF

 

 

 

 

La FED taglia il tasso di sconto

17 Agosto 2007 14:38 NEW YORK (ANSA)

La Federal Reserve taglia di 50 punti base, dal 6,25% al 5,75%, il tasso di sconto, in quanto "le condizioni dei mercati si sono deteriorate". La Fed annuncia che il Federal Open Market Committee e' pronto a fare tutto quanto sara' necessario per sostenere l'economia. Le considerazioni espresse sembrano preludere ad un taglio dei Fed Funds, cioe' il tasso overnight, per ora fermi al 5,25%.
La banca centrale statunitense oggi é intervenuta sul tasso di sconto allo scopo - viene precisato nella nota - di attenuare il differenziale fra questo stesso tasso ed i Fed Funds, che rappresentano appunto il riferimento per i mercati. Il comunicato della Federal Reserve aggiunge peraltro che la banca "sta seguendo l'evolversi della situazione ed è pronta ad intervenire adeguatamente per mitigare gli effetti avversi che saranno arrecati all'economia dall'attuale fase di deterioramento dei mercati finanziari". In pratica, si fa capire che la Fed si prepara ad un taglio anche del tasso overnight, una decisione su cui il mercato da qualche giorno del resto sta scommettendo, al punto da aver ipotizzato anche un meeting straordinario del FOMC ad agosto.

 

Fonte - ANSA

 

 

 

 

 

 

   La crisi dei mutui e le colpe di Greenspan

22 Agosto 2007 Milano - di T. Boeri e L. Guiso
________________________________________

Difficile prevedere quanto durerà la crisi in corso sui mercati finanziari di tutto il mondo. La dinamica ricorda quella di crisi precedenti, a partire da quella del 1998 (default russo e collasso del fondo Ltcm) di cui molti hanno oggi perso memoria. Un eccesso di liquidità (inteso come abbondante disponibilità di prestiti a basso costo) si è di colpo trasformato in difetto di liquidità, nel senso che molti operatori faticano a vendere i titoli che hanno in portafoglio senza provocare forti riduzioni del loro prezzo.
Niente di direttamente paragonabile, invece, alla crisi del 1929. Per fortuna Ben Bernanke, il Presidente della Federal Reserve ha studiato a fondo quella crisi: nella sua ricostruzione, la "Grande Depressione" fu scatenata da un crollo della produzione e dei consumi amplificato dai tagli drastici al credito alle imprese effettuati dalle banche in parte perché la Fed non fece quello che avrebbe dovuto: agire da prestatore di ultima istanza.
Esattamente l´opposto di quanto sta accadendo oggi, con una economia mondiale che continua a crescere a tassi molto sostenuti e con le banche centrali che hanno finora assolto al loro ruolo. Il vero fattore in comune con la Grande Depressione è l´epicentro della crisi: gli Stati Uniti.
Tornando al presente, è utile cercare di spiegare le cause scatenanti la crisi. Tre fattori contribuiscono alle difficoltà dei mercati finanziari indotte dai (temuti) defaults sui mutui subprime negli Stati Uniti: i) la bassa alfabetizzazione finanziaria delle famiglie, ii) l´innovazione finanziaria insita nella massiccia cartolarizzazione di attività illiquide e iii) la politica dei bassi tassi di interesse seguita dalla Fed dal 2001 al 2003. La terza causa è di gran lunga la più importante. Senza il contributo di Greenspan la crisi probabilmente non ci sarebbe mai stata.
Il primo fattore è un insieme di cattiva informazione, inesperienza finanziaria e miopia dei consumatori/investitori che si sono lasciati attrarre dalla prospettiva di ottenere mutui a tassi mai visti prima, estrapolando ai trenta anni successivi i tassi prevalenti sulle prime rate. Questa miopia è stata nutrita e sfruttata dalle banche e dalle finanziarie specializzate in mutui per attrarre e catturare clienti. Non diversamente da quanto hanno fatto in altre circostanze suggerendo agli investitori impieghi finanziari inadatti alla loro tolleranza del rischio: in entrambi i casi a farla da padrone è il conflitto di interesse che antepone il conseguimento di profitti immediati da parte dell´intermediario (commissioni e interessi nel caso dei mutui; commissioni nel caso della vendita di strumenti di investimento) alle necessità del cliente.
L´alfabetizzazione finanziaria è molto bassa in Italia, ma lo è molto anche negli Stati Uniti. Solo due terzi degli americani conosce le leggi della capitalizzazione composta, dunque sa calcolare i costi dell´indebitamento. Meno di un cittadino statunitense su due sa misurare gli effetti dell´inflazione sui costi dell´indebitamento. L´analfabetismo finanziario è notevolmente più alto fra i sottoscrittori dei subprime. Gli intermediari hanno ampiamente approfittato di questa bassa cultura finanziaria.
Il secondo ingrediente è l´innovazione finanziaria degli ultimi 10 anni e la scala raggiunta dalle cartolarizzazioni. Oggi è facile liquidare un pacchetto di crediti per loro natura illiquidi – quale un insieme di prestiti bancari o di mutui ipotecari – emettendo a fronte titoli rappresentativi del pool che vengono poi collocati sui portafogli degli investitori. Qualunque banca con sofferenze all´attivo ha colto questa opportunità e ha cartolarizzato i propri crediti. Come tutte le innovazioni finanziarie ha i suoi pro e i suoi contro.
Il vantaggio è quello di rendere liquido un credito illiquido, consentendo importanti guadagni di efficienza perché permette, ad esempio, di prendere posizioni a più lungo termine e a più elevato rendimento. Serve anche a spalmare il rischio di insolvenza su di una platea più vasta, riducendo il grado di esposizione del singolo operatore. Ma le cartolarizzazioni finiscono anche per allentare gli incentivi degli intermediari a monitorare il comportamento del prenditore iniziale di fondi. Inoltre, dato che è possibile liquidare con maggior facilità un credito divenuto rischioso, si riduce l´incentivo delle banche a selezionare con cura i clienti, aprendo quindi le maglie anche a creditori di bassa qualità.

I due fattori precedenti non sono nuovi. Anche per questo motivo, senza il terzo fattore, il lascito del banchiere centrale del secolo, la crisi probabilmente non ci sarebbe mai stata. La politica monetaria dei bassi tassi che Alan Greenspan ha imposto come risposta alla recessione successiva all´11 settembre del 2001 e all´esplosione della bolla della new economy, ha immesso una quantità enorme di liquidità nel sistema, portando i tassi di interesse a breve all´1 per cento, il livello più basso da 50 anni a quella parte. Di più, Greenspan ha tenuto per almeno due anni i tassi di interesse significativamente al di sotto del loro livello di equilibrio. Tassi di interesse per lungo tempo così bassi, spesso negativi in termini reali, sugli strumenti tradizionali di investimento e eccesso di liquidità invogliano i prestatori di fondi a prendere maggiori rischi per strappare rendimenti decenti. È quello che è puntualmente accaduto: intermediari in cerca di profitti hanno esteso credito a famiglie e imprese con limitata solidità finanziaria.

Investitori più o meno esperti hanno riallocato i loro portafogli verso attività più lucrative ma per questo più rischiose per cercare di accrescere il loro capitale o anche solo per preservarne il potere di acquisto. Bassi tassi sul debito, a breve e a lunga scadenza, hanno richiamato frotte di debitori, famiglie innanzitutto, che vedevano la possibilità di acquistare quello che in tanti anni nel passato era stato fuori dalla loro portata. Al contempo hanno spinto i prezzi delle abitazioni verso l´alto, ulteriormente incoraggiando l´estensione di credito, tanto, si pensava, vi è dietro il valore dell´immobile a garanzia.

Grazie Alan! Si paga oggi il conto della sovrareazione alla recessione del 2001. La Bce è stata saggiamente più guardinga e si è lasciata solo parzialmente tentare dalle spinte keynesiane a ridurre i tassi (già assurdamente bassi) per aggredire la stagnazione europea. Molti vorrebbero che lo facesse ora. Gli stessi che paventano oggi una nuova crisi del 1929 invocano politiche keynesiane del tipo di quelle seguite negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania dopo la Grande Depressione. Bene invece non ripetere l´errore di Greenspan, evitare politiche monetarie troppo accomodanti per troppo tempo.
Oggi le banche centrali fanno bene a immettere liquidità nel sistema, anche perché in queste crisi c´è da aver paura della paura: aspettative irrazionali possono scatenare spinte ribassiste che fanno avverare le profezie più pessimistiche. Inoltre la crisi dei mercati colpisce tutti in modo indiscriminato, anche chi non ha concesso mutui alla leggera. Il comunicato della Fed di venerdì scorso non chiarisce però se è questo l´intento del calo di mezzo punto del tasso di sconto o se è il preludio di una nuova sovrareazione alla crisi dei mercati. Sarà dunque importante dimostrare presto che si è imparata la lezione, evitando di ripetere l´errore di Greenspan. Non gettiamo oggi, come fatto tante volte in passato, i semi della crisi futura con una reazione eccessiva alla crisi corrente.

 

Fonte - www.lavoce.info

 

 

 

 

   Credit crunch: Bernanke non vide il pericolo

30 Agosto 2007 New York - di CRAIG TORRES
________________________________________

Inflazione e rallentamento della produttività. Erano questi gli unici fantasmi per Ben Bernanke ancora agli inizi di agosto, cioè alla vigilia del terremoto creditizio che ha fatto tremare le borse mondiali. Lapesante sottovalutazione della bufera emerge dai verbali della riunione del 7 agosto della Fed.
I documenti, infatti, mostrano che la Federal Reserve, a 18 mesi dalla nomina di Bernanke alla presidenza dell’istituto, era intenta a proteggere la propria credibilità di baluardo contro l’inflazione. Solo una decina di giorni più tardi, però, la banca centrale ha tagliato il tasso di sconto (il 17 agosto). E gli investitori ora pensano che i policy makers abbasseranno di un quarto di un punto a quota 5% il benchmark rate nel loro incontro del 18 settembre, se non prima. Secondo alcuni economisti, a questo punto la preoccupazione per l’inflazione potrebbe scoraggiarli dal decidere un taglio maggiore. O dissuaderli dal segnalare una serie di tagli. Ma il taglio «sarà difficile da evitare in settembre», dicono analisti comeBrian Sack, vicepresidente Macroeconomic Advisers.
È il 17 agosto, dunque, il giorno simbolo della retromarcia della Fed. Bernanke ha del tutto abbandonato il suo riferimento all’inflazione quando ha tagliato il tasso di sconto e ha dichiarato che «i rischi di ribasso della crescita sono aumentati in modo sensibile». Le registrazioni della videoconferenza nel corso della quale i policy makers hanno cambiato rotta, però, non saranno disponibili prima di ottobre. Ancora all’inizio di agosto, la banca centrale vedeva lo sconvolgimento nei mercati del credito come concentrato nei mutui subprime, con «un piccolo net change nel costo del credito per le attività investment-grade», come mostrano i verbali.
Questa conclusione non rilevò i crescenti segnali di stress in diversi mercati, sostengono gli analisti. Eppure ai tempi del meeting del 7 agosto, il mercato azionario aveva perso circa 1.300 miliardi di dollari di capitalizzazione dopo che, in luglio, gli indici benchmark avevano raggiunto livelli record. Il 24 luglio Countrywide Financial, il numero uno americano nei prestiti per le case, aveva annunciato il suo terzo trimestre consecutivo con profitti in calo e tagliato le stime per l’intero bilancio 2007, dal momento che anche i mutuatari di primordine faticavano a rimborsare i prestiti. Il bilancio ha mostrato come le insolvenze si stessero allargando ai prestiti meno rischiosi.
«I verbali Fed indicano che hanno sottostimato quanto il problema nel mercato del credito fosse diventato profondo », ha commentato Scott Minerd, responsabile degli investimenti della Guggenheim Partners di Santa Monica, California, dove contribuisce a gestire 24 miliardi di dollari. «Prima della riunione, il mercato stava chiaramente scollando ».
Dal quel momento, i policy makers hanno tentato di alleggerire la morsa con una serie di strumenti. Anzitutto, hanno fatto la maggiore iniezione di fondi sui mercati monetari dall’11 settembre 2001. Poi hanno tagliato il tasso richiesto dalla Fed alle banche per i prestiti diretti. Inoltre, Bernanke aveva autorizzato le banche a convogliare discount-window borrowings (finestre di credito speciali) alle proprie sussidiarie per migliorare l’accesso dei clienti al capitale.

Il finanziamento per i prestiti e i valori mobiliari a rischio rimane ancora costoso o vincolato. I tassi d’interesse sui mutui jumbo, o su quelli più alti di 417.000 dollari, sono lievitati a 106 punti base più del costo di mutui più piccoli, contro i 39 punti base dell’inizio del mese. Un punto base è 0,01 un punto percentuale. «Vista la situazione del mercato, credo che sarebbe molto difficile» per la Fed tagliare il tasso-obiettivo il prossimo mese, ha detto John Silvia, capo economista della Wachovia di Charlotte, Carolina del Nord. «La Fed andrà avanti e in settembre ridurrà di 25 punti base e quindi starà a vedere quello che succederà dopo ».
I rendimenti sulle note biennali del Tesoro sono oltre un punto percentuale al di sotto del tasso di riferimento della Fed che è del 5,25%, indicando che gli investitori anticipano una serie di tagli. Resta comunque quello spettro inflazione che aveva annebbiato Fed a inizio agosto. I verbali mostrano che gli strateghi non erano ancora persuasi del fatto che i prezzi avevano rallentato abbastanza da poter abbassare la guardia. La Fed ha detto che parte della moderazione nei quattro mesi fino a giugno era dovuta a categorie «volatili» come l’abbigliamento.Ele stime sull’inflazione per il prossimo anno sono rimaste «immutate» anche se i prezzi del petrolio sono crollati. LaFed ha sottolineato che«i partecipanti sono rimasti preoccupati per i fattori che potrebbero aumentare la pressione sull’inflazione», incluso un più lento tasso di crescita della produttività. Gli economisti hanno anche citato gli alti livelli di «utilizzo delle risorse», riferendosi al tasso di disoccupazione che rimane storicamente basso.
Secondo il ministero del Lavoro, nel 2006 la produttività è cresciuta del 1%, il più piccolo guadagno dal 1995. Nel tagliare le loro stime sulla crescita economica del 2007 e del 2008, gli economisti della Fed hanno tenuto conto del rallentamento della produttività. «Se hai una crescita della produttività più lenta - c’è scritto nei verbali - i mercati fermi la traducono in maggiore inflazione, ecco perché c’è un’estrema attenzione all’inflazione», ha detto Robert Eisenbeis, ex capo della ricerca alla Federal Reserve Bank of Atlanta.Aggiungendo che un tagli dei tassi al meeting di settembre non è un esito scontato. Ma faceva le sue analisi senza accorgersi dei cicloni in arrivo. Che, peraltro, parevano tutt’altro che invisibili.
 
 

Fonte - Bloomberg - Finanza&Mercati

 


 

 

 

Liquidity daily  

21 Agosto 2007 New York - di Macromonitor
______________________

il problema della liquidità è che non c’è mai quando ti serve. Fra il generale nervosismo, si moltiplicano le iniziative di alcuni dei partecipanti al mercato per ridurre limitare i danni dovuti all’improvviso inaridimento delle fonti di finanziamento a breve termine, con le quali avevano effettuato investimenti a lungo termine: la cosiddetta trasformazione delle scadenze, tipica attività bancaria che ha già causato più di una crisi finanziaria.
Ieri, Thornburg Mortgage Inc. ha liquidato 20 miliardi di dollari del suo portafoglio di mutui, accettando una perdita di circa 900 milioni, per poter ricominciare ad erogarne di nuovi; la mossa giunge dopo la chiusura del mercato secondario dei mutui e il rifiuto di estendere linee di credito per finanziare il “magazzino” di mutui già in essere.
KKR Financial, la divisione del colosso di private equity KKR attiva nei prestiti subprime, ha annunciato un aumento di capitale di 230 milioni di USD, che potrebbe raggiungere i 500 in caso di necessità. Gli acquirenti delle nuove azioni sono un gruppo di sette investitori istituzionali, fra i quali spiccano Farallon Capital Management, Morgan Stanley and Sageview Capital.
Oggi, la Bank Of England ha annunciato che la linea di finanziamento di “emergenza”tramite la quale presta denaro a tassi superiori a quelli di mercato è stata impiegata per 300 milioni di sterline. In realtà l’impiego di tale linea non è un evento tanto eccezionale da non avvenire almeno una volta ogni paio di mesi e per importi anche maggiori.
HBOS Plc, prima banca nel Regno Unito per volume di mutui concessi, ha dichiarato che fornirà la liquidità necessaria in caso di problemi per Grampian LLC, la”conduit“, ossia il veicolo societario che ha emesso debito a breve per 35 miliardi di dollari a fronte di mutui originati dalla casa madre. Ci si consola pensando che, perlomeno, HBOS ha un motivo per avere una divisione che possiede mutui e ha necessità di finanziarli, visto che si tratta del proprio oggetto sociale.

 

 

 

SE QUARANTA VI SEMBRAN POCHI

22 Agosto 2007 New York - di Macromonitor
______________________

LA BCE ha appena iniettato altri quaranta miliardi di euro di liquidità nel sistema, dopo le aggiunte dei giorni scorsi. Questa volta, tuttavia, il denaro verrà prestato a tre mesi e non ad una settimana, fornendo una stampella di medio periodo al sistema bancario. Contemporaneamente, la Banca Centrale ha suggerito che sarebbe ancora dell’opinione di alzare comunque i tassi a settembre.
La mossa cerca di rinforzare un messaggio preciso: siamo qui per evitare che la crisi di liquidità possa portare a danni nel sistema dei pagamenti ed all’economia reale, ma la politica monetaria non diventerà ostaggio delle ubbie degli speculatori. Staremo a vedere se il segnale, decisamente poco ortodosso, sarà ascoltato.
Rimane, piccolo piccolo, un interrogativo: perché la BCE si sta impegnando con cifre circa 10 volte maggiori rispetto a quelle delle banche centrali giapponesi? Il sistema bancario tedesco, che sta uscendo con una reputazione per investimenti ai limiti dell’idiozia, è davvero messo tanto male da non trovare finanziatori al di fuori del Continente?

 

 

 

 

sUBPRME: DA BUSH UNA CIAMBELLA DI SALVATAGGIO  

31 Agosto 2007 Washington - di WSI

Il presidente americano abbandona il libero mercato e diventa assistenzialista per calmare le borse: ha annunciato interventi per risolvere la crisi con l'aiuto delle banche. Sostegno finanziario a chi è indietro con in pagamenti di almeno tre mesi.

______________________________________________

il problema della liquidità è che non c’è mai quando ti serve. Fra il generale nervosismo, si moltiplicano le iniziative di alcuni dei partecipanti al mercato per ridurre limitare i danni dovuti all’improvviso inaridimento delle fonti di finanziamento a breve termine, con le quali avevano effettuato investimenti a lungo termine: la cosiddetta trasformazione delle scadenze, tipica attività bancaria che ha già causato più di una crisi finanziaria.

Crescerà il ruolo del governo centrale statunitense per risolvere la crisi dei mutui subprime. George W. Bush annuncerà oggi alle 11.10 locali (le 17.10 in Italia), interventi normativi e iniziative che andranno incontro alle esigenze dei proprietari di casa che sono titolari di mutui subprime e che stanno affrontando costi crescenti. L'obiettivo è quello di evitare ulteriori insolvenze.

Il presidente degli Stati Uniti parlerà nel Giardino delle Rose delle Casa Bianca e presenterà delle riforme che dovrebbero permettere all'Ufficio federale degli alloggi (la Federal Housing Administration) di avere una maggiore flessibilità in modo da aiutare chi possiede un mutuo subprime ed è indietro con in pagamenti di almeno tre mesi.

In particolare la Federal Housing Administration dovrebbe cambiare il suo programma di ammortamento così da permettere a circa 80 mila proprietari di casa di accedere a ulteriori forme di credito.

All'interno del nuovo pacchetto normativo, George W. Bush dovrebbe annunciare anche un'iniziativa del governo che mira a identificare le persone che sono a rischio di insolvenza. Secondo le fonti, il presidente degli Stati Uniti intende lavorare in coordinamento con gli operatori finanziari per sviluppare prodotti finanziari più accessibili a questo segmento di popolazione.

Seppure l'obiettivo principale dichiarato non è quello di incidere sull'evoluzione dei mercati finanziari ma aiutare le persone in difficoltà, il momento scelto per l'annuncio sembra essere condizionato dalla possibile reazione di Wall Street.

Fonte - La Repubblica

 

 

 

 

 

   Possibile svolta nella politica monetaria ?

17 Agosto 2007 Milano - di Alberto Susic
________________________________________

Un vero e proprio salvataggio in calcio d'angolo ha permesso alle Borse europee di evitare un nuovo attacco dei ribassisti, che pure nel corso della mattinata hanno cercato di colpire ancora, salvo poi essere improvvisamente spiazzati dall'arrivo di una corposa ondata di acquisti. L'ultima seduta della settimana si conclude così con il sorriso per i listini del Vecchio Continente, che riescono ad azzerare quasi interamente le perdite della vigilia. Intanto proseguono lungo la via dei guadagni anche gli indici americani che, pur avendo ritracciato dai massimi segnasti a seguito di una fiammata iniziale poco dopo l'apertura, si muovono tutti in buon progresso.
Il merito di questo ritrovato buonumore è da ricondurre senza dubbio alla mossa a sorpresa della Federal Reserve che a circa un'ora dall'apertura delle Borse americane, ha annunciato il taglio di mezzo punto del tasso ufficiale di sconto, che scende così dal 6,25% a 5,75%. Il tasso di credito primario, ossia quello a cui la Banca centrale americana presta denaro a brevissimo termine alle banche, riduce così lo spread con i Fed Funds che invece restano fermi al 5,25%. Una condizione che verrà mantenuta fino a data da destinarsi, o meglio fino a quando sarà giudicato opportuno dal Board.
I mercati hanno salutato con molto favore questo annuncio, per molti versi inatteso, soprattutto dopo che nelle ultime ore era stata esclusa la necessità di un meeting straordinario, prima di quello già fissato per il prossimo 18 settembre. Il FOMC si è invece riunito ieri intorno alle 18, per prendere la sua decisione sui tassi, in un intervento “extra” che è il primo dai tempi dell'attentato terroristico dell'11 settembre del 2001. Una chiara dimostrazione questa di come i banchieri centrali, guidati da Bernanke, abbiano percepito l'estrema volatilità dei mercati finanziari, optando per un intervento più significativo rispetto a quello dei giorni scorsi.
Ricordiamo infatti che da più di una settimana la Fed si è impegnata a garantire la sufficiente liquidità al sistema monetario, attraverso l'immissione di nuove risorse a breve, di cui l'ultima è stata realizzata proprio oggi, con un pronti a termine a 3 giorni, del valore di 6 miliardi di dollari.
La riduzione di 50 basis points per il tasso di credito primario è stata decisa per promuovere e ristabilire condizioni ordinate nei mercati finanziari. Non a caso il Board ha deliberato contestualmente a tale mossa di allungare il periodo di finanziamento a 30 giorni, rinnovabile a richiesta del sottoscrittore.
In un breve comunicato, diffuso separatamente rispetto a quello contenente l'annuncio sul taglio del tasso ufficiale di sconto, la Federal Reserve ha spiegato che le condizioni del mercato finanziario si sono deteriorate e la situazione del credito, insieme all'aumentata incertezza, hanno il potenziale per ridurre la crescita economica negli Stati Uniti.

Nonostante gli ultimi dati macroeconomici abbiano confermato che la congiuntura ha continuato ad espandersi ad un passo moderato, i membri del FOMC ritengono che siano aumentati considerevolmente ora i rischi verso il basso per l'espansione economica. La Fed ha inoltre fatto sapere che è impegnata in un attento e scrupoloso controllo della situazione, che verrà ancora monitorata, dichiarandosi pronta ad intervenire, al fine di attenuare gli effetti che si potrebbero avere sui mercati dalle turbolenze in atto.
Un'indicazione quest'ultima che lascia intendere un probabile intervento anche sui tassi overnight, attualmente fermi al 5,25%. Un taglio si potrebbe avere in occasione del meeting del 18 settembre, anche se per alcuni potrebbe essere ancora troppo presto, visto che la Fed dovrebbe prima prendere visioni dei dati macro di prossimo rilascio. Solo in tal modo si potrà avere una visione più chiara dello scenario e si inizierà a valutare meglio l'entità dei danni effettivamente subiti dal tessuto economico.
Intanto però sono state già formulate diverse ipotesi in merito alle mosse future in materia di politica monetaria, tanto che Goldman Sachs (NYSE: GS - notizie) scommette per un costo del denaro del 4,5% entro la fine dell'anno. Già in occasione dell'incontro di settembre, e non è escluso anche prima, la Banca Centrale americana dovrebbe operare la prima riduzione dei tassi nell'ordine di 25 basis points.
Meno aggressiva invece la posizione dei colleghi di Lehman Brothers (NYSE: LEH - notizie) , che parlano invece di un costo del denaro al 4,75% entro fine anno, con due interventi che si dovrebbero materializzare nei prossimi due meeting, in agenda rispettivamente a settembre e a ottobre. E' importante notare che prima della decisione odierna, gli analisti della banca d'affari non si attendevano alcuna variazione sui tassi per il 2007. La riduzione però del tasso ufficiale di sconto, rappresenta a loro dire un primo segnale e anche alla luce di ciò Lehman Brothers ha rivisto le stime sulla crescita del Prodotto Interno Lordo americano che, nel quarto trimestre di quest'anno dovrebbe salire ora del 2%, per poi passare al 2,1% nei primi sei mesi del 2007.

La mossa odierna della Fed non dovrebbe rimanere isolata, perché pur essendo stata la prima Banca Centrale a mettere mano ai tassi, è facile pensare che si possano accodare ora anche le altre. In tanti sono a ritenere ora che la Banca Centrale europea non intervenga a settembre, rinunciando così all'aumento del costo del denaro che era stato già previsto dal mercato. Con ogni probabilità, anche la Banca Centrale giapponese e quella d'Inghilterra dovrebbero astenersi ora dall'incremento del loro tasso di riferimento, alla luce dell'attuale situazione del mercato.

Spostando l'attenzione sulle Borse invece, intanto possiamo dire che i listini, tanto europei quanto americani, hanno dato vita ad una prima reazione positiva, salutando con favore la decisione presa oggi dalla Fed. E' fin troppo difficile poter dire da ora se questo potrà rappresentare una vera e propria svolta, perché l'intervento odierno non è certo sufficiente a rischiare le fosche nubi che ancora di addensano sul fronte del settore dei mutui subprime e più in generale del credito.
Certo la decisione di ridurre il tasso ufficiale di sconto rappresenta una risposta più efficace al problema della carente liquidità, rispetto alle operazioni di acquisto delle singole banche, secondo quanto realizzato nei giorni scorsi. L'abbassamento del discount rate permette inoltre di mantenere un certo rigore verso le pressioni inflazionistiche, che rappresentano un tema cruciale per la Fed, da mesi ormai concentrata più sulla dinamica dei prezzi al consumo che sull'andamento della crescita economica.
Un intervento sui Fed Fund, come ben sappiamo, non sarebbe dispiaciuto già nei mesi scorsi al mercato azionario, ma sicuramente in condizioni diverse da quelle attuali. Un intervento più significativo del previsto sui tassi, rifletterebbe infatti un contesto macro particolarmente debole, alimentando così i timori su un rallentamento dell'economia maggiore delle attese.
E la minaccia di un “hard lending” non sarebbe certo gradita ai mercati che sconterebbero anche in anticipo la debolezza dei prossimi risultati trimestrali delle aziende quotate. Ma se i profitti calano, allora non ci saranno più validi motivi per tornare ad acquistare piene mani i vari titoli, che potrebbero riflettere già quotazioni in linea con fondamentali meno robusti di quelli dei mesi addietro.
In sintesi lo scenario si conferma ancora estremamente delicato e bisognerà valutare di giorno in giorno l'evoluzione dei listini, per capire quale sentiero potrà essere imboccato da questi ultimi. Una risposta a ciò arriverà ancora una volta dalle prossime indicazioni macro che forniranno un quadro sempre più chiaro e definito dell'impatto che l'attuale crisi avrà sull'espansione economica, non solo a stelle e strisce, ma globale.

 

Fonte - Corriere della Sera


 

 

..... Martedì 28 agosto 2007   Martedì 28 agosto 2007   Mercoledì 29 agosto 2007  
       
  Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF ..... Scarica in formato PDF .....

 

 

 

   Le preoccupazioni del Governatore

09 Agosto 2007 Roma - di Aberto Statera
________________________________________

Scaramanzia vuole che il dossier non sia sulla scrivania del governatore Mario Draghi, al primo piano di palazzo Koch, nello studio provvisorio a fianco della Sala degli Arazzi, dove troneggia la raffigurazione "tessile" di Diana che dinanzi al consiglio degli Dei invoca la "verginità perpetua". Ma come tutti i capi delle banche centrali e delle autorità europee, anche il governatore della Banca d´Italia lo sta silenziosamente compulsando, perché quel dossier contiene la prima "simulazione" per l´emergenza che potrebbe derivare dalla crisi di una grande banca continentale, magari tedesca, francese, olandese. O – dio ci scampi – italiana. Ha richiesto mesi di lavoro e "conference-call" continentali durate anche due giorni di fila.
Ma la fatica non è stata vana perché "da questi esercizi - ha detto Draghi ai banchieri - si impara molto". Scienza accademica, come si spera, o prevedibilmente scienza di uso cogente per crisi imminenti o già virtualmente in atto, sull´onda oceanica dei mutui "subprime" americani o di altre onde mediterranee meno lunghe ma altrettanto rovinose? Onde della nuova finanza e dei rischi connessi, cui la banca centrale è pronta a far diga con tutti gli strumenti a disposizione, compreso quello ritenuto essenziale delle riserve auree, che il governo vorrebbe adesso usare in parte per ridurre il debito pubblico.
Son passati esattamente venticinque anni dal crac del Banco Ambrosiano, che l´ex presidente del Nuovo Banco e presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo Giovanni Bazoli ha rievocato due giorni fa con Massimo Giannini su questo giornale. Un quarto di secolo che non ci ha risparmiato tanti altri scandali finanziari più o meno grandi, in una lista che continua a ingrossarsi di giorno in giorno, ad esempio con l´ultima new-entry di Banca Italease. Ma da allora, come non si stanca di ripetere il governatore Draghi, che nell´ufficio non ha più incombente sulla testa come i suoi predecessori il dipinto raffigurante il San Sebastiano trafitto dalle frecce, molto è cambiato in termini di concorrenza, di spessore dei mercati finanziari, non più asserviti a pochi individui, magari anche in termini di commistione tra banche e politica, di cui l´ultimo, miserabile esempio abbiamo forse avuto due anni fa nella "saga dei furbetti", messa in scena dal governatore cultore di San Tommaso e dal suo amico banchiere "Fanfulla" predestinato al ruolo di "velona" nell´harem di Lele Mora e nel Billionaire di Flavio Briatore.
Oggi il pericolo viene da più lontano, non dalle discoteche della Costa Smeralda, ma dalle sale vetrificate in cui si coltiva la crescente sindrome da scommessa del capitalismo mondiale. Un capitalismo che produce finanza alla "polvere bianca", sempre più eccitata, per larga parte incontrollabile da qualunque autorità, in un intrico sofisticatissimo di strumenti di copertura, controcopertura, derivati di credito, cartolarizzazioni, hedge funds, private equity, swap, marchingegni finanziari complicatissimi che spesso diventano, in realtà, strumenti di speculazione o moltiplicatori infernali di perdite, che anche i funzionari di banche e assicurazioni primarie vendono a ignari (o furbetti) clienti senza neanche capire bene ciò che stanno smerciando. E le interconnessioni diventano inestricabili persino per le autorità più attrezzate, perché nessuno sa più alla fine in quale parte del mondo, presso quali acquirenti siano finiti i rischi di credito trasferiti. A quale grande assicurazione europea? A quali aziende? A quali inconsci risparmiatori?
Possono, ad esempio, gli americani che non pagano più le rate dei mutui-spazzatura, i "subprime" concessi troppo facilmente per l´acquisto della casa e di ogni bene di consumo, in un´economia fondata sulla plastica delle carte di credito e sul debito, essere portatori, come annunciano alcune prefiche, di un crac finanziario mondiale simile a quello del 1929? Nelle banche centrali europee realisticamente pensano che molte case finanziarie e banche americane magari salteranno sui facili prestiti, ma che il "contagio" non diventerà pandemico. La sregolatezza finanziaria, tuttavia, tiene in ansia le autorità europee, invitate ora da Draghi a definire "in tempi stretti" i principi e le procedure per più frequenti "simulazioni di crisi", come quella appena completata tra mille invocazioni scaramantiche.
Secondo il governatore, che lo ha detto chiaro e tondo ai banchieri italiani, i derivati contribuiscono ad aumentare la produttività del sistema finanziario che cresce, ma a patto che le banche non ne approfittino solo per rimpinguare i loro bilanci, come sembra che in molti casi sia fin qui avvenuto. Sono utili se usati come si deve, ma diventano fonte di instabilità se servono non per coprire i rischi, ma per accrescere il numero dei rischi da assumere e se portano le banche che cedono una parte del rischio a ridurre l´attenzione alla solvibilità dei creditori. Esattamente ciò che sta avvenendo per i mutui ipotecari negli Stati Uniti.
Se il "contagio" americano ci risparmia, non è detto che il dossier che non sosta per scaramanzia sulla scrivania di palazzo Koch sia inutile. Le banche italiane, a cominciare dalle primarie, sono esposte sui cosiddetti strumenti finanziari per 6 mila miliardi di euro, come dire il quadruplo del debito pubblico. Offrono talvolta ai clienti, aziende e risparmiatori, contratti con clausole incomprensibili - callable, range accrual, knock in, e chi più ne ha più ne metta nella fantasiosità del lessico finanziario - che anziché garantire una copertura dai rischi derivanti dall´aumento dei tassi del debito, alla fine amplificano semmai le perdite.
Il governatore Draghi che, scaramanticamente, non tiene sul tavolo la preziosa "simulazione di crisi" non può invece, purtroppo per lui, sbarazzare la scrivania dal dossier "Banca Italease", di cui egli stesso ha parlato l´11 luglio scorso all´assemblea dei banchieri: "Grazie a un´ispezione che la Banca d´Italia aveva avviato nel gennaio presso una banca - ha detto - è emerso che la banca in questione aveva venduto a imprese clienti complessi prodotti derivati fortemente esposti a un rialzo dei tassi d´interesse. A seguito degli andamenti del mercato, tali derivati hanno determinato, una forte, repentina crescita nell´indebitamento dei clienti che li avevano acquistati. Oltre ai rischi legali e di reputazione, è cresciuta di conseguenza l´esposizione della banca al rischio di controparte". Banca Italease, che proponeva contratti derivati pieni di formule matematiche e algoritmi incomprensibili anche a un premio Nobel, ha irretito due o tremila clienti in una faccenduola da almeno 750 milioni di euro. Ma attenzione, l´80 per cento di tutte le operazioni in derivati coinvolge anche le grandi banche, Unicredit, Intesa, Monte dei Paschi, Capitalia, Bnl.
"Reputazione" è una delle parole più usate rispetto alle banche e alla finanza senza regole dal governatore Draghi, impegnato al tempo stesso nel complesso restauro della reputazione delle banche vigilate e di palazzo Koch. Ma, ai tempi del nuovo capitalismo e della finanza selvaggia, a quale dio potrà mai chiedere Draghi la "verginità perpetua" rivendicata da Diana?

 

Fonte - La Repubblica

 

 

 

   Quanti falsi amici sui Tango bond

13 Agosto 2007 Torino - di Beppe Scienza

*Beppe Scienza è professore al Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino
________________________________________

“Piove, governo ladro!”. È un po’ questo l’atteggiamento di chi addossa colpe al governo Prodi, perché ora non riesce a ottenere nulla dall’Argentina per i possessori delle sue obbligazioni, rimasti col cerino acceso in mano. Cioè per i circa 200mila risparmiatori italiani che hanno ancora in portafoglio i vecchi titoli, non avendo accettato il compromesso offerto da Buenos Aires a inizio 2005.
È la stessa logica di chi allora accusava il governo Berlusconi di non adoperarsi abbastanza per ottenere condizioni migliori per i circa 450.000 italiani coinvolti nell’insolvenza dello stato sudamericano. L’offerta pubblica di scambio (ops) dell’Argentina fu infatti oggetto di critiche veementi. Venne definita offensiva, inaccettabile, irricevibile, iugulatoria e chi più ne ha, più ne metta, perché proponeva titoli molto più lunghi e con tassi molto più bassi in cambio di quelli andati a gambe all’aria.

Attese salvifiche
In entrambi i casi il governo del momento viene visto come un deus ex machina che, qualunque cosa vada storta, deve comunque provvedere a raddrizzarla. E deve farlo anche se non ha nessuna responsabilità di quanto accaduto, come per l’insolvenza dell’Argentina a fine 2001. Vale la pena di osservare che si tratta di pretese tutte italiane. Una quota non trascurabile dei titoli argentini (5,1% corrispondenti a 3,2 miliardi di euro) era posseduta dai risparmiatori tedeschi, ma in Germania nessuno si sognò di chiedere ai politici di intervenire. Per altro adesso là il problema non si pone più, perché saggiamente i tedeschi aderirono in larghissima misura all’ops.
La presenza di una quota così elevata - grosso modo la metà - di risparmiatori rimasti a bagno è di nuovo una peculiarità tutta italiana, che merita qualche spiegazione. Ed è uno di quei casi in cui viene proprio da dire: "Dagli amici mi guardi Iddio!".

Consigli sciagurati
A parte i pochissimi che hanno ottenuto rimborsi dalle banche, incastrandole per irregolarità spesso formali, chi si trova adesso a peggior partito è chi non ha dato all’Argentina i vecchi titoli in cambio dei nuovi, indiscutibilmente molto meno redditizi.
Quando i giornali ritornano sull’argomento del cosiddetto default, ovvero insolvenza, dell’Argentina, si riferiscono appunto a quanti hanno ancora in mano o, a essere volgari, ancora sulle croste i vecchi titoli. Nei mesi scorsi sono usciti parecchi articoli sull’argomento. Mai una volta però che l’autore abbia riferito com’è andata a chi ha accettato il concambio (vedi Marco lo Conte, Sole 24 Ore, Plus24, 22-4-2006, pag. 6; Isabella Bufacchi, Sole 24 Ore, 17-9-2006, pag. 25; Elena Bonanni, La Stampa, 5-3-2007, pag. 27 e potremmo continuare a lungo).

Un po’ di conti
Per questo possono essere interessanti le valorizzazioni della tabella pubblicata in questa pagina, dove si tirano le fila della vicenda, basandosi su dati incontestabili, in quanto tutti pubblici. Si vede così che i piccoli risparmiatori hanno recuperato ai prezzi attuali oltre metà di quanto investito, un po’ meno chi ha ricevuto le Argentina Discount 2033, un po’ di più quanti hanno avuto in cambio le Par 2038. Questa per altro è la situazione di inizio agosto, nettamente peggiorata dopo le salite dei tassi d’interesse degli ultimi mesi. Chi ha liquidato la propria posizione a fine 2006, dovrebbe aver riportato a casa 65 o rispettivamente 60 euro ogni 100 euro di capitale nominale iniziale. Che per un fallimento significa leccarsi le dita.
Siamo quindi di fronte a perdite ben inferiori al 70%, percentuale spesso riportata anche contro ogni evidenza (vedi Edmondo Rho, Panorama, 14-12-2006, pag. 203).

Colpe delle banche
Ovviamente non si tratta di assolvere lo stato argentino per le sue inadempienze. Ma di non dimenticare neppure le gravi colpe di altri. Per cominciare delle banche, i cui dipendenti non hanno sottolineato abbastanza il rischio comunque insito in quei titoli. Per altro l’Argentina è un caso nettamente diverso dalla Cirio e dalla Parmalat.
Per la Cirio è chiaro che alcune banche l’hanno spinta a emettere obbligazioni e poi aiutata a piazzarle presso i risparmiatori italiani. Le hanno fatto così arrivare in cassa soldi, con cui essa ha potuto rimborsare prestiti bancari. Per la Parmalat la questione è molto più complessa, ma stanno venendo alla luce complicità da parte di istituti di credito anche in relazione a sue emissioni obbligazionarie.
Ma per le obbligazioni argentine sicuramente non è la regola, checché taluni affermino, che le banche italiane le abbiano affibbiate ai propri clienti, non sapendo come altrimenti sbolognarsene. Normalmente era infatti possibile venderle senza difficoltà sull’euromercato. Ma chi ha aderito all’ops, ha appunto salvato il salvabile. È invece grave la situazione di chi ha ancora le vecchie obbligazioni e dal dicembre 2001 non ha più visto il becco di un quattrino. E rischia di non incassare nulla neanche in futuro. Cioè una perdita del 100%. Si tratta soprattutto di piccoli risparmiatori, perché quasi tutti i grossi investitori e tutti gli speculatori hanno aderito senza esitazioni.

Altroconsumo
Sono invece rimasti fuori quanti hanno dato retta alle pubblicazioni del gruppo editoriale Altroconsumo (si tratta, ricordiamolo, di società di capitale con fine di lucro) e ai consigli di molte associazioni di consumatori, quali per esempio Codacons, Adiconsum ecc..
Tutti costoro si erano appiattiti senza riserve sulla posizione della Task Force Argentina (Tfa), un’associazione imbastita dalle banche italiane al fine di distogliere i propri clienti dal proposito di rivalersi su di esse. Essa ha invitato pervicacemente gli interessati a rifiutare lo scambio, senza lesinare i toni fieri e le minacce risibili, come quella del sequestro degli interessi che l’Argentina avrebbe pagato ai legittimi proprietari delle nuove obbligazioni.

La newsletter
Altroconsumo attivò addirittura una newsletter, come se ci fossero state così tante cose da dire, mentre bastava una parola: “Aderite!”. Il Codacons chiese di cambiare il nome a Piazza Argentina in Piazza della Vergogna Argentina… per non parlare dei perentori inviti a smettere subito di ballare il tango. Eppure bastava un minimo di competenza per sapere che conveniva dire di sì, come sostenni io stesso su più testate (la Repubblica, Quotidiano Nazionale, Milano Finanza, lo stesso Libero ecc.). Chi vuole conoscere meglio i dettagli della vicenda, trova parecchio materiale nel mio sito all’Università di Torino (http://www.beppescienza.it/).

Manna per avvocati
Una manna per gli avvocati. Ma anche chi ha perso tutto, può perdere altri soldi. Si aggirano infatti alcuni avvocati, veri o finti, che si fanno dare soldi per intentare cause perse contro quell’uno o quell’altro soggetto; alcuni addirittura contro la Consob. Ma bisogna stare attenti anche prima di citare una banca italiana, ricordandosi che nelle cause l’avvocato ci guadagna sempre, il cliente solo a volte. Chi poi ricorda varie sentenze favorevoli a risparmiatori, tenga conto che gli italiani vittime dei titoli argentini sono appunto circa 450mila. Fossero quindi anche duecento le cause vinte, si tratterebbe solo dello 0,04 per cento. In quanto all’arbitrato internazionale promosso dalla Tfa, l’avvocato Paolo Marzano ha dichiarato che «il governo argentino dovrà pagare il capitale, gli interessi. Poi i danni» (Economy, 21-2-2007, pag. 9). Le probabilità che ciò accada sono zero via zero.

Barlumi di speranza
Con tutto ciò forse non è irrimediabilmente segnata la sorte dei possessori delle vecchie obbligazioni. Un qualche ripescaggio dell’Argentina è anche possibile. Cadono però le braccia a leggere che il ministro degli esteri Massimo D’Alema abbia come fonte d’informazione e riferimento Nicola Stock, presidente della Task Force Argentina, famigerata per le sue previsioni regolarmente smentite dai fatti e soprattutto per i danni provocato a chi le ha dato ascolto. Infatti anche nel caso in cui l’Argentina decida di riaprire il concambio, esso sarà sicuramente a condizioni peggiori rispetto a quello chiuso nel 2005.

 

Fonte - Libero


 

 

 

 

ANCHE lUGLIO E' FREDDO PER I FONDI
 

06 Agosto 2007 Milano - di Marco Caprotti
______________________________________________

Il mese di luglio dell’industria del risparmio gestito si è chiuso con una raccolta netta negativa pari a -8,1 miliardi di euro, contro i -3,7 miliardi di giugno. Il patrimonio del sistema fondi oggi è di 598 miliardi, con una flessione del 2% rispetto allo scorso mese.Sul risultato complessivo di fine mese elaborato da Assogestioni, hanno inciso per circa 5,3 miliardi di euro, le operazioni di trasferimento di risorse tra Fondi Riservati da parte di investitori istituzionali.
Anche questa volta i riscatti più consistenti sono stati registrati dalla categoria dei fondi obbligazionari, che hanno accusato deflussi per 7,8 miliardi di euro (-3,6 miliardi il mese precedente). A dispetto dei deflussi continua a vantare il patrimonio più robusto: 221 miliardi. Azionari e bilanciati hanno avuto riscatti pari rispettivamente a 1,6 e 1,5 miliardi (-2,8 miliardi e -641 milioni a giugno).
Luglio, invece, è stato un buon mese per i fondi hedge (+1,1 miliardi, sostanzialmente in linea con giugno) e per i prodotti monetari (+1,8 miliardi di euro, 70 milioni il mese precedente). Gli asset delle due categorie, sono cresciuti rispettivamente del 3,3% e del 2% arrivando a quota 35 miliardi per i prodotti alternativi e a 85 miliardi per quelli di liquidità.
Dopo un lungo periodo florido i fondi flessibili hanno invertito la marcia, registrando un saldo negativo di 90 milioni di euro (+1,9 miliardi a giugno). A dispetto dei riscatti, tuttavia il patrimonio è cresciuto fino ad oltrepassare la quota dei 69 miliardi di euro.
Il mese scorso i risparmiatori italiani hanno preferito, ancora una volta, i fondi esteri e hanno versato nelle casse di questi prodotti somme per oltre 1,3 miliardi di euro (+1,46 miliardi il mese precedente). I roundtrip (fondi esteri promossi da intermediari italiani) hanno subito invece riscatti per 351 milioni (-171 milioni nei 30 giorni precedenti). I fondi italiani hanno perso 9,1 miliardi di euro (contro i -5,2 miliardi di giugno.

 

Fonte - Morningstar

 

 

 

 

 

   Bond italiani: 248 depennati

19 Agosto 2007 Milano - di Nicola Borzi
________________________________________

Sono 248 gli "angeli caduti" degli ultimi due anni e mezzo. Non si tratta di una rivisitazione dell'Inferno dantesco ma delle obbligazioni a basso rischio-rendimento (bond di emittenti privati ma anche di titoli di Stato) che, da marzo 2005 a oggi, hanno perso gli standard qualitativi per i quali erano state certificate dal Consorzio PattiChiari dell'Associazione bancaria italiana. Lo rivela un'analisi dell'Ufficio studi del «Sole-24 Ore» sui dati di PattiChiari.
Tutto l'elenco degli "angeli caduti", quelli con il minor periodo di permanenza nella lista certificata, sono indicati nella tabella pubblicata nel link più sotto. La permanenza media tra l'ingresso e la (definitiva) uscita è stata di 60 giorni ma il record di "velocità in picchiata" appartiene al bond Air Liquide Fin/5,25 scadenza 28 dicembre 2011: un solo giorno da leoni. Perché scatta l'"espulsione"? Soprattutto, la lista è del tutto affidabile?
La lista. L'iniziativa "Obbligazioni basso rischio-rendimento" è stata lanciata dal Consorzio PattiChiari dell'Abi il 15 novembre 2003. A tutt'oggi la lista dei bond comprende 1.587 titoli emessi da 445 società e istituzioni di 27 tra Paesi ed enti sovranazionali. L'elenco dei bond di qualità non ha una lunghezza fissa e i singoli titoli possono tanto uscirne quanto rientrarvi, se tornano in possesso dei parametri richiesti.
I requisiti.I bond dell'elenco (titoli di Stato e corporate) non possono essere strutturati, sono denominati in euro (niente rischio cambio), quotati su mercati ufficiali, hanno bassa variabilità di prezzo (volatilità), devono avere rating elevati da Standard & Poor's, Moody's e Fitch. La selezione avviene in base a due parametri: basso rischio di mancato rimborso (possono restare nell'elenco solo titoli con rating medi elevati, da AAA ad A-) e basso rischio di ribasso sul mercato, misurato dal Valore a Rischio" o VaR (l'indice massimo giornaliero ammesso è dello 0,3125% con probabilità del 99%).
Valutazioni "terze". Secondo Massimo Roccia, direttore di PattiChiari, «sono all'incirca sei milioni i risparmiatori italiani che hanno in portafoglio obbligazioni appartenenti a questa lista. L'iniziativa è interattiva: il cliente bancario che detiene questi bond viene avvisato entro 48 ore dal suo istituto se si verifica un forte aumento del rischio dell'obbligazione, mentre se il grado di rischio resta basso l'informazione gli arriva con l'estratto conto. Né PattiChiari né l'Abi esprimono un giudizio su questi bond o tantomeno li raccomandano, ma si rimettono alle valutazioni delle agenzie di rating combinate con l'indicatore sintetico espresso dal VaR», conclude Roccia.
Un caso limite. L'affermazione di Roccia vale come monito sui limiti di affidabilità del sistema. Una prova emerge dall'esame di due corporate bond emessi da Cit Group, grande finanziaria Usa (74 miliardi di dollari di masse amministrate) che offre una vasta gamma di servizi finanziari retail e ha rating A secondo S&P e Fitch, A2 per Moody's, con outlook positivo. Cit Group ha due titoli nella lista di PattiChiari (Cit Group/4,25 scadenza 22 settembre 2011, cedola annua fissa del 4,25% e rendimento effettivo 8,45%, codice Isin XS0201605192, emissione da 750 milioni; Cit Group/3,8, scadenza 14 novembre 2012, cedola annua fissa del 3,8%, rendimento effettivo dell'8,15%, codice Isin XS0234935434, emissione da 500 milioni).
Il secondo bond fa parte della lista di Patti Chiari dal 30 settembre 2006 e non ne è mai uscito. Il primo, invece, ha una storia travagliata: entrato il 24 dicembre 2005, è uscito dall'elenco appena sette giorni dopo, il 31 dicembre, è rientrato il primo aprile 2006, uscito il primo luglio e rientrato definitivamente il 30 settembre, sempre perché aveva "registrato una variazione del livello di rischio oltre i parametri stabiliti". Da inizio agosto, però i due bond hanno visto i corsi deteriorarsi velocemente (per il primo sono passati da 96,4 a 79,6, per il secondo da 91,63 a 76,6), perdendo rispettivamente il 16,25 e il 16,4%. Nello stesso periodo, invece, l'indice Citigroup Total Return Corporate Rating A ha guadagnato lo 0,26%. Nonostante la forbice degli spread si sia aperta notevolmente, indicando un chiaro aumento del rischio, al 23 agosto i due titoli facevano ancora saldamente parte della lista di PattiChiari.
Cosa non funziona? Qualcosa, dunque, non ha funzionato. Poiché PattiChiari svolge solo il ruolo di fornitore di contenuti che trasmette ai risparmiatori italiani le valutazioni di terzi indipendenti (le agenzie di rating), l'errore non può che stare a monte. Ma dove?
Tutti i bond usciti dalla lista di PattiChiari .

 

Fonte - Il Sole 24 Ore

 

 

 

   E' MIFID anche in Italia

31 Agosto 2007 Milano - di Sara Silano
________________________________________

Sullo scoccare del gong, il Governo ha approvato il decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sui mercati, gli strumenti e i servizi finanziari, nota come Mifid. Qualche giorno ancora di ritardo e l’Italia avrebbe rischiato di cadere sotto la procedura di condanna della Corte di giustizia europea per non aver rispettato i tempi. La nuova normativa entrerà in vigore il 1° novembre, anche se gli intermediari avranno tempo fino alla fine di giugno 2008 per adeguare gli attuali contratti con i clienti. Spetterà inoltre alla Banca d’Italia e alla Consob emanare i regolamenti attuativi.

La direttiva è destinata a rappresentare un momento di svolta per i mercati e gli intermediari e, a differenza della precedente normativa, si pone l’ambizioso obiettivo di promuovere un unico mercato europeo dei servizi finanziari, che porti a una riduzione dei costi e offra più trasparenza e scelta per gli investitori. Tra i principi base, infatti, vi è il divieto imposto agli Stati membri di stabilire obblighi aggiuntivi per le imprese del settore.

In molte disposizioni normative traspare chiaramente l’esigenza del legislatore di adeguarsi all’evoluzione del sistema. Il caso più emblematico è l’abolizione dell’obbligo di concentrazione degli scambi nei mercati regolamentati e il riconoscimento di altre piattaforme di contrattazione, che introduce una maggior concorrenza e apre la strada a nuovi operatori e a una riduzione dei costi.

In alcuni casi, le nuove norme sono il risultato di un travagliato cammino. Un esempio che vale per tutti è quello della consulenza. Come rileva Luca Zitiello nel volume Mifid. La nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari, in Italia, la prima regolamentazione in materia è stata dettata nel 1991 e comprendeva tale attività tra quelle di intermediazione mobiliare, sottoponendola ad autorizzazione e riservandola agli intermediari abilitati. Successivamente venne liberalizzata e ampio è stato il dibattito in mancanza di una rigorosa definizione di questo servizio. Ora, la direttiva europea inverte la rotta e torna a riservare tale attività a soggetti in possesso di determinate caratteristiche e sottoposti a controlli di vigilanza. Viene, infatti, istituito un albo sottoposto alla vigilanza della Consob.

La Mifid tocca da vicino l’investitore finale, che assume un ruolo più attivo, perché sono introdotti diversi livelli di servizio, dalla mera esecuzione degli ordini (execution only), attività per la quale l’intermediario non è tenuto a chiedere informazioni aggiuntive al cliente per valutare l’appropriatezza degli strumenti finanziari offerti, al più complesso servizio di consulenza, distinto dalla fornitura di consigli generici. Inoltre, la direttiva stabilisce tre tipi di clienti: le controparti qualificate, che operano nei servizi di negoziazione e raccolta ordini, gli operatori professionali, che possiedono l’esperienza e le competenze per prendere autonomamente le proprie decisioni e valutare correttamente i rischi, e i clienti al dettaglio, i quali necessitano di un maggior livello di tutela.

Sempre ispirato alla tutela e trasparenza nei confronti dell’investitore finale è la disciplina sugli inducements (particolari incentivi legati alla prestazione di servizi finanziari), che detta criteri per suddividere le pratiche ammesse da quelle proibite. Per quelle ammesse, in ogni caso, la direttiva pone alcune condizioni: la comunicazione chiara al cliente, la garanzia della qualità del servizio, l’obbligo di servire al meglio gli interessi del cliente.

Sulla stessa linea si pone la disciplina dei conflitti di interesse, nodo delicato soprattutto nel rapporto tra banche e fondi. Gli intermediari dovranno adottare misure adeguate per identificarli e gestirli in modo che non danneggino i clienti. Se non potranno eliminarli, dovranno, comunque, esporli in modo chiaro all’investitore.

La direttiva, dunque, pone le basi per una maggior trasparenza e tutela degli investitori, ma cerca anche di responsabilizzare questi ultimi, che assumono, nel bene e nel male, un ruolo attivo nelle scelte in merito ai propri risparmi. La Mifid può rappresentare una rivoluzione, come molti l’hanno definita, ma solo se non sarà trattata con superficialità né dagli intermediari né dai clienti.

 

 

Fonte - Morningstar.it

 

 

 
 

PARTE  1 PARTE  2